Crisi Stefanel: chiesta l’amministrazione straordinaria


L’azienda di moda veneta Stefanel ha chiesto l’amministrazione straordinaria: i creditori hanno respinto il piano di risanamento dei debiti

L’azienda di moda veneta Stefanel ha chiesto l’amministrazione straordinaria: i creditori hanno respinto il piano di risanamento dei debiti

L’azienda di moda veneta Stefanel ha chiesto l’amministrazione straordinaria: i creditori hanno infatti respinto il piano di risanamento dei debiti che avrebbe dovuto presentare al Tribunale entro il 14 giugno. Stefanel ha detto quindi in una nota di aver depositato l’istanza di rinuncia alla procedura di concordato preventivo e di aver presentato un’istanza per la dichiarazione dello stato di insolvenza.

A settembre 2018 Stefanel aveva dichiarato una perdita di 20,9 milioni di euro e un patrimonio netto di 7,5 milioni, a dicembre aveva chiesto l’accesso al concordato preventivo, che aveva ottenuto a gennaio. La crisi riguarda 60 dipendenti della sede centrale, che si trova a Ponte di Piave in provincia di Treviso, e il personale nei negozi in tutta Italia. L’azienda è detenuta dai due fondi Oxy Capital e Attestor, mentre Giuseppe Stefanel, figlio del fondatore Carlo, ne controlla il 16,4%.

Tutela per i dipendenti

La procedura di amministrazione straordinaria, dopo che il consiglio di amministrazione ha preso atto dell’impossibilità di accordarsi con i creditori, mira a “tutelare l’occupazione”.

 L’indebitamento ha raggiunto la cifra di 90 milioni di euro. Della decisione era stato informato anche il Ministero dello sviluppo economico, che in precedenza aveva aperto un tavolo con il management dell’azienda, la Regione Veneto e i sindacati. Lo stesso Mise ha reso noto la scorsa settimana che continuerà a lavorare per tutelare i circa 200 lavoratori della sede centrale e dei negozi, il patrimonio produttivo e quello commerciale.

Un piano industriale per il rilancio, che garantiva l’operatività della sede di Ponte di Piave e dei punti vendita, era stato presentato in febbraio. Con il ministero del Lavoro era stato firmato un accordo tra le parti per la concessione della cassa integrazione. Piano e proposta concordataria avrebbero dovuto essere depositati entro il 14 giugno, ma già a fine maggio le interlocuzioni con creditori e fornitori non si erano ancora definite.