A Pasqua 4 italiani su 10 mangeranno carne di agnello


Indagine Coldiretti in vista delle Festività pasquali: a casa o al ristorante, la carne di agnello resta il piatto tradizionale del pranzo di Pasqua

Nonostante la crociata animalista contro il consumo di carne di agnello a Pasqua, l’alimento più rappresentativo della tradizione pasquale a tavola resiste. Mangeranno piatti con agnello il 45% degli italiani.

Nonostante la crociata animalista contro il consumo di carne di agnello a Pasqua, l’alimento più rappresentativo della tradizione pasquale a tavola resiste. Secondo un’indagine Coldiretti/Ixè la carne di agnello viene servita quest’anno in 4 tavole su 10 nelle case, nei ristoranti e negli agriturismi (45%) e più di 1/3 dei consumatori ha scelto di acquistarla direttamente dal pastore.

“Una decisione – sottolinea la Coldiretti – motivata dalla necessità di assicurarsi l’origine nazionale della carne di agnello in una situazione in cui oltre la metà dell’offerta viene dall’estero e soprattutto da Romania e Grecia che non garantiscono gli stessi standard qualitativi”.

Per garantirsi acquisti di qualità al giusto prezzo il consiglio della Coldiretti è dunque quello di preferire carne di agnello a denominazione di origine, quella garantita da marchi di provenienza territoriale, o di rivolgersi direttamente ai pastori, quando è possibile.

“Il tradizionale pranzo di Pasqua – sottolinea la Confederazione – rappresenta anche un appuntamento determinante per la sopravvivenza dei pastori poiché in occasione di questa festività si acquista quasi la metà della carne di agnello consumata dagli italiani durante tutto l’anno. Portare la carne di agnello a tavola significa salvare il lavoro dei circa 4mila pastori terremotati che non hanno ancora abbandonato le aree colpite dal sisma di Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria dove secondo la Coldiretti, solo nei 131 comuni del cratere, sono allevate 213mila pecore e capre”. “L’agnello – ricorda la Coldiretti – è una presenza antica della tradizione gastronomica italiana, come dimostrano anche i piatti della transumanza tramandati da secoli (in Abruzzo agnello cacio e ova, il molisano agnello sotto il coppo, nel Lazio l’abbacchio alla scottadito) con l’effetto di consentire la sopravvivenza di un mestiere antico ricco di tradizione che consente la salvaguardia di razze in via di estinzione a vantaggio della biodiversità del territorio”.

Una importanza riconosciuta dalla recente candidatura transnazionale de “La Transumanza” come patrimonio culturale immateriale dell’umanità Unesco da parte dell’Italia come capofila insieme alla Grecia e all’Austria. Secondo un’analisi Coldiretti sono 60mila gli allevamenti di pecore presenti in Italia, spesso concentrati nelle aree più marginali del Paese, per un patrimonio 7,2 milioni di animali, situati in maggioranza in Sardegna. Una tradizione secolare che viene trasmessa da generazioni a generazioni con anche una crescente presenza di nuovi giovani pastori impegnati a garantire il presidio del territorio.