Dal carcere di Alessandria, Furchi spera nel sistema giudiziario


Condannato all’ergastolo Francesco Furchi non perde le speranze nella giustizia italiana che possa ravvedersi con la separazione delle carriere dei magistrati, oltre che dietro le sbarre gridare alla sua innocenza.

Arriva direttamente dal carcere di Alessandria dal Polo Universitario San Michele il sostegno all’iniziativa popolare sulla separazione delle carriere dei Magistrati. Insomma, una riforma del sistema Ab Imis. E chissà perché il tema diventa sempre più ostico, una battaglia tra caste. A mandare il messaggio è Francesco Furchi, in carcere con l’accusa di omicidio del consigliere piemontese dell’UDC Alberto Musy freddato sotto casa a colpi di pistola, morto dopo mesi di agonia. Condannato all’ergastolo, in attesa di giudizio in Cassazione il 1 dicembre prossimo. Nei confronti di Furchì il pubblico ministero Roberto Furlan aveva chiesto la pena più severa, l’ergastolo con l’isolamento diurno. Forse nella storia dei processi penali, una decisione drastica così, fa un po’ discutere lasciando tanti dibattiti aperti, tra un concetto antimeridionalistico e una Corte poco propensa alla ricerca di prove provate. “Diffondo questo messaggio a voi tutti che oltre a non aver perso la speranza che questo paese possa riavere un sistema giudiziario degno del suoi passato e dell’appartenenza al mondo occidentale, avete la consapevolezza della mia vilipesa innocenza”, così apre la sua lettera Francesco Furchì.

Qualche numero che incide sulle casse dello Stato

Solo nel 2015 25 i casi di malagiustizia in Italia che segnano come la giustizia italiana dovrebbe prendere provvedimenti al fine di non cadere nel ridicolo a confronto anche della vicina giustizia anglosassone. Ma la cosa che ancor fa più scalpore che nessuno dei giudici ha pagato per i suoi errori. Gli innocenti nello scorso secolo finiti in galera sono 4 milioni, una situazione disastrosa, tutta italiana, I cittadini indennizzati per ingiusta privazione di libertà sono stati 23.008. Nel 2014 è stato censito un boom di pagamenti anche per quanto riguarda gli errori giudiziari per ingiusta condanna. “Dal 1992 al 2014 gli errori giudiziari sono costati allo Stato, dunque al contribuente italiano, 31 milioni 895mila 353 euro. Ma il ministero della Giustizia, aggiornando i dati, ha certificato che fino al luglio del 2015 il contribuente ha sborsato 32 milioni 611mila e 202 euro” ci racconta Luca Rocca nel suo editoriale sulla rivista on line Qelsi.

I numeri a livello distrettuale riferiti ai risarcimenti per ingiusta detenzione collocano al primo posto Catanzaro con 6 milioni 260mila euro andati a 146 persone. Seguono Napoli (143 domande liquidate pari a 4 milioni249mila euro), Palermo (4 milioni 477mila euro per 66 casi), e Roma (90 procedimenti per 3 milioni 201mila euro).

Ma da Nord a Sud l’attesa di una riforma che confermi “la legge è uguale per tutti” incontra dubbi e polemiche tra inesperti del diritto e saccenti di una riforma che non vedrà luce se non farlocchi meccanismi tra inquisitorio e accusatorio alla ricerca di verità.

Ada Cosco