Catturato in Spagna Pellegrinetti, il boss della nuova Banda della Magliana


Condannato a 13 anni di reclusione per i reati di narcotraffico e riciclaggio era latitante da 15anni: gli agenti lo hanno arrestato in un attico di Alicante

Individuato e catturato in Spagna Fausto Pellegrinetti, boss della nuova banda della Magliana e latitante da 15 anni.

Individuato e catturato in Spagna Fausto Pellegrinetti, boss della nuova banda della Magliana e latitante da 15 anni.

L’uomo, 78 anni, è stato arrestato dagli uomini della Squadra mobile di Roma e deve scontare 13 anni di reclusione per i reati di associazione per delinquere, narcotraffico e riciclaggio.

Come ricostruito dagli investigatori, Pellegrinetti trascorreva la sua latitanza all’interno di un attico di lusso al centro di Alicante e al momento della cattura non ha opposto resistenza, non era armato e quando ha visto i poliziotti non ha proferito parola.

Gli investigatori sono arrivati a Pellegrinetti attraverso appostamenti e pedinamenti e sono riusciti a ricostruire anche la rete di protezione che gli permetteva una vita di lusso.

Pellegrinetti, (alias Franco, Enrico Longo, Franco Pennello, Giulio Dedonese) inizia la sua carriera criminale come rapinatore e in poco tempo si specializza nel traffico internazionale di stupefacenti e nel riciclo di denaro fino a diventare elemento di spicco della banda della Magliana.

L’indagine, durata 2 anni, è stata condotta dallo Sco (Servizio centrale operativo) in collaborazione con la polizia nazionale spagnola, lo Scip e la Direzione centrale servizi antidroga ed è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia.

Chi è Fausto Pellegrinetti

Come riporta l’agenzia Dire (www.dire.it), personaggio di elevato spessore criminale nell’ambito della criminalità organizzata romana, l’uomo annovera pregiudizi per associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, reati contro il patrimonio, riciclaggio, ricettazione. È evaso il 22 ottobre del 1993 dalla clinica romana “Belvedere Mondello”, dove si trovava ricoverato in regime degli arresti domiciliari, per poi far perdere le proprie tracce.

Destinatario di provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, e contestuale ordine di esecuzione, n. 3218/2005 Res emesso in data 25/02/2009 dalla Procura della Repubblica c/o il Tribunale di Roma, dovendo lo stesso espiare la pena di anni 13 mesi 5 e giorni 3 di reclusione; provvedimento in carico alla Squadra Mobile 7ª Sezione antidroga ed esteso in ambito europeo (Mae). Per aver acquistato 550 Kg di cocaina (anno 1992) (art. 73 e 80 D.P.R. 309/90). Per aver riciclato 6 miliardi di lire, provento del narcotraffico (1996-1998) (art. 648 ter C.P.).

Nel 1992 da un’indagine della DEA e dello SCO, le autorità italiane, seguendo il flusso del denaro tra Nord America, Europa e Colombia, arrivano a Fausto Pellegrinetti, romano, che viveva in latitanza a Via Roccaraso a Roma. Pellegrinettisi era rimodulato da efferato rapinatore in trafficante di stupefacenti e, successivamente in riciclatore di denaro. La svolta arriva in occasione dell’ultimo ”Pick Up” ovvero l’ultimo prelievo di denaro sporco, quando finisce in manette a Roma e viene sequestrato un milione e mezzo di dollari in contanti.

A capo dell’organizzazione risulta un triumvirato di vecchi criminali Ferraresi Primo e D’Alessandri Giuseppe e Pellegrinetti Fausto che dalla zona di Malaga, dove vivevano in clandestinità, gestivano due business separati solo in apparenza: l’import-export della cocaina e il riciclaggio. Sulla capitale si riversava periodicamente, un vero e proprio oceano di cocaina: 5000 mila chili smerciati sul mercato romano e la cifra astronomica di 55 milioni di dollari Usa riciclata in un ventaglio di attività diversificate. Fausto Pellegrinetti era a “Capo dell’Organizzazione”, con il ruolo di leader indiscusso e di regista di tutte le strategie espresse, in ciò collaborato da Ferarresi, sia nel campo del narcotraffico che in quello del riciclaggio, attraverso gli associati.

La simbiosi tra le due componenti, la prima ad altissima caratura criminale e la seconda di riconosciuta professionalità imprenditoriale, evidenziava l’estrema pericolosità sociale del sodalizio, che veniva anche dai solidi legami intrattenuti con famigerate consorterie delinquenziali calabresi (famiglia Barbaro-Papalia) e campane (clan Senese), e dalle ingenti disponibilità finanziarie dimostrate dall’organizzazione capeggiata dal Pellegrinetti.

Infatti, mediante l’immissione sul mercato d’ingenti capitali provento di traffici illeciti, quindi privi di costi, l’organizzazione ha prodotto effetti discorsivi dell’economia legale in alcuni settori commerciali particolarmente sensibili giungendo, in taluni casi, ad alterare i prezzi di mercato dei prodotti commercializzati dalle società del gruppo (metalli e frutta), nonché ad inserirsi in settori ad “altissimo rischio” quale quello ludico, nello specifico le “slot machine”.

Il suo braccio destro, un palermitano con ottime conoscenze in America Latina, era Lillo Rosario Lauricella con il quale nel 1997 ricicla 16 miliardi delle vecchie lire comprando ed installando in Brasile migliaia di slot machine. Lauricella, dopo avere collaborato con la giustizia, venne ucciso a Caracas nel 2002, con difficoltoso riconoscimento stante le sue numerose plastiche effettuate al volto.

La latitanza dorata di Fausto Pellegrinetti, cominciata dopo l’evasione del 1996, termina così in un attico di superlusso ad Alicante.