Acquisto F35: per la Corte dei Conti non conviene tornare indietro


Uscire dal Programma, secondo la magistratura contabile, non porterebbe alcun risparmio

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I risparmi ottenuti dal Governo tagliando parte dell’acquisto dei velivoli sono già stati vanificati dai contratti persi

ROMA – Sul discusso acquisto degli F35 il Governo italiano non può tornare indietro, soprattutto perché non ci sarebbe alcun risparmio. È quanto emerge dalla Relazione speciale n. 15/2017, approvata nell’adunanza della Sezione centrale di controllo per gli Affari comunitari ed internazionali del 2 agosto 2017.

Come sottolinea in una nota la Corte dei Conti “tale relazione costituisce l’esito di un’indagine sulla gestione della Partecipazione italiana al Programma Joint Strike Fighter – F35 Lightning II, realizzata dalla Sezione in coordinamento con l’Ufficio affari internazionali”.

L’analisi, condotta sull’intero sviluppo del programma, ha tenuto conto delle risultanze evidenziate in occasione delle annuali conferenze internazionali tra le Istituzioni superiori di controllo dei Paesi partecipanti al programma ed ha affrontato, non solamente l’andamento dell’impegno finanziario, ma anche l’impatto economico ed occupazionale del medesimo, con riferimento anche all’unità di assemblaggio e manutenzione nella base dell’Aeronautica Militare di Cameri.

“L’audit verrà presentato nella prossima conferenza annuale delle Istituzioni superiori di controllo.

La Corte dei conti si propone, anche mediante il confronto internazionale, di monitorare costantemente l’andamento del programma per verificare l’effettiva realizzazione degli obiettivi perseguiti” si legge ancora nella nota.

Il Programma degli F35

Come si legge anche nella relazione si tratta di velivoli dotati di capacità multiruolo e di caratteristiche tecniche di ultima generazione, quali: bassa osservabilità ai radar (tecnologia stealth); elevata integrazione dei sistemi e sensori di bordo (sensor fusion); elevate prestazioni di ricognizione e identificazione; precisione di ingaggio; capacità di raccogliere, elaborare e trasmettere in rete un alto numero di informazioni essenziali non solo per la sicurezza e il completamento delle missioni, ma anche per la superiorità informativa e la presa di decisione strategica (capacità net-centriche).

Oltre agli Stati Uniti, il programma coinvolge otto Paesi tra cui l’Italia, partner di secondo livello, con una partecipazione ai costi di sviluppo iniziale pari al 5%.

Aspetto non secondario perché come specifica la Corte dei Conti nella relazione “a ciascun livello di partecipazione corrisponde un diverso grado di influenza nella determinazione dei requisiti del velivolo e nella quantità di tecnologia trasferibile, nonché un diverso livello di opportunità aperte alle industrie nazionali in termini di subforniture. Va pertanto sottolineato in via preliminare che il JSF non è un programma fra Partner paritari, bensì un programma che ha per cliente principale le forze armate USA, ed i cui costi di sviluppo sono finanziati in misura superiore al 75% dal Governo statunitense”.

L’Italia ha previsto di acquisire due versioni del velivolo F35: quella convenzionale, che sarà impiegata dall’Aeronautica Militare; quella a decollo corto e atterraggio verticale, che sarà impiegata dall’Aeronautica militare e dalla Marina Militare, per aumentare la flessibilità di schieramento anche fuori area dello strumento militare, “land-based” su base austera/pista corta o “sea-based” a bordo della portaerei Cavour. L’acquisizione degli F35 è motivata dalla necessità di far fronte alla prevista radiazione di parte della flotta aerea militare, composta originariamente da circa 250 velivoli tra AM-X, Tornado e AV8B, ormai prossimi alla fine della vita operativa.

La Corte dei Conti, nella relazione, non entra nelle valutazioni di merito relative all’adeguatezza delle caratteristiche tecniche dell’F35 (capacità multi-ruolo, tecnologia stealth, capacità netcentriche) ed alla congruenza del numero di velivoli previsto (oggi passato a 90, dai 131 iniziali) rispetto alle effettive esigenze operative della difesa italiana.

La Corte dei Conti ha incentrato infatti l’analisi sul capitolo costi, e dopo la parziale marcia indietro del Governo per la sollevazione popolare tra il 2013 e il 2014, “il programma è stato riformulato in modo da diluire gli acquisti (e produrre pertanto un risparmio di spesa) nell’immediato, pur mantenendo la partecipazione nazionale globale al ciclo di vita del velivolo”.

Nonostante ciò, però, i costi resteranno invariati perché il Programma “presenta però la debolezza intrinseca di una visione di corto respiro, assicurando un risparmio soltanto temporaneo nell’immediato mentre resta impregiudicata la situazione futura”.

Finora “gli oneri finanziari complessivamente sostenuti fino a tutto il 2016 ammontano a 3,5 miliardi di euro, inclusi gli allestimenti dei siti nazionali e del sito industriale di Cameri”.

Nonostante “il programma oggi sia in ritardo di almeno cinque anni rispetto al requisito iniziale” tornare indietro, però, non è conveniente per l’Italia né tantomeno possibile.

“L’opzione di ridimensionare la partecipazione nazionale al programma, pur non soggetta di per sé a penali contrattuali, determina potenzialmente una serie di effetti negativi: la perdita degli investimenti sostenuti finora, compresi quelli afferenti a Cameri, ormai pressoché completati; la perdita delle opportunità collegate alla FACO (ancorché non si siano manifestate pienamente secondo le attese, poiché per il momento solo i velivoli olandesi vi saranno assemblati con certezza), nonché la perdita delle opportunità (già concretizzate e potenziali) collegate alla MRO&U” scrive la Corte dei Conti.

In altre parole, “la valutazione complessiva del progetto deve tener conto, proprio in termini squisitamente economici, della circostanza che l’esposizione fin qui realizzata in termini di risorse finanziarie, strumentali ed umane è fondamentalmente legata alla continuazione del progetto. Alla continuazione del medesimo corrispondono infatti non solo i costi fin qui affrontati ed i ritorni economici già realizzati ma soprattutto i costi in termini di perdite economiche ove avesse termine o si riducesse sostanzialmente la partecipazione al Programma. È stato, al riguardo già riscontrato come i “risparmi” teoricamente ottenuti dalla diminuzione della flotta (5,4 miliardi) si siano riverberati in concrete perdite contrattuali (3,1 miliardi) che già ne hanno dimezzato il potenziale effetto, oltre alla perdita di ritorni industriali legata all’essere scesi sotto la soglia dei 100 velivoli”.

Il Codacons: “Il progetto va fermato”

“Dall’analisi della Corte dei Conti sugli F35 emerge una mancanza di coraggio nel fermare un progetto dannoso per il Paese e per le casse dello Stato”. Lo afferma il Codacons, commentando quanto emerso dalla magistratura contabile in merito al programma sui nuovi aerei, che risulta in grave ritardo e con costi raddoppiati per il nostro Paese.

“L’analisi della Corte conferma le critiche sul programma F35 piovute da più parti e che portarono il Codacons ad impugnare i relativi provvedimenti al Tar del Lazio” spiega il presidente Carlo Rienzi .

“Pur rilevando le gravi criticità nell’acquisto dei nuovi aerei e i danni economici subiti dall’Italia, la Corte non ha tuttavia avuto il coraggio di imporre uno stop o un ridimensionamento di un progetto che oggi appare ancor più sbagliato e dannoso per la casse del nostro Paese, private di miliardi di euro che potevano essere utilizzati per ridurre le tasse agli italiani” conclude Rienzi.