Stop alle bollette a 28 giorni di telefonia e pay tv


Lo prevede un emendamento al Dl collegato alla manovra: fatturazioni dovranno essere su base mensile

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Aumenti nascosti fino all’8,6% con le fatture a 28 giorni

ROMA – Dopo l’Agcom anche la politica interviene sulle discusse bollette a 28 giorni introdotte dalle compagnie telefoniche e, più di recente, dalle pay tv. E lo fa attraverso un emendamento al decreto legge collegato alla Legge di Bilancio, presentato dal relatore Silvio Lai (Pd), in Commissione Bilancio al Senato.

Il testo approvato in Commissione prevede che le bollette degli abbonamenti telefonici, tv e internet, con l’eccezione delle offerte promozionali, che potranno avere scadenze inferiori al mese, dovranno essere fatturate su base mensile. Gli operatori dei settori coinvolti, dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni entro il termine di 120 giorni dall’approvazione del decreto legge.

Stop dunque alla tredicesima mensilità extra che i consumatori erano costretti a pagare con le bollette a 28 giorni, anche se il divieto di fatturazione non basta per il Codacons.

“È un provvedimento insufficiente perché non prevede alcuna misura per il pregresso – afferma il presidente Carlo Rienzi –. Non basta vietare tale pratica per il futuro, ma serve prevedere l’obbligo per le compagnie telefoniche e per le pay-tv di disporre rimborsi immediati in favore degli utenti per le maggiori somme pagate a causa della illegittima fatturazione a 28 giorni”.

“Dal 2015 ad oggi i consumatori hanno pagato complessivamente oltre 2 miliardi di euro in più sulle bollette a causa di una prassi chiaramente illegale, soldi incassati dagli operatori telefonici e dalle tv a pagamento che ora devono tornare nelle disponibilità degli utenti” conclude Rienzi.

Pronti ricorsi per 2 miliardi di rimborsi

La fatturazione a 28 giorni introdotta negli ultimi due anni dalle compagnie telefoniche è costata mediamente finora 83 euro a famiglia denuncia ancora il Codacons, associazione che ha avviato una intensa battaglia legale contro la pratica illegale sulle bollette nel settore delle Tlc e delle pay-tv, e che chiede ora rimborsi in favore degli utenti.

“Le compagnie telefoniche, una dietro l’altro, stanno annunciando il prossimo ritorno alle bollette mensili, e con grande ritardo si è mosso anche il Governo, ma tutto ciò non basta e anzi si profilano nuovi pericoli per i consumatori italiani” spiega ancora Rienzi.

“La fatturazione a 28 giorni è costata circa 2 miliardi di euro agli utenti della telefonia, con un aggravio di spesa di circa 83 euro a famiglia. Soldi che sono stati incamerati dalle compagnie telefoniche in modo del tutto illegittimo, e che ora devono essere restituiti ai consumatori, pena una valanga di azioni risarcitorie promosse dal Codacons”.

Ma l’associazione lancia anche un nuovo allarme rincari: “Per aggiornare i propri sistemi informatici e i software e tornare alle bollette mensili, le compagnie telefoniche dovranno sostenere dei costi ingenti che, con ogni probabilità, saranno scaricati sugli utenti – denuncia Rienzi –. Senza contare che gli operatori difficilmente accetteranno di rinunciare all’8% di guadagni aggiuntivi finora garantiti dalle bollette a 28 giorni. Tutto ciò rischia di portare ad aumenti delle tariffe telefoniche a totale svantaggio dei consumatori”.

Ora le compagnie saranno chiamate dal Codacons a restituire 2 miliardi di euro ingiustamente pagati dagli utenti a causa delle fatturazioni a 28 giorni – prosegue l’associazione – Già da oggi i consumatori possono scaricare sul sito www.codacons.it il modulo per attivare la procedura dinanzi al Corecom e ottenere dal proprio operatore il rimborso delle maggiori somme pagate negli ultimi due anni.

Adoc: “Bene solo la maggiore trasparenza”

Per Adoc i consumatori hanno poco da festeggiare, il vero problema sono gli aumenti, che restano, e un mercato con concorrenza bassa, per non dire assente.

“Imporre la tariffazione mensile senza intervenire sugli aumenti e sull’allargamento del mercato significa guardare il dito e non la luna” dichiara Roberto Tascini, Presidente dell’Adoc”.

“Il cambio di fatturazione a 28 giorni operato dalle Telco è stato solo un escamotage per imporre un aumento del canone, mediamente pari all’8,6%. Una prassi che ha penalizzato gli utenti, ai limiti della pubblicità ingannevole e delle pratiche commerciali scorrette. E che per questo è inaccettabile e particolarmente invisa ai consumatori” aggiunge.

“Questi ultimi sono intrappolati in un mercato non concorrenziale, dove tutti gli operatori applicano la stessa tipologia di fatturazione. L’unica arma a disposizione del consumatore, quando subisce una modifica unilaterale del contratto, è esercitare il diritto di recesso per passare ad un altro operatore. Ma se tutti gli operatori hanno provveduto ad aumentare i costi del servizio, mascherandoli dietro al cambio di fatturazione, quest’arma è spuntata, per non dire inutile” spiega Tascini.

“Noi crediamo che se almeno uno dei principali operatori fosse rimasto alla vecchia tariffazione su base mensile, i consumatori avrebbero scelto di cambiare. L’emendamento ha come pregio quello di imporre una maggiore trasparenza sull’operato delle aziende, ma non prevede significative novità né sul piano sanzionatorio né sul mercato in sé” prosegue.

“Si sarebbe dovuto sancire il principio dell’invarianza di spesa per il consumatore a fronte di ogni modifica della tempistica di fatturazione, per tutti i servizi. Un cambio di fatturazione dovrebbe, infatti, essere necessariamente basato su una riproporzione delle precedenti condizioni economiche, il consumatore non deve subire variazioni dei costi sostenuti. Altrimenti, come in questo caso, stiamo parlando di un aumento nascosto” afferma ancora Tascini.

Per Adoc occorre anche prevedere nuovi ingressi di operatori nel mercato e dotare di maggiori potere l’Agcom.

“Il fatto che il mercato delle telecomunicazioni sia in mano a poche aziende rende estremamente complicato per il consumatore cambiare operatore ed estremamente facile per questi ultimi porre in essere una sorta di “cartello” e godere di rendite di posizione – continua Tascini –. Crediamo sia necessario allargare ulteriormente la platea di operatori nel mercato, al fine di stimolare la concorrenza e favorire i consumatori”.

“L’AGCOM, inoltre, non solo deve poter sanzionare in modo più incisivo gli operatori ma deve poter intervenire prima che gli stessi mettano in atto comportamenti penalizzanti i consumatori. Ad esempio sarebbe opportuno che l’Autorità possa esprimere un parere vincolante prima dell’applicazione delle modifiche unilaterali del contratto da parte degli operatori, in modo da bloccare sul nascere ogni danno a carico degli utenti. Altrimenti ci troviamo come nella situazione attuale, con i consumatori danneggiati e intrappolati. E con il rischio che gli aumenti escano dalla porta e rientrino dalla finestra” conclude.