Linfoma di Hodgkin: approvata rimborsabilità di nivolumab


L’Agenzia Italiana del Farmaco ha approvato la rimborsabilità di nivolumab per il trattamento del linfoma di Hodgkin classico recidivante o refrattario dopo trapianto autologo e brentuximab vedotin

L’Agenzia Italiana del Farmaco ha approvato la rimborsabilità di nivolumab per il trattamento del linfoma di Hodgkin classico recidivante o refrattario dopo trapianto autologo e brentuximab vedotin 

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità di nivolumab per il trattamento di pazienti adulti colpiti da linfoma di Hodgkin classico (cHL) recidivante o refrattario dopo trapianto autologo di cellule staminali e trattamento con brentuximab vedotin.

Nivolumab è il primo farmaco immunoterapico anti PD-1 approvato in Italia per una patologia ematologica e rappresenta un nuovo standard di cura per un importante numero di pazienti pretrattati che, fino ad ora, in caso di fallimento sia del trapianto autologo di cellule staminali sia del successivo trattamento con brentuximab vedotin, non avevano a disposizione alcuna alternativa terapeutica.

I risultati degli studi che hanno valutato nivolumab in monoterapia in questa popolazione di pazienti hanno evidenziato l’efficacia e la sicurezza del farmaco.

“Bristol-Myers Squibb da lungo tempo è impegnata nel trattamento dei tumori ematologici. Siamo orgogliosi di questa approvazione che rappresenta una vera e propria svolta nel trattamento di questa severa neoplasia ematologica”, spiega Emma Charles, General Manager Bristol-Myers Squibb Italia. “La nuova indicazione di nivolumab è la seconda in poche settimane e la sesta in due anni ad essere rimborsata in Italia, rappresentando un importante passo in avanti verso il nostro obiettivo di rendere disponibili terapie sempre più efficaci. Continuiamo a lavorare ogni giorno con senso d’urgenza per poter fare la differenza nelle vita dei pazienti che ogni giorno combattono contro gravi malattie”.

Con un follow-up mediano di 23 mesi, nivolumab ha dimostrato, nello studio di fase II CA209205, una robusta attività antitumorale con un tasso di risposta obiettiva del 68%, un tempo mediano alla risposta di 2,2 mesi e, tra i pazienti rispondenti, una durata della risposta mantenuta nel tempo per una mediana di 15,9 mesi. La stabilizzazione della malattia è stata osservata nel 21% dei pazienti. Inoltre i tassi di sopravvivenza globale (OS) hanno evidenziato il potenziale per una sopravvivenza prolungata con il 95% dei pazienti vivi a 12 mesi ed il 91% a 18 mesi.

Nivolumab in monoterapia ha dimostrato un favorevole profilo di tollerabilità in termini di Eventi Avversi (AE), come dimostrato dal profilo di AE ben caratterizzato e tipicamente di bassa gravità, associato ad una bassa percentuale di discontinuazioni per tossicità. E’ stata valutata la qualità di vita dei pazienti inclusi nello studio CA209205: i punteggi medi (score EQ-5D VAS) sono aumentati nel tempo, indicando un migliore stato di salute generale per i pazienti rimasti in trattamento con miglioramenti clinicamente rilevanti.

Il linfoma di Hodgkin classico

Il linfoma di Hodgkin (HL), noto anche come malattia di Hodgkin, è un tumore che origina da globuli bianchi chiamati linfociti, che fanno parte del sistema immunitario. In Italia nel 2017 sono stati stimati 2.200 casi (1.200 uomini e 1.000 donne). Il linfoma di Hodgkin classico è il tipo più comune, responsabile del 95% dei casi totali.

Nonostante il trattamento degli stadi limitati sia notevolmente migliorato dopo l’adozione di schemi terapeutici combinati, con una percentuale di fallimento del trattamento in circa il 10% dei pazienti, circa il 30% dei pazienti con HL di nuova diagnosi si presenta in stadio avanzato di malattia (Stadio IIB-IV) e, nonostante i passi avanti nell’uso combinato di chemioterapia e radioterapia abbiano portato a tassi di remissione durevole fra il 60% e l’80% anche in questa categoria di pazienti, a oggi esiste ancora una frazione sostanziale di pazienti con HL che non guariscono: fino al 10% delle persone con stadio avanzato non raggiunge una remissione iniziale e circa il 30% dei rispondenti va incontro a una successiva recidiva.

Lo standard di cura per i pazienti con malattia recidiva e/o refrattaria è rappresentato dalla chemioterapia di salvataggio ad alte dosi seguita da trapianto autologo di cellule staminali (ASCT), che può produrre remissioni a lungo termine in circa il 50% dei pazienti. Purtroppo, nel restante 50% dei pazienti con l’ASCT non si ottiene un controllo della malattia a lungo termine, con una mediana di sopravvivenza globale di circa 27 mesi. In particolare, la prognosi rimane estremamente povera per i pazienti che presentano una recidiva o una progressione di HL entro un anno dall’autotrapianto e la sopravvivenza mediana è di circa 1,2 anni.

Più recentemente, altri nuovi approcci sono stati studiati nel tentativo di migliorare l’outcome dei pazienti affetti da HL dopo fallimento di ASCT. In particolare, il trattamento con brentuximab vedotin ha evidenziato incoraggianti tassi di risposta, ma il controllo della malattia a lungo termine rimane difficile da raggiungere perché solo una piccola percentuale di pazienti mantiene risposte complete.