Comunità scientifica in campo per ridurre le morti da infezioni


Nel 2050 costituiranno la prima causa di decesso in corsia: attivata una task force

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Gli esperti intervenuti al convegno

ROMA – “Riabilitazione e infezioni ospedaliere, tra buone pratiche e gestione del rischio clinico” è il tema per il quale una task force della comunità scientifica italiana si è riunita con l’obiettivo di ridurre le morti da infezioni.

“In base agli studi epidemiologici possiamo asserire che le infezioni in corsia nel 2050 costituiranno la prima causa di morte – afferma il professor Mauro Mancuso, del Consiglio direttivo della Società italiana di riabilitazione neurologica (Sirn) e direttore del Centro di riabilitazione di Montevarchi –. Questa consapevolezza ci impone un cambiamento culturale dei sanitari e della società civile per impedire le morti evitabili e per favorire il recupero ottimale che verrebbe compromesso dalle infezioni”.

Dal dibattito è emersa quindi la necessità di focalizzare l’attenzione degli operatori del settore sul problema delle infezioni da batteri multiresistenti e aprire la via all’elaborazione di linee guida e best practices specifiche per i centri di riabilitazione, maggiormente esposti al rischio.

Per la prima volta, a Montevarchi, tutti i professionisti coinvolti (riabilitatori ed infettivologi) si attivano uniti, insieme e in anticipo rispetto ad altri comparti, per aggredire il tema delle infezioni alla radice e dare forza al percorso riabilitativo.

Si tratta di una reazione dal basso frutto dell’esperienza sul campo che porta a reagire tempestivamente per scongiurare una deriva attendista di fronte ai nuovi fenomeni delle infezioni resistenti alle attuali cure.

Il lavoro della task force si svilupperà e si imporrà nei prossimi mesi anche a fronte della nuova legge sulla responsabilità Sanitaria (legge Gelli) che darà vita alla nuova frontiera degli approcci riabilitativi in presenza di un episodio infettivo. Uno degli obiettivi primari è recuperare al massimo la possibilità di riabilitare il paziente come scelta etica, da accettare anche come nuova sfida di una società sempre più anziana che deve, suo malgrado, convivere e superare i limiti dell’attuale farmacologia.