Riscatto della laurea: i chiarimenti dei Consulenti del Lavoro


Punti di forza e convenienza dell’attuale ordinamento previdenziale analizzati dalla Fondazione Studi

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Il Coordinamento #RiscattaLaurea spinge per la liberalizzazione

ROMA – Nelle ultime settimane è tornato al centro del dibattito politico e non solo il tema del riscatto della laurea, con l’ipotesi di una “liberalizzazione” viste le difficoltà di maturare assegni pensionistici da parte delle nuove generazioni.

Nel nostro ordinamento previdenziale, come riporta un’analisi della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, il riscatto della laurea è disciplinato in particolare da due articoli del D.lgs. 184/1997, emanato nella cornice delle disposizioni attuative della riforma pensionistica del governo Dini del 1995 e completato a seguito della Legge 247/2007.

La norma del 1997 riordina le disposizioni “sparse” contenute nei diversi provvedimenti che si erano succeduti con la L. 153/1969 e il d.l. 30/1974. In particolare, la prassi regolatoria emanata dall’Istituto è da individuare nelle Circolari n. 162/1997, n.82/2004 e n.29/2008.

Chi può riscattare il corso di laurea?

All’interno del sistema pensionistico INPS, il soggetto che può esercitare il riscatto della laurea, nelle modalità disciplinate dalla norma entrata in vigore il 12 luglio 1997, è da individuarsi nei lavoratori dipendenti iscritti all’assicurazione generale obbligatoria (il Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti), ai fondi esclusivi e sostitutivi (come la Gestione ex INPDAP confluita in INPS dal 2012), alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (Artigiani e Commercianti) e alla Gestione separata di cui al comma 26 dell’ art. 2 della Legge 335/1995.

Sulla scorta dei principi generali e della giurisprudenza consolidata sul tema (si segnala la sentenza della Corte di Cassazione sez. Civile n. 18238 del 13 giugno/21 dicembre 2002) per potere riscattare il periodo di studi in una delle suddette gestioni, lo stesso dovrà collocarsi cronologicamente dopo l’istituzione della gestione in esame, il 1959 nel caso della gestione Artigiani ad esempio.

Per la più giovane delle Gestioni INPS, ovvero la Gestione Separata, come chiarito dall’Istituto con Circolare n. 82/2004, al punto 3.1, il riscatto sarà richiedibile solo per periodi di studio collocati successivamente al 31 marzo 1996. Il riscatto potrà essere richiesto anche da soggetti già titolari di pensione.

Dall’1 gennaio 2008, il riscatto del periodo di laurea può essere richiesto anche da soggetti inoccupati (L. 247/2007, art. 1 c. 77) attraverso il pagamento di un onere stabilito forfettariamente sulla base del minimale di reddito previsto nella Gestione Commercianti nell’anno di richiesta del riscatto.

I requisiti per poter accedere al riscatto sono i seguenti:

  • l’interessato deve avere conseguito il proprio titolo di studio al momento della domanda;
  • i periodi oggetto di riscatto non devono risultare già coperti da contribuzione sia presso il Fondo cui è diretta la domanda stessa sia presso altri regimi previdenziali, fatta eccezione esclusivamente per le Casse Professionali.

Cosa si può riscattare?

Sono oggetto di riscatto ex art. 2 D.lgs. 184/1997 gli anni della sola durata legale del corso di studi di laurea. Nel caso di una laurea triennale in Economia, ad esempio, se il soggetto richiedente ha impiegato 4 anni a conseguire il titolo di studio, solo i primi tre anni saranno riscattabili.

Il periodo riscattabile sarà considerato sempre al netto di eventuali periodi contemporanei già coperti di contribuzione (es. lavoro part-time contestuale alla laurea o contemporaneo al servizio militare). Chi richiede il riscatto potrà frazionare il periodo, riscattandone anche solo una parte, pagando un onere riproporzionato rispetto alle effettive settimane contributive riscattate.

