Miranda, la sposa contadina: una storia vera


Una storia semplice ma che mette in risalto il ruolo femminile nel mondo agreste. Dentro, la pura sensazione di un mondo che si può salvare se lo si ama

Nel piccolo laghetto, dove di giorno si dissetano gli uccelli migratori e tanti altri animaletti che abitano attorno alla cascina di Miranda, le rane in un concerto canterino avevano inscenato un motivetto insolito sotto una luna piena; colmo di speranze attorno due cuori e ancor più, a dire il vero, una “capanna” che nonostante tutto sarebbe diventato un eremo fantastico, popolata da esseri viventi liberi, animati e benvoluti da una natura circostante alleata e spudoratamente complice. Un richiamo alle origini con un fascino agreste da fiaba. Nonostante il gran trambusto per organizzare l’evento, al fine di coronare il suo di matrimonio, aiutata dai familiari e dai vicini amici contadini, non poté fare a meno di non accorgersi di quello strano fluido ballerino dopo il crepuscolo, che man mano sempre più coraggioso entrava a suggestionare anche i presenti, indaffarati nel mettere a punto le ultime cose per la cerimonia del giorno dopo.

Chissà perché, però, a mezzanotte in punto alla vigilia delle nozze di Miranda, un silenzio aveva sottomesso le anime vaganti, peregrinavano solo le volpi a caccia di bottini, quatte quatte. Mentre le stelle lassù parevano impazzite, una danza delirante le vedeva sprizzare nel firmamento, all’ insegna di un’impressionante rituale augurale. E chi era con il nasino all’insù restava sbalordito, sconvolto e abbagliato da quella danza, che avrebbe vegliato fino all’alba. Ma questa visione è privilegio di pochi.

Tutto si svolgeva nell’attuale secolo, dove la globalizzazione non vi è entrata, in questo posto agreste, quasi fuori del mondo per come si vive e si assapora, ancor oggi, aria d’altri tempi. Dolce, gracchiante e quasi a dirla tutta gradevole si sentiva nella piccola vallata un armonioso inno all’amore, sotto un prato di stelle che luccicavano come mai il firmamento aveva brillato. Eppure le rane avevano inscenato un’operistica fantastica, quasi consapevoli e complici dell’evento. Tanti conoscevano Miranda, perché era sempre gentile e premurosa, pensava di rendere la vita ai dimoranti e, non solo, tranquilla e serena non facendo mancare loro nulla, proprio nulla. Anche un kit veterinario pronto soccorso, murato nel casolare dell’aia e una sala travaglio per i casi più complicati.

Aveva conosciuto il suo prossimo sposo proprio, quando perse Titti, la coniglietta, che per dare alla luce i suoi piccoli si era nascosta nel boschetto vicino casa, dove si era scavata una tana per difendere la prole dalle signore volpi. E lui, pastore per vocazione, pascolava le sue mucche nel podere affittato a mezzadria, accanto alla proprietà di Miranda e con il quale era nato un appassionante rapporto. Fu l’interesse comune che li legò di botto, nell’amare la natura e gli animali. Diventando per entrambe una missione, per lei raggiunta dai 32 anni e lui 38, grande e grosso, pacioccone, apparentemente sgraziato ma bonaccione che lei definiva orsetto. Decidendo così di unire questi sentimenti, preziosi se vissuti insieme. Lei era una semplice donna minuta, ma forzuta a causa del duro lavoro nei campi che le permetteva di rinvigorire muscoli e renderla sempre in forma, senza parlare dei polpacci atletici. Il lavoro da svolgere era veramente tanto.

Dal sorgere del sole, al tramonto, era sempre in giro nel podere, il suo, perché figlia unica. La scuola che aveva frequentato fino alle superiori, le assicurò una buona formazione culturale. Ma quanta fatica arrivare da casa all’autobus giallo sulla statale, sia d’estate sotto il solleone o d’inverno con il freddo gelido, soprattutto per conquistare la maturità magistrale, scortata sempre da una schiera di amici a quattro zampe, mentre i compagni le sbellicavano dietro! ( una volta si trovò nella tasca del cappotto il suo micino preferito, spiccando salti mortali per non farsi accorgere dalla maestra, un miagolio le sarebbe costato caro, però c’è la fatta, si diplomò con buoni voti. Nella piccola cittadina di provincia da lei praticata poco, ma nella quale doveva spostarsi per sbrigare le commissioni: spese, e acquisti al consorzio agrario, riconoscevano in lei questo attaccamento smisurato per gli animali che custodiva in maniera esemplare.

LA SERA PRIMA

Per la festa nuziale tutto era pronto, tutti trafficando alacremente fino a notte fonda per mettere a punto gli ultimi accorgimenti.

Il banchetto nuziale non era altro che un pranzo preparato dalle donne, che hanno riprodotto i piatti tradizionali, compresa la pasta con le polpettine delle uova gemellari di Genoeffa, il capretto già infilzato e messo con le spezie a macerare per poterlo poi adagiare sui carboni ardenti con i salsicciotti, intrinseci di salsa di pepe. Il maialetto pulito e stiracchiato invece, andava a finire su una girandola sotto la quale braci di olivo secolare irroravano la sua tenerezza e spezie mediterranee combinavano un tutt’uno tra quella carne rosa e croccante. Due botti di vino sul cortile, uno bianco e uno rosato erano nell’attesa di dissetare i tormentati dalla sete. Pure i dolci rigorosamente selezionati per la cerimonia.

