Il settore tessile umbro cresce e cerca giovani talenti della moda


Il presidente della Sezione Tessile di Confindustria: “L’obiettivo è coniugare tradizione artigianale e innovazione tecnologica”

Il settore tessile umbro ha ricominciato a crescere e a dare lavoro. Negli ultimi quattro anni c’è stato un aumento del 23 per cento degli occupati. Opportunità di lavoro, dai tecnici alle modelliste, da programmatori e prototipisti ai meccanici

Il settore tessile umbro ha ricominciato a crescere e a dare lavoro. Negli ultimi quattro anni c’è stato un aumento del 23 per cento degli occupati e del 30 per cento del fatturato. Dati significativi per un comparto molto radicato in Umbria che conta circa 1700 aziende, oltre 9 mila addetti e un fatturato che si attesta intorno a 1,3 miliardi, con una percentuale di export che arriva fino all’80%. I mercati di destinazione più vivaci del tessile umbro sono quelli dell’Est europeo e dell’estremo Oriente.

“È il segnale di una vitalità – sottolinea Marco Cardinalini, presidente della Sezione Tessile Abbigliamento di Confindustria Umbria, che associa le principali aziende del settore presenti nella regione – cui hanno contribuito due fattori fondamentali: la qualità dei nostri prodotti Made in Italy e la presenza di tanti laboratori artigianali al servizio di imprese e brand nazionali e internazionali. Sempre più spesso dietro una griffe francese ci sono realizzazioni made in Umbria”.

Nei giorni scorsi la regione è stata al centro di una riflessione sul futuro del settore in occasione del convegno nazionale “Umbria: incontro con i talenti della moda” organizzato da Confindustria Umbria in collaborazione con i Giovani Imprenditori di Sistema Moda Italia.

“Il tessile-abbigliamento è uno dei settori fondamentali in Umbria e punto di riferimento in Italia e nel mondo” ricorda il presidente di Confindustria Umbria Antonio Alunni. “Il nostro sistema associativo crede in questo comparto e vi investirà in termini di formazione e di internazionalizzazione perché è tra quelli che meglio rappresentano il Made in Italy nel mondo. Se l’Italia fa sistema, in questo come in ogni altro settore, potrà sicuramente primeggiare”.

Formazione, finanza e sostenibilità sono i tre pilastri su cui poggia il comparto tessile umbro che ha il suo cuore nel distretto del cashmere, altamente qualificato, che comprende tutti i processi produttivi: dalla filatura, al finissaggio, alla tintoria, al controllo qualità e al confezionamento.

Il distretto ha saputo unire la tradizione artigianale con le più moderne tecnologie e in breve tempo ha raggiunto un prestigio internazionale intercettando e soddisfacendo una domanda innovativa di lusso in costante crescita negli ultimi anni.

“Abbiamo scelto di soffermarci su sostenibilità, finanza e formazione perché rappresentano aspetti fondamentali per il futuro del comparto – spiega Cardinalini – . Nel tessile abbigliamento italiano abbiamo bisogno di nuove leve, di tecnici, modelliste, programmatori, prototipisti, meccanici. Si tratta, in Italia, di almeno 16mila diplomati e 3mila laureati, profili qualificati e ben retribuiti. Abbiamo di fronte una grande opportunità ma c’è bisogno di superare lo scollamento tra il sistema della formazione e le necessità del settore”.

“Non di minore importanza è la sostenibilità. Da tempo le aziende umbre su questo tema rappresentano un modello nell’aver saputo coniugare efficienza nelle lavorazioni, coinvolgimento delle maestranze e l’attenzione all’ambiente” aggiunge.

“L’altro grande driver potenziale di sviluppo per il tessile umbro e l’abbigliamento è la finanza. Le nostre imprese – conclude Cardinalini – spesso hanno una dimensione troppo piccola per sfruttare le grandi opportunità offerte dai mercati. Dobbiamo cercare di collegare le richieste del mercato con le opportunità offerte dalla finanza. In una realtà in evoluzione, la finanza guarda tra l’altro con crescente interesse al mondo della moda come target per potenziali investimenti. Per quest’attenzione abbiamo voluto accendere i riflettori su Elite, il programma internazionale lanciato nel 2012 da Borsa Italiana in collaborazione con Confindustria che oggi vede quasi il 10 per cento delle aziende partecipanti del mondo del fashion”.