I titoli ammessi a riscatto, a condizione che siano stati conseguiti dal richiedente, sono quelli individuati dalla L. 341/1990 (includendo i corsi disciplinati dai Decreti del MIUR 503/1999 e 270/2004):

 Laurea a ciclo unico, vecchio ordinamento (es. 4 anni Laurea in Giurisprudenza);

 Laurea triennale;

 Laurea Specialista o Magistrale (2 anni);

 Laurea Magistrale a Ciclo Unico (es. 5 anni LMCU in Giurisprudenza);

 Diploma di Specializzazione per Studenti Laureati (es. Scuole di Specializzazione Medica);

 Diploma accademico di primo, secondo livello e specializzazione; diploma accademico di formazione alla ricerca;

 Titoli di Alta Formazione Artistica e Musicale (es. Accademia di Belle Arti; cf. Messaggio INPS n. 15662/2010);

 Dottorato di Ricerca (solo se non coperti da Contribuzione, cf. D.M. del MIUR 11.9.1998).

Non sono inclusi nell’elenco i Master Universitari. Possono essere riscattati anche due o più corsi di studi, sostenendo i relativi oneri, purché i periodi oggetto di riscatto non siano coperti da contribuzione obbligatoria. Per i titoli universitari conseguiti all’estero, il Messaggio INPS n. 6208/2014 ha descritto il procedimento amministrativo di riconoscimento degli stessi in sinergia con il MIUR, alla luce dei principi dettati dalla Convenzione di Lisbona e dei D.P.R. 394/1999 e 189/2009. Grazie alla L. 208/2015 il riscatto del corso di laurea è completamente compatibile con quello del periodo di congedo parentale fruito al di fuori del rapporto di lavoro (sul tema cf. Circolare INPS n. 44/2016).

Riscatto della laurea: il sistema di calcolo

I criteri di calcolo del riscatto della laurea sono determinati dall’art. 2 del D.lgs. 184/1997 e propri di tutti i riscatti il cui onere rimanda alla norma di carattere generale (L. 1338/1962, art. 13, cd. riserva matematica).

Il criterio di calcolo attualmente adottato per i riscatti di laurea è strettamente legato al metodo di calcolo pensionistico del richiedente (Sistema Retributivo o Contributivo), secondo i seguenti criteri:

  • collocazione cronologica del periodo di studi riscattato (prima o dopo il 31.12.1995 e prima o dopo il 31.12.2011);
  • sistema di calcolo applicabile al periodo tenendo conto dell’anzianità contributiva maturata al 31.12.1995.

L’onere sarà calcolato con la riserva matematica se il periodo riscattato è valutato con metodo di calcolo retributivo:

  • Periodi ante 1.1.1996;
  • Periodi ante 1.1.2012 se il richiedente matura 18 anni di contribuzione al 31.12.1995 includendo gli stessi anni oggetto di riscatto.

L’onere sarà calcolato con sistema a percentuale se il periodo riscattato è valutato con metodo di calcolo contributivo:

  • Periodi post 31.12.1995 se il richiedente non matura 18 anni di contribuzione al 31.12.1995 includendo gli stessi anni oggetto di riscatto;
  • Periodi post 31.12.2011 se il richiedente matura 18 anni di contribuzione al 31.12.1995 includendo gli stessi anni oggetto di riscatto.

Il calcolo con riserva matematica

Sarà necessario calcolare due distinte pensioni: una pari alla pensione maturata al momento della richiesta di riscatto senza considerare il riscatto e una comprensiva del beneficio derivante dal riscatto stesso.

Nel caso di un lavoratore dipendente con sistema retributivo che riscatti 4 anni (1980-1983), la nuova pensione terrà conto del beneficio corrispondente all’aumento delle settimane in quota A (Metodo retributivo calcolato sulla media rivalutata degli ultimi 5 anni di contribuzione prima del pensionamento).

L’onere dovrà essere calcolato estraendo il ‘beneficio pensionistico’ pari a: Bp = P2 -P1 = Pensione annua con riscatto – Pensione annua senza riscatto = Incremento pensionistico generato dal riscatto (Beneficio).