E poi, quei confetti colorati fatti con zucchero e mandorle intere, che aspetti stupendi! Intanto il vestito, è pronto sul manichino, stirato e irrigidito da un estratto concentrato d’erbette dal profumo di lavanda in fiore. La parte di sopra, il corpino a mezze maniche, era ricamata con assoluta raffinatezza e maestria con filati pregiati che non si trovavano più in commercio, intagli da cavarsi gli occhi per il tempo dedicato soprattutto nelle rifiniture. La parte sottana, rafforzata da stecche sottilissime in legno, nascoste da una passamaneria di raso per una larga e lunga gonna, abitata a vista da gerbere bianche dalle quali il pistillo dorato raccoglieva uno strano luccichìo misterioso.

Ma i fiori non erano finti, fatti crescere nel giardino dell’aia, fioriti e tirati su come se uscissero da un dipinto plasmato ad opera d’arte per un’occasione speciale con tutta la passione possibile. Raccolti uno per uno con cura e con quella designazione: accompagnare la sposa all’altare con eleganza e grazia. Che dire della corona: una ghirlanda di boccioli impregnati di profumo, su quei capelli neri boccoluti dalle cui ciocche spuntavano tenere margherite bianche.

IL FATIDICO GIORNO

Così era vestita, come una principessa quella mattina che di buon’ora era andata, come il solito, a salutare le sue amiche nelle stalle. Giorgio, uno stallone nero, era fuori sull’aia, già pulito e lustrato per tirare il calesse che avrebbe portato la giovane sposina in chiesa, insieme al suo papà.

Giorgio sembrava ringiovanito: una lunga treccia dalla criniera alla coda intessuta da un nastro bianco, le scarpette gommate per non infastidire i passanti e un fiocco annodato al collo lo rendevano diverso, sotto quei baffetti che lo contraddistinguevano dagli altri purosangue che guardandolo dalla staccionata della stalla, un pizzico d’invidia saliva palesemente dai loro sguardi. Il calesse con le due lanterne, ai lati, luccicava tanto del lustro procurato. Erano pronti tutti, nell’aia le ochette guizzavano andando su e giù, schiamazzando abbastanza da trascinare anche gli altri amici a quattro zampe, attoniti ma consapevoli della gran festa, “oggi si mangia bene”.

La mamma di Miranda tirata a tubo come si conviene per la cerimonia e il papà, un semplice completo grigio con una gerbera all’occhiello. La più simpatica è la nonna. Pimpante signora che non ha badato a spese per comprarsi un abito alla moda, mormorando w la pensione! E secondo una confidenza, fatta proprio dalla nipote, da quando le regalarono una cuffia, quella che si mette in piscina per non bagnarsi i capelli, si sente ringiovanita. Nessun maquillage, neppure chirurgie plastiche, la nonna con quel copricapo elastico si sentiva tirare la pelle, vissuta nel tempo, e quell’allungamento abbassava il suo stato d’età. Un cappello enorme di paglia copriva tutto e lei dava ascolto a lusinghe da parte di tutti per come portava quel peso del tempo con disinvoltura.

E’ arrivata l’ora, si parte per un lungo viaggio! Seppur breve il tragitto, il cammino è inteso come nuova vita a due, pronti a giurare fedeltà e rispetto. Davanti la chiesa, lo sposo era sfolgorante e i suoi occhi si posavano impazientemente sulla strada dalla quale doveva spuntare la sua futura moglie. In mano solo un piccolo mazzetto di bucaneve, freschi, con la rugiada ancora incollata ai candidi petali che solo loro potevano raccontare di quanti affanni nascondevano le ultime ore dalla cerimonia per pronunciare quel tanto atteso“SI”.

Poi, agitato ma felice, per il neo marito, quando vide apparire il cavallo, fiero e nobile e, sopra, la sua splendida Miranda finì il suo martirio d’attesa. Benché seguita dai suoi fedeli compagni, non solo quelli a quattro zampe li raggiungono anche la papera, amica fedele e a seguire la famiglia, sfidando il mondo della strada compresi quei pirati che forse quel giorno hanno deciso di incrociare le braccia. Eccola, leggiadra fanciulla! Principessa dell’universo che tanto ama, sembra veramente incastonata in una bella favola di Walt Disney dove tutto è possibile. Dopo la consegna del padre al futuro sposo sul colonnato della chiesa, mano nella mano si accingono a promettere amore eterno di fronte all’altare. Piccoli gesti, sguardi frugali e un “sei bellissima” prima del rito.

Finito il cerimoniale, tutti a casa di Miranda dove tante cose buone avrebbero allietato la serata. Ma una bella sorpresa li attendeva fuori della chiesa, due cavalli bianchi come la neve, statuari e gagliardi, attrezzati di tutto punto per finire una corsa, forse la più bella della loro carriera.

Non era solo emozionata Miranda, era felice, toccava il cielo con le mani, del resto la si sentiva nell’aria l’esultanza attraverso l’armonia che regalava il luogo e la gente che sprigionava benessere in una giornata particolarmente da ricordare. Si è fatto tardi, i bambini si sono addormentati nelle aiole, qualcuno è finito pure nel fienile facendo preoccupare i genitori e qualche zio aveva alzato il gomito e trovando giaciglio sulle balle di fieno. Ma gli altri tengono duro, protraendo la festa con canti e balli fino a notte fonda. Mentre il signore e la neo signora si abbandonavano in un dolce oblio, pago della buona riuscita della cerimonia, ammiccano estenuati aspettando una nuova vita.