Estorsione e usura con attentati incendiari: sgominata banda a Varese


La Polizia arresta 13 persone: al vertice “Zio Gianni” e “Il Moro”

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Le indagini sono partite dalla denuncia di un commerciante

VARESE – “Zio Gianni” e “Il Moro” sono solo due degli arrestati di questa mattina che avevano il compito di recuperare crediti con l’uso dell’intimidazione e violenza; gli arresti sono stati effettuati dai poliziotti del commissariato di Busto Arsizio e della Squadra mobile di Varese.

Agli ordini dei due criminali vi erano gli altri complici, esecutori materiali degli attentati incendiari, della fabbricazione di “molotov”, delle percosse e anche dell’esecuzione dei furti. In tutto sono 13 le persone finite in manette, otto in carcere e cinque ai domiciliari.

La banda, attiva tra basso varesotto alto milanese e comasco, aveva come attività principale l’usura e l’ estorsione nonché la ricettazione, falsi documentali e spaccio di cocaina.

Le indagini sono partite dalla denuncia fatta al commissariato di Busto Arsizio da un commerciante della zona. L’uomo era in debito con uno degli arrestati per un prestito precedentemente ricevuto e solo parzialmente restituito. Il creditore aveva incaricato del recupero “zio Gianni” e “Il Moro”, ma il debito originario era raddoppiato a causa dei tassi usurari applicati, pari a circa il 50 per cento annuo. Poiché il debitore non riusciva a far fronte alle continue richieste, erano iniziate le minacce e le botte per proseguire poi con due incendi appiccati all’esercizio della vittima e un terzo all’autovettura della sua compagna.

Da qui i poliziotti sono arrivati anche ad un’ulteriore estorsione ai danni di un imprenditore edile, nonché all’assidua partecipazione degli indagati alla preparazione di furti in aziende e magazzini. Come ricostruito dagli investigatori i membri della banda specializzata in estorsione e usura, ciascuno con specifici e predefiniti compiti, con frequenza quasi quotidiana, effettuavano sopralluoghi presso gli obiettivi per poi agire dopo aver forzato le vie d’accesso e neutralizzato i dispositivi antifurto. La refurtiva veniva poi caricata su autocarri e trasportata in depositi in attesa di essere venduta ai ricettatori.