Tenta di bruciare vivi in casa 6 rumeni: arrestato il boss Labate


Esponente di spicco dell’omonima cosca reggina, avrebbe tentato di dare fuoco alla casa dove si trovavano anche due bambini per futili motivi

La Polizia di Reggio Calabria ha arrestato oggi Antonino Labate, elemento di vertice dell’omonima cosca di 'Ndrangheta. L'accusa è di tentato omicidio plurimo aggravato nei confronti di 6 cittadini rumeni, che avrebbe voluto bruciare vivi appiccando il fuoco alla loro abitazione

La Polizia di Reggio Calabria ha arrestato oggi Antonino Labate, elemento di vertice dell’omonima cosca di ‘Ndrangheta, conosciuta anche come “Ti Mangiu”, attiva nel quartiere Gebbione della zona sud della città. L’accusa è di tentato omicidio plurimo aggravato nei confronti di 6 cittadini rumeni, che avrebbe voluto bruciare vivi appiccando il fuoco alla loro abitazione. Secondo quanto ricostruito nelle indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura reggina, Labate lo scorso 27 febbraio avrebbe tentato di uccidere sei cittadini rumeni, tra cui due minori, appiccando il fuoco ad un’abitazione fatiscente in cui si trovavano i sei. In precedenza avrebbe anche minacciato di “bruciarli vivi”, parole pronunciate ad una cittadina rumena di 46 anni che aveva occupato abusivamente la struttura, nella quale stava momentaneamente ospitando i suoi connazionali.

Gli occupanti dell’abitazione si erano messi in salvo trovando una via di scampo nella parte retrostante dell’immobile quando le fiamme erano già divampate sulla porta dell’abitazione, dando vita ad un incendio che veniva successivamente domato dai Vigili del Fuoco, prontamente accorsi a seguito dell’allarme.

Dall’attività investigativa svolta dai poliziotti della Squadra Mobile è emerso che il movente è da ricondurre a futili motivi legati all’abbandono di alcuni sacchetti della spazzatura da parte della donna rumena accanto all’ingresso di un podere di proprietà del boss Labate.

Durante la discussione Labate, che è accusato anche di incendio doloso, avrebbe colpito più volte, con un bastone, la mano della donna, minacciando che li avrebbe “bruciati vivi”. Nel pomeriggio, come ricostruito dalla Polizia, avrebbe rimpito di benzina un bidone di plastica presso un distributore di carburanti della zona, e in seguito avrebbe appiccato l’incendio nell’androne della casa.

“La cosca Labate esercita il dominio mafioso nella zona sud della città di Reggio Calabria delimitata a nord dal torrente Calopinace ed a sud dal torrente Sant’Agata. La conferma della sussistenza e dell’operatività della cosca è stata documentata in diverse indagini, coordinate da questa Direzione Distrettuale Antimafia, tra le quali merita un cenno particolare quella passata alle cronache giudiziarie come operazione “Olimpia”, che ha dato vita al noto processo, al termine del quale veniva confermata l’operatività della cosca esercitata, per molti anni, sotto la posizione dominante del carismatico capo storico ed indiscusso, Labate Pietro classe 1951, attualmente detenuto, fratello di Labate Antonino” si legge in una nota della Polizia.