Reddito di cittadinanza: Centri impiego rischiano il collasso


L’allarme del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro sul decreto su reddito di cittadinanza e Quota 100: per ogni addetto dei Centri impiego 560 potenziali beneficiari

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Sono circa 8.000 gli operatori dei 501 Centri per l’impiego italiani e, di questi, solo 4.981 (1.835 al Nord, 1.143 nel Centro Italia e 2.003 al Sud) sono specializzati e qualificati per gestire la presa in carico dei circa 2 milioni e cinquecentomila soggetti in età lavorativa e sotto la soglia di povertà che potrebbero beneficiare del reddito di cittadinanza (requisiti in questo articolo). In considerazione dell’attuale numero degli addetti dei Centri per l’impiego, ogni operatore dovrebbe pertanto prendere in carico, dopo il 6 marzo, circa 506 potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza.

Questi alcuni dei dati messi in luce nel documento presentato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro nel corso dell’audizione di oggi presso la XI Commissione lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato, sul Ddl n.1018 di conversione del Decreto Legge 28 gennaio 2019 n. 4 contenente le disposizioni per Quota 100 e reddito di cittadinanza. Un decreto con il quale prendono forma i due punti cardine dell’azione di Governo. Indispensabile quindi introdurre una semplificazione della procedura, già sperimentata in altre misure di politica attiva, evitando la doppia sottoscrizione del Patto per il lavoro e del programma di ricerca intensiva alla ricollocazione (AdR) e prevedendo un meccanismo di presa in carico del soggetto percettore, da parte dell’operatore che accompagnerà il beneficiario al lavoro.

Inoltre, la creazione di un sistema in cui gli operatori pubblici lavorino in sinergia con le agenzie per il lavoro private che, dopo il d.lgs. n. 276/03, svolgono un ruolo essenziale nelle politiche attive. Tra le altre criticità segnalate dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro nel corso dell’audizione, la sospensione dell’erogazione dell’assegno di ricollocazione ai soggetti beneficiari di NASpI da almeno 4 mesi fino al 2021, prevista dall’art. 9 comma 8 del Decreto Legge 28 gennaio 2019 n. 4. Chi perde un posto di lavoro e non si trova nelle condizioni per poter beneficiare del reddito di cittadinanza, si vedrà privato di quell’unico strumento di politica attiva a livello nazionale, appunto l’AdR, in grado di supportarlo nella ricerca di una nuova occupazione. I Consulenti del Lavoro hanno chiesto in primis di ripristinare tale strumento e solo in subordine di sopperire a questo vuoto di tutela per tali soggetti con l’introduzione di un regime transitorio prima della sospensione.

Nella seconda parte del documento presentato in audizione, il Consiglio Nazionale dell’Ordine si sofferma sulle novità introdotte in materia pensionistica e, più specificatamente, con il trattamento di pensione anticipata Quota 100, evidenziando in maniera schematica alcune osservazioni della Categoria in riferimento ai singoli articoli del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4. Il provvedimento si concentra sull’introduzione di un accesso anticipato a pensione, sulla sospensione dell’adeguamento a speranza di vita per la sola pensione anticipata fino al 2026, sulla reintroduzione della cd. opzione donna e sulla proroga dell’Ape Sociale. Tali istanze riformiste producono nuovi strumenti dell’anticipazione a pensione e prorogano alcuni già sperimentati, incentivando al ricambio generazionale nelle imprese. La volontà di tale ricambio è ancora di più esplicitata dall’assegno straordinario di accompagnamento a pensione disciplinato all’art. 22 che consente solo ai fondi bilaterali di attuare fino al 2021 uno “scivolo” verso Quota 100, dunque accessibile – previa garanzia dell’incremento occupazionale netto – solo alle aziende che fanno parte di un settore dotato di tali fondi (come il Credito).

Per i Consulenti del Lavoro bisognerebbe valutare uno sdoganamento di tale assegno, attraverso la struttura giuridica già esistente dell’isopensione Fornero, ampliando così l’effetto di ricambio sperato dal Legislatore. I provvedimenti inerenti alla pace contributiva e al riscatto di laurea agevolato si occupano invece di facilitare l’incremento della anzianità contributiva a favore di un pubblico più giovane. Nella pace contributiva è però opportuno – osserva il Consiglio Nazionale dell’Ordine – invitare il policy-maker a delle verifiche di raccordo rispetto all’impianto legislativo già vigente.