Ai fini del calcolo del beneficio pensionistico connesso al riscatto, si applicheranno i criteri vigenti nel Fondo in cui si richiede il riscatto del periodo di laurea. Trovato il beneficio pensionistico, questo sarà moltiplicato per un coefficiente attuariale legato all’età, sesso e allo stato del richiedente, al momento stabilito con il Decreto del Ministero del Lavoro 31 agosto 2007 per la generalità dei lavoratori dipendenti; il coefficiente sarà più elevato (e di conseguenza l’onere) tanto più giovane sarà il richiedente al momento della richiesta del riscatto della laurea, in quanto il coefficiente ‘sintetizza’ l’aspettativa di vita connessa al godimento della pensione.

Onere di riscatto (Riserva Matematica) = Coefficiente Att. * Bp = Coefficiente attuariale per Quota annua di Beneficio Pensionistico Lordo

Beneficio Pensionistico = 1.200 euro lordi mese = 15.600 euro lordi annui

Coefficiente Attuariale spettante per un uomo 63enne pensionato = 16,68

Onere spettante: 260.200 euro

Il calcolo con Sistema a percentuale

In questo caso il calcolo consisterà nell’applicazione dell’aliquota contributiva in vigore al momento di richiesta di riscatto dovuta per la contribuzione IVS Obbligatoria nella Gestione in cui sarà operato il riscatto sull’imponibile previdenziale delle ultime 52 settimane anteriori al riscatto.

  • Calcolo ultimi 12 mesi di contribuzione obbligatoria (retribuzione imponibile previdenziale);
  • Applicazione aliquota vigente (33% per Assicurazione Generale Obbligatoria con 1% addizionale oltre i 46.123 euro lordi annui;
  • Adeguamento per il numero di settimane/mesi/anni oggetto di riscatto. Es. Ultima retribuzione imponibile 40.000 euro (52 settimane prima della richiesta);

Aliquota vigente IVS in AGO = 33%; Corso di laurea quadriennale in Giurisprudenza (1996-1999); Costo onere annuale: 13.200 euro; Costo onere complessivo (4 anni): 52.800 euro.

Il calcolo dell’onere di riscatto della laurea per gli inoccupati

La L. 247/2007 (art. 1 c. 77) ha introdotto la facoltà di riscatto per gli inoccupati, intendendo per tali tutti i soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano iniziato l’attività lavorativa, incluse attività lavorative prestate presso Stati esteri.

Il richiedente dovrà assumere su di sé la responsabilità della veridicità dello status di inoccupato, inoltrando apposita auto-dichiarazione ai sensi del DPR n. 445/2000. L’iscrizione alla Gestione separata (collegata allo svolgimento di lavoro effettivo, come specificato dal Messaggio INPS n. 5529/2009) comporta dunque l’esclusione di tale facoltà. Lo status di inoccupato deve comunque sussistere al momento della domanda, restando accessibile la possibilità di avviare una attività lavorativa con relativa copertura contributiva successivamente alla domanda, ma mantenendo il calcolo speciale per inoccupati.

Il calcolo è su base percentuale e prende in considerazione il minimale reddituale vigente nella Gestione Commercianti per l’anno della domanda di riscatto. Nel 2017 tale minimale è pari ad euro 15.548 (Circolare INPS n. 22/2017 punto 1); su questa base si applica la percentuale vigente di contribuzione per i lavoratori dipendenti (33%). Per ogni anno di laurea riscattato, l’onere sarà quindi pari ad euro 5130,84. Si anticipa che per gli inoccupati che procedono al riscatto di periodi ante 1996, l’operazione di riscatto laurea non genera la conseguenza della disapplicazione del massimale di reddito pari ad euro 100.324 per il 2017 (come specificato dalla Circolare INPS n. 42/2009).

