Il silenzio dei luoghi dimenticati a Savuci di Catanzaro


Due anime giovani creano vita nel Borgo Savuci. Dove solo la natura incontaminata diventa ribelle

Ci sono posti come Savuci che vorremmo vivere come Adamo ed Eva. Primitivi proprio come la ricerca del nostro “io” fuori dal tempo, questo di oggi giorno, con vere emozioni e pace, con amore e passione. Peraltro, ci sono degli angoli che attraggono per la loro particolare seduzione, un fascino che nasconde sospiri emozionali.

Nel borgo fantasma, di Savuci in provincia di Catanzaro vicino al fiume Alli, due anime sognatrici respirano aria d’altri tempi. Rapite da un’agricoltura sottomessa e fiorente grazie al microclima che soggiace. Sono giovani che vogliono riappropriarsi di quel tempo ricco di emozioni. Non è poco con quello che hanno raccolto. Sono Rosa e Francesco, vivono liberamente in una casa in dotazione dal comune, dietro un bando. Liberi senza impedimenti, senza sofisticati servizi. Solo la corrente elettrica.

È uno dei tanti luoghi che ha vissuto nel silenzio dopo un disastro ambientale, passando poi nel dimenticatoio, dove la politica ci entra sempre e ha pesanti responsabilità. Savuci è alle porte della presila catanzarese, una strada provinciale ancora in uso che porta a Cosenza e il borgo sottano, saturo di macchia mediterranea incorrotta.

Negli ultimi periodi Savuci ha avuto frane tanto da chiedere al primo cittadino la chiusura di mezzo paese per l’inagibilità. Tanti anni chiuso giusto per metà. Fino a quando un giovane di Catanzaro, dopo esperienze del genere, e pochi successi decise di chiedere al sindaco il permesso di abitarla. Il primo cittadino intanto aveva in cantiere la ristrutturazione di parecchie case che risalgono 16° secolo. Ma poi i soldi finirono e solo poche case riuscirono ad essere completate. Questo però non frenò l’entusiasmo di Francesco pioniere di questa, chiamiamola avventura, che coinvolgendo un nutrito gruppo di persone riuscì ad avere assegnata una casa insieme a loro. Solo lui insieme alla sua compagna ci abita in pianta stabile, gli altri ogni fine settimana in un full immersion nel posto più green che il padreterno abbia potuto creare.

L’aria, il profumo di quelle erbe selvagge che vivono nel contesto savuciano raccolgono una parte di vita agreste ormai scomparsa. La macchia mediterranea rimasta intatta riflette un vissuto che parte da uno spazio temporale in cui tutto si è fermato. Qui l’uomo per fortuna non ha fatto danni importanti, solo sputi di cemento buttati come chiazze catarrose qua e là invadendo quello che c’è più bello tra i muri che parlano ancora di un tempo passato. Viverci, nel Borgo Savuci sarebbe riprendersi la gioia di ritornare tra madre natura e sorella vita.

Ada cosco