Trapani: 22 arresti tra gli affiliati di Messina Denaro


Operazione “Anno Zero” di Polizia e Carabinieri: tra i destinatari dei provvedimenti anche il super latitante Matteo Messina Denaro e i suoi due cognati

Indagini delle Squadre mobili di Trapani e Palermo, Sco, DIA e Carabinieri con pedinamenti e intercettazioni hanno fatto emergere il ruolo di vertice di uno dei due cognati di Messina Denaro, reggente del mandamento di Castelvetrano, dopo gli arresti del 2013 e del 2015.

“Anno Zero” è l’operazione congiunta delle Squadre mobili di Trapani e Palermo, del Servizio centrale operativo, dei Carabinieri e della Dia, durante la quale sono stati emessi 22 provvedimenti cautelari nella provincia di Trapani, nei confronti di persone legate al clan mafioso capeggiato dal boss latitante Matteo Messina Denaro.

Tra i destinatari dei provvedimenti anche Matteo Messina Denaro e i suoi due cognati, a conferma del perdurante ruolo di capo mafioso nella provincia di Trapani.

Pedinamenti, appostamenti e intercettazioni hanno ribadito come Cosa Nostra eserciti un controllo capillare del territorio e ricorra sistematicamente alle intimidazioni per infiltrare il tessuto economico e sociale.

Dalle indagini è emerso il ruolo di vertice operativo assunto da uno dei due cognati del super latitante, designato reggente del mandamento di Castelvetrano dopo gli arresti del 2013 e del 2015. L’uomo, infatti, era colui che gestiva i principali affari del boss e la rete di comunicazione tra il padrino di Castelvetrano e i suoi uomini attraverso il flusso di “pizzini”.

Le accuse nei confronti degli arrestati, catturati tra Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna, sono, a vario titolo, di: associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni. Tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.

Le indagini hanno accertato anche l’esistenza di un circuito imprenditoriale, che controllava in modo monopolistico il settore dei giochi e delle scommesse online, attraverso la gestione di numerosi “punti gioco”, attività che servivano, tra l’altro, al sostentamento economico della rete dei familiari del latitante Messina Denaro.

L’organizzazione inoltre interveniva, con persone del tutto insospettabili, in aste giudiziarie con lo scopo di riappropriarsi di beni sequestrati in precedenti operazioni contro la mafia, da parte delle Forze di polizia.