Ecuador, sale la tensione tra comunità indigene ed ENI


Le comunità indigene del Blocco 10 hanno adottato una risoluzione che rifiuta l’ingresso di ENI e lo sfruttamento delle risorse presenti nel loro territorio

Le comunità indigene del Blocco 10 hanno adottato una risoluzione che rifiuta l’ingresso di ENI e lo sfruttamento delle risorse presenti nel loro territorio

In Ecuador la tensione tra comunità indigene ed ENI sta continuando a salire. “Nel 2010 il governo ha rinegoziato il contratto con ENI – Agip per lo sfruttamento petrolifero del Blocco 10 nella foresta amazzonica, senza applicare il diritto di consultazione previa, libera e informata dei popoli, delle comunità e delle nazionalità indigene” spiega l’associazione A Sud Onlus.

“Tale diritto è espressamente riconosciuto e tutelato dalla Costituzione ecuadoriana (art.57) – oltre che dalla Convenzione n.169 dell’ILO – e riguarda tutti i processi decisionali relativi all’implementazione di piani e programmi di prospezione, sfruttamento e commercializzazione di risorse non rinnovabili presenti nei territori indigeni e che possano avere impatto dal punto di vista ambientale o culturale sulle comunità ivi insediate. La rinegoziazione prevede la riperimetrazione del Blocco, e amplia l’area concessa in sfruttamento al fine di includervi nuovi giacimenti petroliferi” aggiunge la Onlus.

In base a questa decisione, le comunità indigene che risiedono nel Blocco 10 si sono riunite e hanno elaborato una risoluzione che rifiuta l’ingresso e lo sfruttamento delle risorse presenti nel loro territorio.

Il 13 maggio Salomé Aranda, una delle principali leader indigene Kichwa, impegnata nella difesa del suo popolo e dei popoli amazzonici dagli impatti delle attività estrattive, ha subito pesanti intimidazioni cui è seguita un’ondata di indignazione internazionale.

“E’ sempre più urgente richiamare l’attenzione nazionale ed internazionale sul caso affinché siano monitorate, denunciate e punite le gravissime violazioni dei diritti umani in corso nell’area. Amazon Watch ha lanciato una petizione on line indirizzata al CEO di ENI Claudio De Scalzi di denuncia dell’accaduto e in sostegno all’attivista, per dare risalto al caso e segnalare le responsabilità dell’impresa petrolifera. Oltre alle pressioni esercitate da movimenti, associazioni e comunità indigene sul governo dell’Ecuador per violazione dell’art. 57 della Costituzione e affinché sia garantito il rispetto del diritto di consultazione preventiva, libera e informata, riteniamo utile e doveroso rivolgerci all’impresa stessa, affinché riconosca le sue responsabilità e ponga in essere tutte le misure volte al rispetto dei diritti individuali e collettivi” prosegue A Sud.

“Chiediamo pertanto ad ENI di rispettare la risoluzione dei popoli indigeni dell’Amazzonia ecuadoriana rispetto alle attività che intende porre in essere nel Blocco 10, compiendo gli atti necessari ad evitare ulteriori attacchi a Salomé e a tutti gli attivisti e le attiviste in prima linea per la difesa dei diritti delle comunità residenti nei territori in cui opera. Chiediamo altresì anche all’impresa di contribuire al rispetto del diritto di informazione e di consultazione preventiva riconosciuto dall’ordinamento ecuadoriano, e di adoperarsi per garantire tutela effettiva dei diritti delle comunità locali, non soltanto in Ecuador ma anche in Italia, in Nigeria, e in tutti i Paesi in cui l’ENI ha interessi e attività. Per questa ragione, come organizzazione, abbiamo provveduto a inoltrare a ENI la risoluzione adottata al termine dell’ Assemblea “Kumay”. Insieme ad altre associazioni italiane ed ecuadoriane appoggiamo la risoluzione citata, unendoci alle richieste in essa contenute” sottolinea la Onlus.