Rifiuti, mala depurazione e reati ambientali: il nostro mare soffre


Bilancio finale di Goletta Verde di Legambiente: su 260 campioni di acqua analizzati, il 40% è risultato con cariche batteriche elevate

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Un tratto del lungomare Marconi a Torre Annunziata, tra le aree analizzate da Legambiente

ROMA – Il Mare Mediterraneo non gode di ottima salute: mala depurazione, rifiuti galleggianti, ma anche i cambiamenti climatici e illegalità ambientali minacciano sempre di più il Mare Nostrum oggi in forte sofferenza. È quanto denuncia Goletta di Verde 2017 di Legambiente che, nel bilancio finale del suo viaggio lungo i 7.412 chilometri di costa, ci restituisce un quadro poco rassicurante: su 260 punti campionati lungo tutta la costa italiana, sono 105 – pari al 40% – i campioni di acqua analizzata risultati inquinati con cariche batteriche al di sopra dei limiti di legge. Si tratta di un inquinamento legato alla presenza di scarichi fognari non depurati. Preoccupa anche il perdurare di alcune situazioni critiche, già registrate nelle precedenti edizioni, con ben 38 malati cronici contro i quali Goletta Verde punta il dito: si tratta di quei punti che sono risultati inquinati mediamente negli ultimi 5 anni e che si concentrano soprattutto nel Lazio (8), in Calabria (7), in Campania e Sicilia (5).

Di fronte a questa situazione e dopo i tanti appelli inascoltati e lanciati alle amministrazioni e agli enti competenti per verificare le cause dell’inquinamento, Legambiente ha presentato alle Capitanerie di Porto 11 esposti, uno per ogni regione in cui sono presenti i malati cronici di inquinamento, sulla base della legge sugli ecoreati che ha introdotto i delitti ambientali nel codice penale, tra cui il reato di inquinamento ambientale (art. 452bis cp). Un’azione, quella di Legambiente pensata per chiedere alle Autorità competenti di intervenire per fermare i numerosi scarichi inquinanti che purtroppo ancora oggi, si riversano in mare, soprattutto nella stagione estiva, e che costituiscono una minaccia per il mare, la salute dei bagnanti e la biodiversità.

“Il mare italiano continua a soffrire per la presenza di numerosi scarichi non depurati che continuano a riversarsi in mare – dichiara Giorgio Zampetti, responsabile Scientifico di Legambiente – e anche quest’anno i dati di Goletta Verde confermano nuovamente la gravità della situazione, segnata anche dal problema dei rifiuti galleggianti e spiaggiati e delle continue illegalità ambientali che sfregiano coste e territori italiani”.

“Per questo abbiamo deciso di consegnare, in chiusura della campagna 11 esposti, per 38 situazioni particolarmente critiche, alla Capitaneria di Porto – Guardia Costiera, che tra le tante competenze ha anche il monitoraggio e verifica sugli scarichi in mare provenienti da terra. Con la finalità di mettere in atto controlli su tutta il corso d’acqua, il fosso o il canale segnalato, per individuare gli inquinatori e le ragioni dell’inquinamento che, come spesso accade, possono risiedere anche nei comuni dell’entroterra e non necessariamente in quelli costieri, che invece si trovano a subirne maggiormente gli effetti negativi” aggiunge. La denuncia di Legambiente fa leva sulla legge 68/2015, che inserisce i reati ambientali nel codice penale e che, in questi due anni di applicazione ha già consentito di sequestrare depuratori malfunzionanti, fermare l’inquinamento causato da attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, intervenire su situazioni di inquinamento pregresso o per fermare attività illegali di vario genere.

I risultati dei campionamenti

I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli) e i tecnici di Goletta Verde hanno considerato come inquinati i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e fortemente inquinati quelli che superano di più del doppio tali valori. Dei 105 campioni di acqua risultati con cariche batteriche elevate, ben 86 (ovvero l’82%) registrano un giudizio di fortemente inquinato.

L’87% dei punti inquinati e fortemente inquinati sono stati prelevati alle foci di fiumi, torrenti, canali, fiumare, fossi o nei pressi di scarichi che si confermano i nemici numero uno del nostro mare. Mentre il 13% sono stati prelevati presso spiagge affollate di turisti. La situazione migliore anche quest’anno in Sardegna, che si distingue con sole 5 situazioni critiche rilevate in corrispondenza di foci di fiumi, fossi e canali. A seguire anche la Puglia registra un buon risultato, confermando la performance dello scorso anno. In alto Adriatico, complice anche la forte siccità che ha colpito queste regioni, riducendo molto le portate di fiumi, fossi e canali che si riversano in mare, le situazioni migliori si riscontrano in Emilia Romagna e Veneto. Critiche per quanto riguarda la presenza di diversi scarichi non depurati che finiscono in mare, prevalentemente attraverso fiumi, fossi, canali e tubature, le situazioni registrate in Abruzzo, Sicilia, Campania e Lazio.

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La situazione più critica in quattro regioni

Al mare poca informazione ai cittadini

Non va meglio sul fronte dell’informazione ai cittadini, sui divieti di balneazione e la cartellonistica informativa che dovrebbe essere presente nella spiagge balneabili, obbligatoria a carico dei Comuni costieri da anni. “I cittadini – spiega Serena Carpentieri, responsabile campagne di Legambiente – continuano a navigare in un mare di disinformazione. Così come in buona parte d’Italia, stenta ancora a decollare un sistema davvero integrato tra i vari enti preposti per fornire informazioni chiare”. I tecnici di Goletta Verde hanno avvistato solo 16 di questi cartelli informativi, presenti solo nel 9% dei punti. Per quel che riguarda invece i cartelli di divieto di balneazione, dei 91 punti vietati alla balneazione dalle autorità competenti, solo 23 presentano un cartello di divieto di balneazione. Nel 10% dei casi dove i cartelli di divieto sono assenti, troviamo una presenza media o alta di persone che, ignare, fanno il bagno.

Italia in ritardo sulla depurazione

Nonostante siano passati 11 anni dalle scadenze previste dalla direttiva europea sulla depurazione, 26 dalla sua approvazione, l’Italia, infatti, è ancora in fortissimo ritardo. Il portale “Urban Waste Water Treatment Directive (UWWTD) site for Europe” riporta dati e statistiche disarmanti. Al 2014 in Italia solo il 41% del carico generato subisce un trattamento conforme alla direttiva, rispetto ad una media europea del 69%: su 28 paesi l’Italia è al 23esimo posto. Gli scarichi relativi a 577 mila abitanti equivalenti inoltre non subiscono alcun trattamento depurativo. Se poi andiamo a vedere il dato relativo ai depuratori, degli impianti di trattamento risulta conforme poco più della metà a livello nazionale, ovvero il 54%.

Sul nostro Paese, inoltre, pesano già due condanne e una terza procedura d’infrazione, che coinvolgono 866 agglomerati, di cui il 60% in sole tre regioni, Sicilia, Calabria e Campania. Oltre i costi ambientali, ci sono quelli economici a carico della collettività A causa delle condanne e dei ritardi che si continuano a registrare ancora oggi la sanzione è scattata dal 1 gennaio 2017 e dobbiamo pagare all’Europa 62,7 milioni di euro una tantum a cui si aggiungono 347 mila euro per ogni giorno sino a che non saranno sanate le irregolarità.

La sanzione accompagna il secondo deferimento alla Corte di giustizia che è necessario per garantire il raggiungimento degli obiettivi imposti dalla direttiva vista “l’estrema lentezza dei progressi compiuti e la ripetuta inosservanza dei termini preventivamente annunciati” come riporta la stessa Commissione in una nota dei mesi scorsi. A questi ritardi strutturali si aggiungono poi i tanti scarichi illegali che ancora oggi si riversano nei fiumi, fossi, canali e a volte direttamente in mare. L’insufficiente depurazione e gli scarichi inquinanti, secondo i dati del rapporto Mare Monstrum di Legambiente, restano il reato più contestato e in crescita rispetto all’anno precedente, e da sole rappresentano il 31,7% (contro il 24,6% del 2015) delle infrazioni.

Gli altri “nemici” del mare

Oltre alla mala depurazione, tra gli altri nemici del mare ci sono il marine litter e i cambiamento climatici. Il Mediterraneo è uno dei mari più minacciati dal marine litter, i rifiuti che galleggiano in mare e quelli spiaggiati, frutto della cattiva gestione a monte, dell’abbandono consapevole e della cattiva depurazione.

Nel 18% dei punti monitorati dai tecnici di Goletta Verde è stata riscontrata la presenza di rifiuti da mancata depurazione: assorbenti, blister, salviette ma, soprattutto, di cotton fioc. In 46 spiagge monitorate da Legambiente sono stati trovati quasi 7.000, frutto della cattiva abitudine di buttarli nel wc e dell’insufficienza depurativa. Non è un caso che quest’anno a bordo di Goletta Verde ha viaggiato anche la campagna #NoRifiutinelWc. (www.norifiutinelwc.it). Ma a preoccupare è anche la mole dei rifiuti galleggianti che sono solo la punta dell’iceberg rispetto a quelli che giacciono sui fondali.

Dall’ultima indagine condotta a bordo di Goletta Verde (2016) con 80 ore di osservazione diretta e 950 km monitorati, è emerso che il 96% dei rifiuti galleggianti è plastica. Una densità pari a 58 rifiuti per ogni Km2 di mare con punte di 62 nel Mar Tirreno. Goletta Verde ha trovato buste (16,2%), teli (9,6%), reti e lenze (3,6%), frammenti di polistirolo (3,1%), bottiglie (2,5%). (Approfondimento su www.legambiente.it/marinelitter).

L’impatto dei cambiamenti climatici

E per finire c’è la questione dei cambiamenti climatici e l’aumento delle temperature e della salinità del Mare Mediterraneo che hanno facilitato l’arrivo di specie aliene come pesci tossici, granchi tropicali, alghe infestanti. Ad oggi sono più di 800 quelle segnalate e di queste circa 600 vivrebbero ormai stabilmente nel Mare Nostrum. Un numero, quello dei ritrovamenti di specie alloctone nel Mediterraneo, che è triplicato dal 1980, mentre è raddoppiato negli altri mari. Il tema delle specie invasive è al centro del Life ASAP (Alien Species Awareness Program) il progetto cofinanziato dalla Commissione Europea di cui ISPRA è promotore insieme a Legambiente e altri autorevoli partner, e che si pone l’obiettivo di ridurre il tasso di introduzione di specie aliene invasive e mitigare i loro impatti, aumentando la consapevolezza della cittadinanza italiana.