Tumori: sono 909mila gli italiani guariti dal 2010


Negli ultimi nove anni la percentuale di pazienti guariti da tumori è aumentata del 29%: nel 2010 erano 704.648. Se ne parla a Napoli al convegno nazionale “Innovazione e ricerca in onco-ematologia”

Negli ultimi nove anni la percentuale di pazienti guariti da tumori è aumentata del 29%: nel 2010 erano 704.648. Se ne parla a Napoli al convegno nazionale “Innovazione e ricerca in onco-ematologia”

Più di 909mila (909.514) italiani colpiti da tumori oggi possono definirsi guariti, hanno cioè la stessa speranza di vita delle persone che non hanno ricevuto la diagnosi. In nove anni questa percentuale è aumentata del 29%: nel 2010 erano 704.648. Sono stati ottenuti risultati molto importanti anche nei tumori del sangue, dove la sopravvivenza mediana è raddoppiata o, addirittura, triplicata dall’inizio degli anni Duemila.

È la dimostrazione dei passi in avanti raggiunti dalla ricerca e dall’innovazione in onco-ematologia, approfonditi in un Convegno nazionale che si apre oggi a Napoli con il patrocinio, fra gli altri, dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM).

“Accanto alle sperimentazioni cliniche finalizzate alla registrazione di un nuovo farmaco – spiega il prof. Sabino De Placido, Direttore Oncologia Medica all’Università Federico II di Napoli e presidente del Convegno -, stanno assumendo grande importanza i cosiddetti studi di ‘real life’, in cui l’Italia è leader a livello mondiale. Sono ricerche condotte su pazienti non selezionati: ad esempio su anziani o su persone con neoplasie in fase molto avanzata o con particolari varianti istologiche, superando così i criteri di esclusione costituiti spesso dall’età o dalla presenza di altre malattie concomitanti. In questo modo è possibile validare i dati dei trial registrativi e migliorare la pratica clinica quotidiana. Gli studi di registrazione delle nuove terapie infatti riguardano circa il 5% dei pazienti, reclutati in pochi centri nel mondo. È essenziale capire cosa accade quando i nuovi farmaci sono somministrati nella pratica clinica quotidiana nel restante 95% della popolazione. Non solo. Le ricerche sui pazienti ‘reali’ possono anche determinare un miglioramento dell’appropriatezza, con un notevole risparmio delle risorse”.

Nel 2018, in Italia, sono stimati 373.300 nuovi casi di tumore. Il carcinoma della mammella è diventato in assoluto il più frequente e oltre 37.000 donne vivono con questa malattia in fase metastatica.

“Un esempio importante delle sperimentazioni ‘real life’ – sottolinea il prof. De Placido – è costituito dallo studio GIM13 AMBRA, in corso in 50 centri italiani su 1.500 donne colpite da una forma particolare di carcinoma della mammella metastatico, detta HER-2 negativa perché caratterizzata da assenza di amplificazione o di iperespressione di questa proteina”.

Scopo principale di GIM13 AMBRA è descrivere il tipo, la durata e i risultati dei trattamenti della fase avanzata di malattia, in particolare partendo dalla prima terapia chemioterapica.

“Sino ad ora – continua il prof. De Placido -, lo studio ha consentito di valutare il grado di adattamento dei clinici alle raccomandazioni delle principali linee guida europee, di considerare l’efficacia di alcuni trattamenti specifici (ad esempio, fulvestrant e nab-paclitaxel) in una popolazione di ‘real life’, di studiare il comportamento di un particolare sottotipo di tumore mammario nella pratica clinica, oltre che di stimare l’affidabilità di un parametro definito come ‘tempo al cambio di terapia”.

Negli ultimi anni è nettamente migliorata la sopravvivenza anche nelle patologie ematologiche, grazie a numerose terapie disponibili in malattie particolarmente difficili da trattare come le leucemie acute. Non solo. La sopravvivenza mediana nel mieloma, che 15 anni fa era di 2-3 anni, oggi supera i 7 anni con alcuni pazienti che possono essere definiti lungosopravviventi senza alcuna traccia di malattia.

Nella leucemia mieloide cronica, la maggioranza dei pazienti raggiunge una speranza di vita paragonabile a quella di una persona non colpita dalla patologia e, nella leucemia linfatica cronica, alcuni pazienti non richiedono più nessun trattamento e, persino nei casi più difficili (5-10%), la sopravvivenza è triplicata.

“Gli studi di ‘real life’ – continua il prof. Fabrizio Pane, Ordinario di Ematologia e Direttore Unità Operativa di Ematologia e Trapianti di Midollo all’Università Federico II di Napoli e presidente del Convegno – anche in ematologia possono fornire indicazioni importanti su quali scelte adottare nella pratica clinica, per esempio in termini di sequenze terapeutiche o sulla tipologia di farmaco più appropriato in base alle caratteristiche del paziente. Sono inoltre importanti per valutare al meglio il profilo di tossicità di terapie innovative ancora poco utilizzate o impiegate in pazienti con caratteristiche differenti da quelli su cui il farmaco è stato originariamente testato. E, oltre agli anziani, possono essere inclusi anche gli adolescenti, di solito non considerati in alcun modo. Va evidenziato che, talvolta, dagli studi di ‘real life’ emergono risultati migliori rispetto allo studio registrativo. In futuro, probabilmente, queste sperimentazioni porteranno anche a modificazioni dell’indicazione dei farmaci, con una conseguente razionalizzazione nell’uso delle risorse”.

Anche nel tumore del pancreas, uno dei più difficili da trattare (13.300 nuovi casi stimati in Italia nel 2018), è in corso uno studio di “real life” (Studio Garibaldi) che coinvolge circa 40 centri nel nostro Paese. Questa ricerca, promossa da AIOM, vuole raccogliere dati di pazienti colpiti da carcinoma del pancreas per valutare l’applicazione delle linee guida nella pratica medica. La ricerca clinica si sta impegnando per migliorare le conoscenze sui meccanismi di insorgenza e progressione di questa neoplasia particolarmente aggressiva, con l’obiettivo di ottenere terapie sempre più efficaci. Il filone di ricerca della ‘real life’ consente di arricchire le informazioni degli studi clinici con dati della pratica clinica, fornendo un’immagine molto più dettagliata del mondo reale.

“Celgene, da oltre 30 anni, è impegnata nella lotta contro i tumori ematologici ed oncologici, per sviluppare farmaci sempre più innovativi, che migliorino la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti – conclude Jean-Yves Chatelan, Vice Presidente e Amministratore Delegato di Celgene Italia -. Tutti i nostri sforzi si concentrano nella ricerca, con il più alto rapporto di investimenti, pari al 40% annuo, più del doppio rispetto alla media del settore. Negli ultimi 12 anni, in Italia abbiamo coinvolto oltre 18.500 pazienti in più di 208 studi clinici, di cui 106 indipendenti. Crediamo fortemente nell’importanza della real world evidence che arricchisce le informazioni derivanti dagli studi clinici con dati preziosi della pratica clinica, per una conoscenza sempre più realistica delle patologie oggetto di studio”.