Su Hd 163296 “battaglia” di comete e pianeti


All’interno del disco attorno alla stella Hd 163296 ci sono almeno tre pianeti giganti e una quantità di polvere pari ad almeno a 300 volte la massa della Terra

All'interno del disco attorno alla stella Hd 163296 ci sono almeno tre pianeti giganti e una quantità di polvere pari ad almeno a 300 volte la massa della Terra

A 330 anni luce dalla Terra c’è Hd 163296, una giovane stella, di massa circa doppia di quella del Sole, circondata da un altrettanto giovane sistema planetario in formazione, ancora ricco di gas e polveri. Le osservazioni più recenti del telescopio Alma dell’Eso, in Cile, hanno permesso di caratterizzare la struttura del disco attorno ad Hd 163296 con un dettaglio senza precedenti, rivelando che al suo interno ci sono almeno tre pianeti giganti e, sorprendentemente, ancora una massa di polvere pari almeno a 300 volte quella della Terra. Ma a lasciare perplessi gli scienziati, oltre la massa, è anche la distribuzione della polvere nel disco attorno ad Hd 163296: è stata trovata in gran quantità in regioni dove, invece, avrebbe dovuto essere assente o quasi.

Le simulazioni al calcolatore, svolte nell’ambito del progetto Genesis-Ska da un team di scienziati guidato da Diego Turrini dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e pubblicate oggi su The Astrophysical Journal, suggeriscono che potrebbero essere stati violenti e frequenti scontri tra planetesimi – ovvero, corpi rocciosi, come gli asteroidi e le comete che popolano il Sistema solare – ad aver rimesso in circolo piccoli frammenti di materiale nelle quantità e nelle regioni osservate da Alma nel disco attorno alla stella Hd 163296.

Tra i dischi protoplanetari osservati in maggior dettaglio da Alma c’è, appunto, quello che circonda Hd 163296, una stella giovane, dall’età stimata di 5 milioni di anni. Il suo disco possiede una massa complessiva di poco meno di un decimo di quella del Sole ed è piuttosto esteso: 500 unità astronomiche (500 volte la distanza tra la Terra e il Sole), ovvero quasi venti volte la distanza che separa il pianeta Nettuno dal Sole. Le osservazioni, come dicevamo, hanno messo in luce un’anomala abbondanza di polveri ancora presenti nel disco ma anche una inattesa distribuzione al suo interno: due peculiarità che non potevano essere facilmente spiegate solo come il risultato della loro interazione con il gas e i pianeti giganti appena formati.

Le teorie prevedono che la polvere tenda a migrare dalle regioni esterne del disco verso l’interno a causa dell’accoppiamento e dell’attrito con il gas, ma prevedono anche che la presenza di pianeti giganti sul suo percorso rappresenti una barriera insormontabile e ne blocchi la migrazione. Così, nel caso di Hd 163296, la polvere dovrebbe sparire nel tempo dalla regione immediatamente all’interno del pianeta più vicino alla stella. Allo stesso tempo, la polvere proveniente dalle regioni esterne del disco dovrebbe accumularsi al di fuori delle orbite del secondo e del terzo pianeta. Le osservazioni di Alma hanno rivelato invece che le regioni all’interno del primo pianeta e tra il primo e il secondo pianeta hanno tra le più alte concentrazioni di polvere dell’intero disco.

«Dallo studio del Sistema solare sappiamo che i dischi circumstellari maturi come Hd 163296 non sono composti solo da gas e polvere, ma contengono anche una popolazione invisibile di piccoli oggetti planetari simili ai nostri asteroidi e comete», spiega Turrini, in forza all’Inaf-Iaps di Roma. «Sappiamo anche che la formazione di pianeti giganti influenza questi planetesimi, causando nella loro evoluzione orbitale un picco breve ma intenso di eccitazione dinamica che, pur essendo breve dal punto di vista del ciclo evolutivo di un sistema planetario, può avere una durata paragonabile alla vita dei dischi circumstellari».

Il team si è chiesto se le interazioni tra i giovani pianeti giganti attorno ad Hd 163296 e i planetesimi, troppo piccoli per essere individuabili dai nostri strumenti, possano produrre le anomalie osservate nella distribuzione della polvere. Le simulazioni eseguite hanno mostrato come, durante la crescita dei tre pianeti giganti, una frazione sempre più grande della popolazione circostante di planetesimi sia iniettata su orbite molto eccentriche e molto inclinate, simili a quelle delle comete nel Sistema solare. «Il risultato principale di questa eccitazione dinamica è un più alto tasso di collisioni violente tra i planetesimi», spiega Francesco Marzari, professore all’Università di Padova e coautore dello studio.

