Il dialetto sparisce dal quotidiano: resiste solo tra gli anziani


Lo rileva l’ultimo rapporto dell’Istat sull’uso della lingua italiana, dei dialetti e delle lingue straniere

L'uso del dialetto è in continuo calo in Italia: secondo l'ultimo rapporto Istat resiste solo tra gli anziani, al Sud Italia e al Nord-Est

Il dialetto continua a sparire dalle conversazioni quotidiane e nel 2015 si stima che il 45,9% della popolazione di sei anni e più (circa 26 milioni e 300mila individui) si esprima prevalentemente in italiano in famiglia e il 32,2% sia in italiano sia in dialetto. Soltanto il 14% (8 milioni 69mila persone) usa, invece, prevalentemente il dialetto. Ricorre a un’altra lingua il 6,9% (all’incirca 4 milioni di individui, nel 2006 erano circa 2 milioni 800mila individui). Sono i dati che emergono dall’ultimo rapporto Istat sull’uso della lingua italiana.

La diffusione di lingue diverse dall’italiano e dal dialetto in ambito familiare registra un aumento significativo, in particolar modo tra i 25-34enni (dal 3,7% del 2000, all’8,4% del 2006, al 12,1% del 2015). Per tutte le fasce di età diminuisce l’uso esclusivo del dialetto, anche tra i più anziani, tra i quali rimane comunque una consuetudine molto diffusa: nel 2015 il 32% degli over 75 parla in modo esclusivo o prevalente il dialetto in famiglia (erano il 37,1% nel 2006). L’uso prevalente del dialetto in famiglia e con gli amici riguarda maggiormente chi ha un basso titolo di studio, anche a parità di età. Il 24,8% di coloro che possiedono la licenza media (o titoli inferiori) usa quasi esclusivamente il dialetto in famiglia e il 33,7% con gli amici (contro rispettivamente il 3,1% e il 2,7% di chi ha la laurea o un titolo superiore).

Il dialetto si parla sempre meno

L’uso esclusivo continua come detto a diminuire: la quota di chi parla prevalentemente il dialetto in famiglia si era già dimezzata tra 1988 e 2006 (dal 32% al 16%) e nel 2015 cala ancora leggermente, attestandosi al 14%. L’uso misto di italiano e dialetto in famiglia è cresciuto nel tempo, passando tra il 1988 e il 2006 dal 24,9% al 32,5%, per poi stabilizzarsi intorno al 32% nel 2015. Lo stesso trend si riscontra nel contesto amicale (dal 27,1% del 1988 al 32,1% del 2015). Diversamente, con gli estranei, anche in alternanza con l’italiano, l’uso del dialetto continua a diminuire (dal 20,3% del 1988 al 12,9% del 2015). I cambiamenti nelle abitudini di linguaggio osservate per i diversi contesti relazionali, con riferimento al complesso della popolazione residente, si riscontrano anche se si effettuano confronti considerando solo gli individui di lingua madre italiana.

Il ricorso ad un’altra lingua fa registrare invece un incremento in tutti gli ambiti relazionali, risultando più marcato in famiglia, per effetto dei cambiamenti demografici che hanno interessato la popolazione nel tempo e che hanno modificato in parte i patterns comunicativi delle famiglie. Nel 2015 il 6,9% delle persone di 6 anni e più parla una lingua diversa dall’italiano o dal dialetto in famiglia a fronte del 5,1% del 2006 (circa 2 milioni e 800mila persone) e dello 0,6% del 1987/88.

L’uso prevalente dell’italiano diminuisce con l’età

L’uso prevalente dell’italiano diminuisce all’aumentare dell’età in tutti i contesti relazionali: in famiglia varia dal 58,5% delle persone di 6-24 anni al 34,2% delle persone di 65 anni e più. Specularmente, l’uso esclusivo del dialetto cresce con l’età, passando dal 6,7% dei bambini e ragazzi tra i 6 e i 24 anni che parlano per lo più dialetto in famiglia al 26,9% delle persone di 65 anni e più. Le differenze tra giovani e adulti nell’uso misto sono invece meno accentuate. Meno marcate le differenze per età nel contesto lavorativo, dove, a parità di età, è più diffuso l’uso prevalente dell’italiano.

Il ricorso esclusivo al dialetto sul luogo di lavoro, anche se con percentuali più ridotte, resta una prerogativa dei lavoratori più anziani: si passa dal 2,3% dei lavoratori di
25-34 anni al 7,2% di chi ha 65 anni e più
. L’uso del dialetto è un’abitudine che risente delle consuetudini dell’ambito familiare: se entrambi i genitori sono soliti parlarlo (in modo esclusivo o alternato all’italiano), bambini e giovani tra i 6 e i 24 anni tendono a fare altrettanto mentre solo nel 20% dei casi parlano prevalentemente l’italiano.

La scelta del linguaggio usato nei diversi contesti relazionali si differenzia tra uomini e donne: queste ultime tendono ad esprimersi più spesso soltanto o prevalentemente in italiano sia in famiglia (47,5% contro 44,2% degli uomini) sia con gli amici (53,2% contro 45,7%). Questa differenza tra uomini e donne è maggiore tra i giovani fino a 34 anni, diminuisce tra i più adulti per poi annullarsi tra gli anziani.

Considerando solo la popolazione di lingua madre italiana, tra il 2006 e il 2015 l’uso prevalente o esclusivo del dialetto in famiglia diminuisce per tutte le fasce di età, soprattutto a partire dai 45 anni. Questo andamento risente dei cambiamenti generazionali e del progressivo innalzamento dei livelli di istruzione delle generazioni più giovani che si riflettono anche nelle abitudini di linguaggio delle famiglie.

La scelta della lingua è fortemente legata al livello di istruzione. Tra le persone di 25 anni e più l’uso prevalente del dialetto in famiglia e con gli amici riguarda maggiormente coloro che hanno un titolo di studio basso, anche a parità di età.

Il 24,8% di coloro che possiedono la licenza media (o titoli inferiori) usa quasi esclusivamente il dialetto in famiglia e il 33,7% con gli amici (contro rispettivamente il 3,1% e il 2,7% di chi ha la laurea o un titolo superiore). In tutti i contesti relazionali sono soprattutto le persone di 65 anni e più con al massimo la licenza media a parlare prevalentemente il dialetto: il 32,5% lo usa come lingua prevalente in famiglia, il 29,5% con gli amici, il 12,1% con gli estranei.

Dialetto più parlato al Nord-est e al Sud

L’uso prevalente o esclusivo dell’italiano è più diffuso nel Nord-ovest e al Centro per tutti i contesti relazionali. In particolare, in famiglia parla prevalentemente italiano il 61,3% delle persone residenti al Nord-ovest e il 60% dei residenti al Centro, rispetto al 27,3% delle persone che vivono al Sud e al 32,9% di quelle residenti nelle Isole. Le regioni in cui questa abitudine è più diffusa sono la Toscana (74,9%), la Liguria (70,1%), la Lombardia (59,8%) e il Lazio (59,2%), quelle dove invece è minore sono la Campania (20,7%), la Calabria (25,3%) e la Sicilia (26,6%). Anche nei rapporti con gli estranei si riscontrano forti differenze territoriali: l’uso prevalente dell’italiano arriva al 90% nel Nord-ovest, sfiora l’85% al Centro, diversamente dal resto d’Italia dove al massimo raggiunge il 75%.

Il ricorso al dialetto nei diversi contesti relazionali e soprattutto in famiglia resta una specificità di alcune regioni. Al Sud e nelle Isole (ad eccezione della Sardegna) oltre il 68% delle persone di 6 anni e più lo utilizza in famiglia – prevalentemente o in alternanza con l’italiano – contro il 31% circa del Nord-ovest. Le regioni dove questa tendenza è più diffusa sono la Campania (75,2%), la Basilicata (69,4%), la Sicilia (68,8%) e la Calabria (68,6%).

Al Centro soltanto nelle Marche si registra un uso del dialetto in famiglia (esclusivo o alternato all’italiano) superiore alla media nazionale (56,3%). Al Nord a distinguersi per il ricorso al dialetto in famiglia, anche se non esclusivo, sono la provincia di Trento (54,9%) e il Veneto (62%). Nel contesto lavorativo le specificità territoriali sono simili a quelle rilevate in ambito familiare, con un minor ricorso all’uso esclusivo o prevalente dell’italiano nel Nord-est e nel Mezzogiorno (quote inferiori al 70%, rispetto all’86,5% del Nord-ovest e all’84,9% del Centro). In tali aree l’uso in ambito lavorativo è più diffuso.