Riscatto della laurea: pro e contro

Le valutazioni da effettuare per la convenienza del riscatto di laurea sono molteplici. Da un punto di vista strettamente finanziario, vanno presi in considerazione almeno due elementi. Il primo è che, dal 2008, è attiva la possibilità di sostenere in modo rateale l’onere di riscatto di laurea, in un massimo di 120 rate mensili distribuite in un totale di 10 anni senza alcun aggravio di interessi. L’onere può anche essere sostenuto solo parzialmente (ad esempio riscattando solo 2 di 4 anni di corso di laurea) e il pagamento può avvenire in unica soluzione o con un piano rateale.

Se tuttavia il richiedente necessita del relativo accredito contributivo per potere accedere alla pensione (es. assicurato dipendente del settore privato di sesso maschile con 40 anni e 10 mesi di contributi al 2017, che intende accedere al pensionamento anticipato e riscatta entro il 31.12.2018 2 anni del proprio percorso di studi), l’onere andrà interamente sostenuto prima della decorrenza della pensione.

In merito al costo effettivamente sostenuto, il secondo elemento riguarda il regime fiscale applicabile all’onere sostenuto dal richiedente. La spesa sostenuta per il riscatto della laurea costituisce infatti un onere fiscalmente deducibile ai sensi dell’art. 10 c. 1 lett. e del T.U.I.R., indicabile nel rigo E21 del Mod. 730.

Dal momento che la deducibilità segue il principio di cassa, l’imposta lorda sarà abbattuta della quota di riscatto (se rateizzato) versata all’ente previdenziale nell’anno di imposta oggetto della dichiarazione. La valutazione della convenienza fiscale si legherà, quindi, anche alla previsione reddituale dell’assicurato, sia nella scelta del numero di anni in cui spalmare l’importo rateale sia nella previsione di anni con “picchi di reddito”, a condizione che questo sia abbattibile dall’onere.

Nel caso, per esempio, di un anno d’imposta in cui si percepisca un elevato importo di incentivo all’esodo, essendo tale cifra soggetta a tassazione separata (art. 17 c. 1 lett. a T.U.I.R.), l’onere non potrà abbattere tale imponibile. I redditi che potranno essere invece abbattuti sono, ad esempio, quelli da lavoro dipendente, assimilato o da pensione (sempre in relazione all’anno d’imposta in cui si sostiene il pagamento dell’onere).

Va specificato che nel caso di riscatto degli anni di laurea versato a favore di un familiare fiscalmente a carico, che non abbia ancora iniziato l’attività lavorativa ancora non iscritto a una forma obbligatoria di previdenza, il familiare che sostiene materialmente l’onere potrà usufruire della detrazione fiscale pari al 19% sulla propria imposta lorda (Quadro E, Righi 8-10 codice 32 mod. 730).

Disapplicazione del massimale ex art. 2 L. 335/1995

Fra i fattori da tenere in considerazione nell’opportunità o meno di procedere a un riscatto della laurea vi è sicuramente da enumerare l’eventuale disapplicazione del massimale reddituale dei cd. “nuovi iscritti”. In particolare, nel caso in cui anche solo una parte del periodo oggetto di riscatto di laurea si collochi in un periodo cronologico anteriore all’1.1.1996, il riscatto produrrà effetti significativi in riferimento all’applicazione del massimale annuo statuito dall’art. 2 c. 18 della L. 335/1995.

Dal mese successivo a quello della presentazione della domanda di riscatto della laurea, infatti, come stabilito dalla Circolare INPS n. 42/2009 punto 1, il datore di lavoro non dovrà ulteriormente applicare il massimale contributivo pari, per il 2017, a 100.324 euro.

L’onere di tale comunicazione è a carico dello stesso cittadino assicurato che richieda il riscatto, il quale fornirà copia della domanda o della sua accettazione al datore di lavoro tempestivamente.

Nel caso di tardiva comunicazione, la nota 2 della Circolare citata dispone che “la sistemazione della posizione contributiva del lavoratore sarà effettuata nel mese successivo a quello in cui è avvenuta la comunicazione”.