Grazie ai risultati delle analisi delle simulazioni dinamiche ottenuti utilizzando una accurata simulazione al calcolatore, il team ha scoperto che gli urti tra planetesimi si mantengono piuttosto “morbidi” fino a quando i pianeti giganti si avvicinano alle loro masse finali, per poi aumentare rapidamente di violenza fino a cento-mille volte, tanto da riuscire a sbriciolare i planetesimi. «Queste violente collisioni tornano a riempire di polvere il disco», continua Marzari. «La nuova polvere prodotta da questo processo, tuttavia, ha una diversa distribuzione orbitale rispetto a quella originale e si concentra principalmente in due luoghi: la regione orbitale all’interno del primo pianeta gigante e l’anello tra il primo e il secondo pianeta gigante». E sono queste proprio le stesse due regioni in cui le osservazioni di Alma hanno rivelato le maggiori discrepanze con quanto previsto dalle teorie.

Il team ha scoperto che l’eccitazione dinamica causata dalla formazione dei tre pianeti giganti dovrebbe stare agendo sui planetesimi presenti nel disco di Hd 163296 ancora oggi. Gli autori hanno anche scoperto che la produzione di polvere da questa immane “flipper planetario” è in grado di iniettare decine di masse terrestri di polvere in queste due regioni orbitali, spiegando così le osservazioni di Alma anche da un punto di vista quantitativo. «Fino ad ora studiare questo tipo di processi in atto all’interno dei dischi circumstellari era possibile solo attraverso le simulazioni», sottolinea Turrini. «Grazie ad Alma ora potremo studiarlo ‘in diretta’ e imparare molto sull’interazione tra formazione planetaria e ambiente circostante».

«La velocità con cui Alma sta fornendo dati nuovi e più dettagliati su Hd 163296 ci ha permesso di espandere il nostro studio oltre il suo ambito originale», spiega Danai Polychroni, coautrice dello studio e già professoressa all’Universidad de Atacama, nonché ricercatrice associata all’Inaf-Iaps di Roma. «Abbiamo notato che molti planetesimali sono eccitati a velocità supersoniche rispetto al gas circostante il disco e possono creare onde di shock in grado di riscaldare sia i planetesimi che il gas. Anche se non siamo ancora riusciti a modellare questo processo in dettaglio, le osservazioni recenti hanno riportato la presenza inaspettata di monossido di carbonio gassoso (CO) in regioni caratterizzate da temperature dove dovrebbe invece trovarsi sotto forma di ghiaccio, ma anche possibili anomalie nella struttura termica del disco. Entrambi i risultati possono essere spiegati in linea di principio grazie alla presenza di questi planetesimi supersonici e delle onde d’urto che essi producono».

«Questo studio è stato avviato come un progetto di esplorazione per scoprire se l’eccitazione dinamica causata dai pianeti giganti appena formati potesse effettivamente produrre effetti osservabili, in quanto abbiamo appena iniziato a studiare e comprendere questo processo e le sue implicazioni», ricorda Leonardo Testi, anch’egli coautore dello studio e responsabile del Centro di Supporto Alma dell’Eso. «Ciononostante, la sua ricetta fisica è piuttosto semplice: pianeti massivi che si formano in un disco di planetesimali: date le firme diffuse di possibili giovani pianeti giganti che stiamo scoprendo con Alma e la prolungata durata degli effetti dinamici causati dalla loro nascita, potremmo guardare a un processo abbastanza comune tra i dischi circumstellari».

«Il contesto del lavoro guidato da Diego Turrini è uno dei pilastri della sinergia Genesis», aggiunge Claudio Codella dell’Inaf di Firenze, principal investigator del progetto Genesis-Ska, finanziato dall’Inaf. «Genesis-Ska è un progetto nazionale in cui oltre 60 ricercatori di 8 istituti Inaf lavorano in stretta collaborazione con l’obiettivo generale di investigare le condizioni favorevoli alla formazione dei sistemi planetari simili al Sistema solare». I risultati del presente progetto, conclude Codella, «saranno di estrema importanza anche per lo studio delle composizioni chimiche del gas che si trovano nelle regioni in cui si formeranno i pianeti e, possibilmente, delle loro atmosfere».

Per saperne di più: