Flop in Sicilia ma Renzi rilancia: “Possiamo arrivare al 40%”


L’ex premier avverte i compagni di partito: “Non posso essere il segretario dei caminetti tra correnti, degli equilibri e dei bilancini”

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Il segretario del Pd, Matteo Renzi

ROMA – Nervi a fior di pelle in casa del Partito democratico dopo il voto in Sicilia e la netta sconfitta del candidato Fabrizio Micari, che si è fermato al 18% ma il segretario Matteo Renzi rilancia la sua azione e punta deciso verso quota 40%.

L’assenza dalla campagna elettorale sull’isola è stata vista da più parti, come una mossa poco azzeccata ma ricondurre la debacle siciliana solo a questo sarebbe riduttivo. Anche perché, in vista della Direzione del 13 Novembre, l’ex premier si mette subito alle spalle il ko e apre la campagna elettorale.

Il voto in Sicilia è destinato però a lasciare strascichi in casa Dem, dove la caccia al colpevole è partita ben prima dell’esito dello scrutinio.

Ad accendere la miccia sono state le incaute dichiarazioni del sottosegretario Davide Faraone, che ha puntato il dito contro il presidente del Senato, Pietro Grasso: “Micari ha avuto il coraggio di candidarsi, quel coraggio che il presidente Grasso non ha avuto” ha affermato l’esponente del PD.

La risposta dell’ex magistrato non si è fatta attendere ed è arrivata attraverso il suo portavoce: “Non si può certamente addebitare a Grasso il fatto che, al di là dell’ardita ipotesi di far dimettere la seconda carica dello Stato per competere all’elezione del governatore della Sicilia, per lunghe settimane non si sia delineato alcun piano alternativo”.

“Imputare a Grasso il risultato del PD, peraltro in linea con tutte le ultime competizioni amministrative e referendarie, è quindi una patetica scusa, utile solo ad impedire altre e più approfondite riflessioni, di carattere politico e non personalistico, in merito al bilancio della fase attuale e alle prospettive di quelle future. Sullo stile e l’eleganza dei commenti di alcuni importanti esponenti del Partito democratico in merito al coraggio del presidente Grasso non resta che confermare ancor di più le motivazioni per le quali il presidente si è dimesso dal gruppo del Pd: merito, metodi e contenuti dell’attuale classe dirigente del partito sono molto lontani da quelli dimostrati dal presidente in tutta la sua opera a servizio dello Stato e delle istituzioni”.

In precedenza il Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, aveva spiegato che “serve un nuovo inizio per il centrosinistra. Il Partito Democratico è pronto a confrontarsi senza veti con tutte le forze progressiste, europeiste, moderate, interessate a costruire unità e non divisione”.

“Sappiamo che il PD è essenziale per dare credibilità e forza all’alternativa a destra e cinque stelle e riconosciamo che accanto a noi serve il protagonismo positivo di altre forze e di altre energie. Proponiamo un lavoro comune sul progetto per l’Italia del futuro che non si fermi al dibattito spesso sterile sulle leadership perché, come ha detto bene Renzi proprio a Napoli, il punto ‘non è chi di noi governerà ma se toccherà al centrosinistra o all’estremismo della destra dei Salvini o all’inaffidabilità dei Cinque Stelle di Di Maio’” aveva aggiunto.

Risalgono le quotazioni di Gentiloni

Oggi, metabolizzata anche se solo in parte la sconfitta alle regionali che segue quelle del referendum sulle riforme costituzionali costato Palazzo Chigi a Renzi e quelle delle amministrative, torna in auge anche la scelta del candidato premier del PD.

Il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato, a Radio Anch’io ha rilanciato quella dell’attuale Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni: “Serve un’alleanza più ampia possibile e con un programma concordato. Gentiloni oggi è a Palazzo Chigi ed è un nome spendibile. Ce ne sono tanti di nomi spendibili e Renzi a Napoli è stato chiaro: intende lavorare per portare a Palazzo Chigi il Pd, non necessariamente Renzi”.

Renzi lancia la campagna elettorale

Il commento più atteso, però, era quello del segretario Matteo Renzi che oggi è tornato a parlare attraverso la sua e-news. Per l’ex premier “i Cinque Stelle hanno perso in Sicilia. Ma tutti i commenti che leggete sui giornali e vedete in tv sono commenti già preparati da tempo che non fanno i conti con i numeri reali”.

Il PD ha perso pur avendo mantenuto gli stessi voti delle Regionali del 2012 (che avevamo vinto grazie alle divisioni della destra e al 10% dell’UDC, ripeto 10% UDC). Gli stessi. E rispetto alle politiche la coalizione di Bersani nel 2013 prese 21,4%, quella di Micari il 25,2%. Dunque noi, pur avendo perso, siamo cresciuti rispetto al 2013. Ha vinto la destra. Hanno vinto loro, tanto di cappello. Punto. Buon lavoro al nuovo Presidente Nello Musumeci. Non condivido una virgola della sua storia e del suo curriculum. Ma ha vinto, ha vinto nettamente e gli faccio i migliori auguri perché riesca a governare bene la Sicilia” scrive Renzi.

Sulle polemiche interne al Partito democratico Renzi ha un’idea chiara: “Diciamo che non si è mai chiusa da anni. Forse sarebbe il caso di dire che se qualcuno dentro il PD pensa di passare i prossimi mesi a litigare fa un grande regalo a Silvio Berlusconi e a Beppe Grillo. Sono mesi che si discute, si media, si fanno compromessi, si limano documenti: una vita fantastica, lo immaginate. Personalmente penso che sia arrivato il momento di cominciare la campagna elettorale. Da un lato c’è Berlusconi, dall’altro Grillo: due schieramenti pieni di estremisti e populisti”.

“Noi siamo nel mezzo. Tiriamo fuori le migliori idee e i migliori candidati. E poi scelgano i cittadini. Ma quello che deve essere chiaro è che io non posso essere il segretario dei caminetti tra correnti, degli equilibri e dei bilancini: io sono perché tutti nel PD si sentano a casa, rispettando il pluralismo e mettendo i migliori in lista. Ma sono anche perché finalmente si parli agli italiani e con gli italiani. Basta chiacchierarsi addosso. Con la Direzione Nazionale del 13 novembre si inizia la campagna elettorale, altrimenti facciamo il gioco degli avversari” aggiunge Renzi.

A chi lo vorrebbe eliminare dalla contesa, Renzi risponde in maniera altrettanto netta: “Dire che il problema sono io per il voto in Sicilia si colloca nello stesso filone: utilizzare ogni mezzo per togliere di mezzo l’avversario scomodo. Che poi è l’obiettivo di chi è contro di noi. Non a caso Di Maio rinuncia al confronto, non a caso Berlusconi per prima cosa attacca me e il PD. Perché entrambi sanno che alle elezioni – se il PD fa il PD e smette di litigare al proprio interno – possiamo raggiungere, insieme ai nostri compagni di viaggio, la percentuale che abbiamo preso nelle due volte in cui io ho guidato la campagna elettorale: il 40%, raggiunto sia alle Europee che al Referendum. Sono mesi che cercano di mettermi da parte, ma non ci riusciranno nemmeno stavolta”.

“Qui non si molla di un centimetro. E anzi l’Ottava edizione della Leopolda avrà come simbolo L8: lotto per… iniziate a scrivere se sarete con noi dal 24 al 26 novembre e per cosa lottate voi. L8, lotto per… altro che mollare” conclude il segretario del PD.

I risultati delle Regionali in Sicilia

In base ai dati delle 5300 sezioni scrutinate Musumeci ha vinto con il 39,8% pari a 830.821 voti. Dopo uno scarto che, durante lo scrutinio, ha viaggiato attorno ai 20mila voti alla fine il candidato del Movimento 5 stelle Cancelleri ha chiuso con un -108mila: sono stati 722.555 i voti raccolti dal pentastellato (34,6%).

Il tonfo del Partito democratico è tutto nei numeri: Fabrizio Micari si è fermato a 388.886 voti pari al 18,65%. Ancora più a sinistra Claudio Fava (Cento Passi per la Sicilia) ha raccolto il 6,14% (128.157 voti) mentre l’indipendente Roberto La Rosa (Siciliani liberi) ha ottenuto lo 0,7% (14.656).