In ogni caso la disapplicazione del massimale è efficace esclusivamente ex nunc rispetto alla domanda del riscatto della laurea e mai retroattivamente per i periodi pregressi. La disapplicazione del massimale impatterà evidentemente solo su dipendenti con elevati tenori salariali e comporterà tre conseguenze:

  1. un aumento del costo del lavoro aziendale (pagamento della contribuzione a carico del datore di lavoro sopra i 100.324 euro lordi annui, con aliquote normalmente comprese fra il 24% e il 30%);
  2. un aumento delle trattenute previdenziali con corrispondente diminuzione del netto in busta paga (pagamento della contribuzione a carico del lavoratore sopra i 100.324 euro lordi annui pari di norma al 9,19% con applicazione dell’1% aggiuntivo oltre i 46.123 euro);
  3. un aumento dell’assegno di pensione conseguente alla maggiore contribuzione versata (di cui la maggior parte dell’onere è evidentemente a carico del datore di lavoro).

Nel caso del riscatto dei soli soggetti inoccupati, la disapplicazione del massimale contributivo non opererà anche se il periodo oggetto di riscatto si situi cronologicamente prima del 1996, come chiarito dalla Circolare n. 42/2009, al punto 1.

Passaggio al metodo di calcolo retributivo “puro” per effetto del riscatto

Il riscatto del corso di laurea potrà anche comportare il passaggio, nella posizione contributiva del soggetto richiedente, al metodo di calcolo pensionistico retributivo.

Infatti, attraverso l’accredito dei contributi corrispondenti alla durata legale del corso di studi, sarà possibile per l’assicurato maturare l’anzianità minima di 18 anni di contributi al 31.12.1995 che comporterà l’applicazione del metodo retributivo fino al 2011 incluso.

Va però notato come l’applicazione integrale del metodo retributivo non produce necessariamente un aumento dell’assegno pensionistico lordo, specialmente in presenza di soggetti con elevati tenori retributivi costanti per lunghi periodi cronologici.

In molteplici ipotesi, infatti, il metodo misto (con quota retributiva fino al 1995 e contributiva dal 1996 in avanti) costituisce il metodo più vantaggioso, sfruttando la media di retribuzioni elevate nella quota retributiva (corrispondente di norma ai periodi a più basso tenore contributivo, viste le retribuzioni di inizio carriera lavorativa) e creando un ingente montante contributivo negli ultimi decenni precedenti al pensionamento.

In questo complesso panorama, che andrà valutato con una pianificazione previdenziale analitica, andrà infine considerato anche l’intervento del c. 707 art. 1 della L. 190/2014 che, solo per gli assicurati cui si applica il metodo retributivo “puro” (dunque con almeno 18 anni di contributi al 1995), impianta un doppio calcolo per le quote pensionistiche maturate dal 2012, confrontando i due metodi di calcolo e mettendo in pagamento quello meno vantaggioso.

Il passaggio al metodo retributivo, comportando l’applicazione del suddetto comma 707, potrà dunque determinare un abbassamento dell’assegno per effetto della sostituzione del metodo contributivo dal 2012 in avanti, con un sistema retributivo “purissimo” spesso penalizzante.

Il riscatto della laurea alla luce del cumulo ex L. 228/2012 art. 1 c. 239 post L. 232/2016

Alla luce di quanto introdotto dalla Legge di stabilità 2017 nell’ambito del cd. cumulo contributivo, l’operazione di riscatto del corso legale di laurea andrà considerata anche con la possibilità di applicare questo nuovo metodo di dialogo delle gestioni contributive.

Infatti, per effetto delle novelle introdotte dalla L. 232/2016 allo strumento del cumulo previsto dalla L. 228/2012, la pensione di vecchiaia e quella anticipata potranno essere raggiunte cumulando tutte le 10 anzianità contributive (cronologicamente non coincidenti) maturate presso qualsiasi Gestione INPS (Dipendenti Privati, Pubblici Dipendenti, Artigiani e Commercianti, iscritti alla Gestione Separata o a fondi esclusivi o esonerativi dell’A.G.O.), ma anche presso le casse professionali per iscritti ad albo ordinistico.

