Melanoma: immuno-oncologia previene le recidive


Melanoma: l’immuno-oncologia in fase precoce previene le recidive. In Italia più di mille pazienti all’anno candidati alla terapia post-intervento

Melanoma, picco di casi fra i 40 e i 60 anni. Con l'arrivo dell'estate è bene prepararsi al sole secondo gli esperti di Sidemast

Ogni anno in Italia più di 1.000 pazienti colpiti da melanoma potrebbero beneficiare di un trattamento “precoce” con i farmaci immuno-oncologici, subito dopo l’intervento chirurgico, la cosiddetta terapia adiuvante. Una strategia precauzionale, che mira ad anticipare nei pazienti in stadio III e IV completamente resecati l’uso di quest’arma terapeutica, per prevenire la recidiva del tumore o lo sviluppo di metastasi a distanza. Per indirizzare correttamente il paziente a questa terapia innovativa, diventa decisiva la collaborazione multidisciplinare fra oncologi e dermatologi.

La partnership è siglata oggi a Milano, in un incontro di approfondimento con i giornalisti sulle nuove prospettive di cura del più aggressivo tumore della pelle, promosso da Bristol-Myers Squibb.

“Nel 2018, in Italia, il melanoma ha fatto registrare 13.700 nuovi casi1 – spiega la prof.ssa Paola Queirolo, Direttore Divisione Melanoma, Sarcoma e Tumori rari all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano -. L’immuno-oncologia ha già dimostrato risultati importanti nella fase metastatica, dove rappresenta lo standard di cura. Oggi la sfida è costituita dalla possibilità di anticipare il trattamento in alcuni pazienti in stadio III e IV completamente resecato, cioè in una fase in cui la malattia è stata completamente asportata. Poter trattare i pazienti in questo stadio della malattia aumenta, infatti, la possibilità di evitare una recidiva o la ricomparsa della malattia e, quindi, potenzialmente di curare il paziente. Affinché l’iter terapeutico possa avvenire in maniera corretta e tempestiva, sono fondamentali due aspetti. Da un lato che il paziente sia a conoscenza delle nuove possibilità di cura, dall’altro che si crei una sinergia, cioè una collaborazione tra le diverse figure professionali coinvolte nella gestione del paziente: dermatologo, chirurgo e oncologo”.

La Commissione Europea, nel luglio 2018, ha approvato l’utilizzo di nivolumab nel trattamento adiuvante dei pazienti adulti con melanoma con coinvolgimento di linfonodi o malattia metastatica, che sono stati sottoposti a resezione completa. L’approvazione si è basata sui risultati dello studio di fase III CheckMate -238, pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica The New England Journal of Medicine.2 Con questa decisione, nivolumab rappresenta la prima e unica terapia immuno-oncologica anti PD-1 a ricevere un’approvazione europea come trattamento adiuvante. Nei prossimi mesi è attesa la decisione sulla rimborsabilità nel nostro Paese da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).

Il dott. Michele Del Vecchio, Responsabile S.S. Oncologia Medica Melanomi, Dipartimento di Oncologia Medica ed Ematologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano, è stato il principal investigator del centro coordinatore per l’Italia dello studio CheckMate -238. “I risultati dello studio CheckMate -238, che ha coinvolto 906 pazienti con melanoma in stadio IIIB/C o IV ad alto rischio di recidiva – afferma il dott. Del Vecchio -, dimostrano che il trattamento precoce con nivolumab, dopo la resezione chirurgica completa, determina un significativo miglioramento dei tassi di sopravvivenza libera da recidiva: a 24 mesi il 63% dei pazienti trattati con nivolumab non ha avuto una ricomparsa della malattia.2 I dati dello studio indicano che questo trattamento adiuvante può cambiare il decorso della neoplasia, prevenendo le recidive e la progressione a uno stadio più avanzato. Questo significa che sempre meno pazienti svilupperanno metastasi”.

“L’unicità dello studio CheckMate -238 deriva da due elementi – continua il dott. Del Vecchio -: è l’unico trial clinico nel setting adiuvante nel quale il farmaco in studio (nivolumab) è stato confrontato non con il placebo, ma con una terapia attiva, ipilimumab, che aveva già dimostrato di essere efficace in questi pazienti. La seconda caratteristica è rappresentata dall’inclusione di pazienti con melanoma in stadio IV che erano stati sottoposti a resezione chirurgica delle metastasi. Questi ultimi sono dei pazienti che finora erano in una sorta di ‘limbo’, perché non vi erano prove adeguate sull’efficacia di nessuna terapia dopo la chirurgia, pur essendo individui ad alto rischio di recidiva. Oggi, alla luce dei risultati dello studio, non è più così”.

“Inoltre – spiega la prof.ssa Queirolo -, la durata del trattamento con nivolumab è solo di un anno. La prospettiva di una ‘fine’ della terapia, di solito non possibile nella malattia metastatica, rappresenta un notevole vantaggio psicologico per pazienti spesso giovani. Questi farmaci hanno la capacità di sviluppare una memoria nel sistema immunitario, che mantiene la capacità di eliminare le cellule tumorali a lungo termine, anche dopo l’interruzione della terapia. Una caratteristica già emersa nella malattia metastatica, in cui, fino a pochi anni fa, non erano disponibili terapie realmente efficaci. La prima molecola immuno-oncologica approvata, ipilimumab, ha dimostrato risultati importanti: il 20% delle persone colpite dalla malattia in fase metastatica è vivo a 10 anni dalla diagnosi. Per nivolumab, per il momento, il follow up degli studi arriva a 4 anni con il 46% dei pazienti vivi.3 Vorrei inoltre sottolineare come i nuovi farmaci immuno-oncologici si associno ad un ottimo profilo di tollerabilità: meno di 2 pazienti su 10 sviluppano eventi avversi che possono portare all’interruzione della terapia. Inoltre, se identificati in tempo e trattati correttamente, la maggior parte degli effetti collaterali si risolve completamente in poche settimane”.

In Italia vivono 155.000 persone dopo la diagnosi di melanoma (73.000 uomini e 82.000 donne)1. “La nuova classificazione American Joint Committee on Cancer (AJCC) 8th edition – sottolinea il prof. Pietro Quaglino, Professore Associato di Dermatologia all’Università di Torino – individua quattro diversi stadi di melanoma in stadio III (dal IIIA al IIID), che presentano significative differenze per quanto riguarda il decorso clinico, con sopravvivenze a 10 anni che vanno dall’88% (IIIA), al 77% (IIIB), 60% (IIIC), per scendere al 24% nello stadio IIID.4 La maggior parte dei pazienti con melanoma in stadio III riceve un trattamento chirurgico, per cui è candidabile al trattamento adiuvante, che sarà da valutare in base alla situazione clinica del paziente e stadiazione della malattia. In questo modo possiamo aumentare il numero di persone che non sviluppano una recidiva di malattia dopo la chirurgia. L’opportunità di somministrare l’immunoterapia in una fase precoce, rispetto alla pratica clinica adottata fino allo scorso anno, rende fondamentale, come già evidenziato, la collaborazione fra le diverse figure: il dermatologo, il chirurgo e l’oncologo. In questa interazione multidisciplinare rientra anche l’anatomo-patologo, per verificare l’eventuale presenza di mutazioni genetiche, che permettono di indirizzare il paziente anche alla terapia a bersaglio molecolare”.

Senza dimenticare le regole di prevenzione sulla corretta esposizione al sole e il controllo dei nei una volta all’anno da parte del dermatologo, che costituiscono la prima arma contro il melanoma.

“Il cambiamento nella forma, dimensione o colore di un neo rappresenta un segnale d’allarme da non sottovalutare – conclude il prof. Quaglino -. È necessario investire in campagne di prevenzione, seguendo l’esempio dell’Australia, paese in testa alla classifica mondiale per incidenza. Oggi, grazie all’impegno delle Istituzioni nei progetti di informazione, è l’unico Paese al mondo in cui il numero dei nuovi casi di melanoma è in diminuzione”.

Info sulla patologia

Il melanoma è la forma più pericolosa di cancro della pelle e, nello stadio avanzato, è aggressivo e mortale. Diversamente da quanto accade in molti altri tumori solidi, questa malattia colpisce una popolazione più giovane, di mezza età. L’età mediana alla diagnosi per il melanoma è di 57 anni e l’età mediana al decesso è di 67 anni.1

Il melanoma è caratterizzato dalla trasformazione dei melanociti, cellule cutanee che producono e contengono un pigmento noto come melanina e che si trovano nello strato profondo della pelle, in quello medio dell’occhio e dell’orecchio interno e in alcuni organi interni.2

Esistono 4 sottotipi di melanoma: melanoma a diffusione superficiale (con crescita lenta, di solito su gambe, schiena e torace), il melanoma nodulare (con crescita più rapida, di solito su torace, schiena, testa o collo), il melanoma lentigo maligna (di solito si sviluppa nelle persone anziane come lentiggine precancerosa di Hutchinson) ed il melanoma lentigginoso-acrale (sottotipo meno comune, si sviluppa tipicamente sulle estremità).3

Il melanoma è guaribile se individuato in uno stadio iniziale, ma in fase avanzata, quando si è diffuso ad altre parti del corpo, è più difficile da trattare.4

Individuare e diagnosticare il melanoma5

Il melanoma ha caratteristiche uniche che sono d’aiuto nella diagnosi. Queste possono essere identificate nell’acronimo ABCDE (Asimmetria, Bordi, Colore, Dimensione, Evoluzione), comunemente utilizzato come criterio guida per la diagnosi del melanoma in stadio iniziale. I nei che presentano queste caratteristiche dovrebbero essere esaminati da uno specialista.

  • A (Asimmetria): una metà del neo è diversa dall’altra.

  • B (Bordi irregolari): i bordi del neo non sono definiti e possono essere discontinui, frastagliati, indistinti o irregolari.

  • C (Colore variabile): il colore è variabile e possono essere presenti sfumature di nero, rosso marrone, grigio o blu.

  • D (Dimensione): c’è un cambiamento nella dimensione, che di solito aumenta. I melanomi hanno solitamente un diametro maggiore di 6 mm.

  • E (Evoluzione): il melanoma cambia in forma, dimensione o spessore.

Nuove armi per la diagnosi precoce: la diagnostica strumentale6

Durante la visita di controllo dermatologica contemporaneamente all’osservazione diretta, ad occhio nudo, delle macchie scure pigmentate, si possono effettuare esami strumentali che consentono di identificare meglio la natura della lesione.

  • A cosa serve l’esame strumentale delle lesioni pigmentate?

Gli strumenti aiutano l’occhio a vedere di più, perché 1) ingrandiscono la lesione e 2) impiegano dispositivi che consentono di evidenziare aspetti morfologici relativi a strutture che sono situate al di sotto della superficie della cute.

Posizionando quindi gli strumenti sulla lesione (con o senza realizzare un contatto con essa, a seconda del sistema impiegato), appaiono all’occhio esperto aspetti morfologici, sui quali, con maggiore sicurezza rispetto all’esame obiettivo, si può porre la diagnosi.

I principali aspetti che vengono evidenziati riguardano la simmetria della lesione (o la sua asimmetria = A), la regolarità dei bordi (B), i colori (C) e le strutture differenziali (D).
In pratica, si utilizzano per la valutazione delle immagini microscopiche di superficie parametri analoghi a quelli usati per la valutazione clinica.

  • Quali sono gli strumenti utilizzati?

Il dermatoscopio è uno strumento di piccole dimensioni, portatile, con una sorgente luminosa costituita da una lampada alogena, localizzata ad una estremità, dove è situata anche una lente d’ingrandimento. Dopo aver applicato una goccia d’olio sulla lente d’ingrandimento, la si poggia sulla lesione e si osservano le strutture microscopiche.

Il videomicroscopio è costituito da una sonda, contenente una telecamera collegata a un computer. La sonda viene poggiata direttamente sulla lesione e manipolando il filtro si può decidere se osservare la lesione solo in superficie o anche sotto. La telecamera riprende la lesione, la cui immagine è visibile sul monitor a colori del computer. I vantaggi che derivano dall’uso dello strumento consistono nella possibilità di usare ingrandimenti variabili e di analizzare rapidamente pazienti con numerose lesioni. Inoltre, il computer è dotato di un sistema di archiviazione, che consente di registrare le immagini e, qualora la lesione non venga asportata, di seguirne l’evoluzione nel tempo (mappatura dei nei). Per questo tipo di valutazione è opportuno rivolgersi presso centri di riferimento specialistico.

Lo stereomicroscopio è uno strumento costituito da un supporto snodabile montato su un particolare microscopio, dotato di due oculari, che utilizza diversi ingrandimenti e può essere collegato per mezzo di una telecamera con la possibilità di avere le stesse funzioni del videomicroscopio.

Una nuova tecnica diagnostica non invasiva è la microscopia confocale che produce immagini tessutali in vivo con una risoluzione quasi istologica (biopsia ottica digitale). Tale strumento è attualmente utilizzato solo nei centri altamente specializzati.

  • Quando è indicato l’esame strumentale dei nei?

E’ sempre molto utile l’esame clinico integrato all’esame dermoscopico nella valutazione di tutte le lesioni pigmentate e parzialmente pigmentate della cute.

  • Con quale certezza si può fare diagnosi con questi strumenti?

Un esaminatore esperto riuscirà ad interpretare gli aspetti morfologici, a volte estremamente complessi, visibili con queste metodiche e a individuare melanomi in fase iniziale.
Tuttavia bisogna ricordare che la diagnosi certa può basarsi solo su un riscontro istologico.
Pertanto è sempre consigliabile fare asportare le lesioni che il dermatologo considera dubbie.

Gli Stadi del melanoma5

In caso di sospetto melanoma si procede alla biopsia escissionale, ovvero alla completa asportazione della neoformazione, e all’esecuzione dell’esame istologico. Se il melanoma è in situ si esegue un ampliamento chirurgico a distanza di 0.5 cm, se ha uno spessore (detto di Breslow) inferiore a 2 mm si esegue un ampliamento chirurgico a distanza di 1 cm dal margine della cicatrice. Inoltre, se lo spessore è superiore a 0.75 mm, oltre all’ampliamento chirurgico, si esegue anche la metodica del linfonodo sentinella per identificare il linfonodo che per primo drena dalla sede del melanoma e valutare l’eventuale diffusione del tumore. Nello stadio precoce, il melanoma può essere spesso curato chirurgicamente, mentre negli stadi più avanzati può essere più difficile da trattare.7

Bibliografia

1 Markovic SN et al. Malignant melanoma in the 21st century, part 1: epidemiology, risk factors, screening, prevention, and diagnosis. Mayo Clin Proc. 2007;82:364-380.

2 Skin Cancer Foundation. What is melanoma? Available at http://www.skincancer.org

3 National Institute of Health. Melanoma: Medline Plus Encyclopedia. Available at https://www.nlm.nih.gov/medlineplus/ency/article/000850.htm

4 Melanoma. Available at http://www.patient.co.uk/health/Cancer-of-the-Skin-Melanoma.htm.

5 American Cancer Society. Melanoma skin cancer. http://www.cancer.org/acs/groups/cid/documents/webcontent/003120-pdf.pdf

6 IMI. http://www.melanomaimi.it/prevenzione/17-nuove-armi-per-la-diagnosi-precoce-la-diagnostica-strumentale.html

7 IMI. http://www.ilsoleperamico.it/area-genitori/il-melanoma-e-i-tumori-della-pelle/