La pensione risultante sarà liquidata con metodo di calcolo pro quota per ogni gestione e/o cassa coinvolta. L’applicazione pratica più immediata nei casi qui in esame potrà consistere nella valutazione di riscattare il periodo di laurea (compatibilmente con la data di istituzione della Gestione INPS o cassa coinvolta) non necessariamente nell’ultima gestione dove si trovi ad avere versato contributi (si pensi a un Dirigente con abilitazione all’ordine degli Ingegneri a fine carriera, con importi di riscatto molto alti nel Fondo pensione dei lavoratori dipendenti, ma con la possibilità di riscattare anche presso INARCASSA). Anche in questo caso, la valutazione andrà effettuata caso per caso, misurando il vantaggio in termini di quantum dell’assegno pensionistico, di spesa di riscatto e di anticipo pensionistico rispetto alla data prevista per la pensione di vecchiaia.

Il Movimento #Riscattalaurea

Negli ultimi mesi un movimento studentesco che ha coinvolto l’opinione pubblica e i social network ha presentato informalmente la richiesta di istituire un riscatto gratuito del corso di laurea, dietro l’hashtag comune #Riscattalaurea.

L’onorevole Baretta, sottosegretario all’Economia, ha raccolto questa richiesta, chiedendo ufficialmente all’ INPS di quantificare l’onere di tale operazione per la finanza pubblica.

Il punto entra così tra le ipotesi riformiste della nostra previdenza che dovrebbe vedere la luce con la prossima Legge di stabilità (insieme a eventuali proroghe dell’Ape, a una pensione minima per gli iscritti alla Gestione Separata e a nuovi benefici per le lavoratrici madri). La misura è dunque al vaglio di un primo test, di quadratura del bilancio pubblico.

Le prime ipotesi si riferiscono a un riscatto gratuito per i nati fra il 1980 e il 2000 e per coloro oggi iscritti ad un corso di studi universitari. Rispetto ad una estensione indiscriminata del riscatto, che potrebbe essere reso gratuito rispetto a quello oneroso sostenuto dalla platea dei laureati nati o immatricolati a partire da un termine temporale che andrà stabilito dalla norma, è contestualmente sorta la proposta di garantire il riscatto gratuito solo a chi perfeziona il conseguimento del titolo di studio negli anni previsti dal piano di studi e/o con un buon punteggio di laurea.

Uno degli elementi di maggiore criticità è stato indicato nella mancanza di retroattività della proposta di riscatto gratuito, penalizzando una vasta fetta di lavoratori già laureati al momento dell’eventuale approvazione della norma auspicata da molti millennials.

Nella valutazione complessiva di questa proposta, che ha trovato anche molti oppositori, un ruolo cruciale sarà definito da una proposta ben delimitata per quanto riguarda la platea dei beneficiari e le caratteristiche stesse del riscatto.

In particolare, per evitare che si possa parlare di una discriminazione generazionale, sarà fondamentale legare al merito la gratuità del riscatto e, per evitare di generare eccessivi squilibri, diversificare il riscatto oneroso (come sopra analizzato, attualmente disciplinato dal D.lgs. 184/1997) e un eventuale accredito figurativo degli anni di laurea, che potrebbe – a titolo di esempio – valere solo al diritto e non al calcolo pensionistico, incidendo di meno sulla finanza pubblica.

In questo senso è opportuno iniziare a considerare dei “correttivi strutturali” rispetto all’adeguamento alla speranza di vita che, per effetto del D.l. 78/2010, porta la decorrenza della pensione – sia di vecchiaia sia di anzianità contributiva – sempre più in là, col rischio concreto di scollare definitivamente la permanenza effettiva al proprio posto di lavoro dalla decorrenza del pensionamento.