Debiti della Pubblica amministrazione in calo: ora sono a quota 64 miliardi di euro


Risparmiati 4 miliardi nel 2016 secondo la Relazione di Bankitalia: il commento della CGIA

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Pubblica amministrazione lumaca per i pagamenti

ROMA – Secondo la Relazione annuale presentata quest’oggi dalla Banca d’Italia, lo stock di debiti commerciali contratto dalla nostra Pubblica amministrazione (Pa) nei confronti dei propri fornitori ammonta a 64 miliardi di euro. Il calo è di 4 miliardi rispetto al dato 2015.

Di questi 64, 30 sarebbero di natura fisiologica e gli altri 34 ascrivibili ai ritardi nei pagamenti. La CGIA, che da anni denuncia questa cattiva abitudine della nostra Pubblica amministrazione, spiega che “sebbene ci sia una leggera diminuzione della stima prudenziale effettuata dalla Banca d’Italia attraverso l’annuale indagine campionaria anche i ricercatori di via Nazionale tornano a sottolineare che nel confronto con gli altri Paesi europei l’Italia presenta tempi di pagamento mediamente più lunghi e un ammontare complessivo di debiti da onorare che non ha eguali”.

“Ma la cosa inaccettabile di tutta questa vicenda è che la nostra Pa, nonostante siano ormai trascorsi 2 anni dall’introduzione della fattura elettronica nelle transazioni commerciali tra quest’ultima e i fornitori, non conosca ancora adesso quanti soldi debba onorare ufficialmente ai propri fornitori” commenta il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo.

E per chi lavora con la Pubblica amministrazione le cose negli ultimi anni si sono fatte sempre più difficili. Dall’inizio del 2015, infatti, ha fatto il suo “debutto” lo split payment.

Questa novità obbliga le amministrazioni centrali dello Stato (e dal prossimo 1° Luglio anche le aziende pubbliche controllate dallo stesso) a trattenere l’Iva delle fatture ricevute e a versarla direttamente all’erario. L’obiettivo di questa misura è stato quello di contrastare l’evasione fiscale, ovvero, evitare che una volta incassata dal committente pubblico, l’azienda fornitrice non la versi al fisco.

Il meccanismo, sicuramente efficace nell’impedire che l’imprenditore disonesto non versi l’Iva all’erario, ha però provocato molti problemi finanziari a tutti coloro che con l’evasione, invece, nulla hanno a che fare. Vale a dire la quasi totalità delle imprese.

“La nostra Pubblica amministrazione – segnala il Segretario della CGIA, Renato Mason – non solo paga con un ritardo che non ha eguali nel resto d’Europa e quando lo fa non versa più l’Iva al proprio fornitore. Insomma, oltre al danno anche la beffa”.

“Pertanto, le imprese che lavorano per lo Stato, oltre a subire tempi di pagamento spesso irragionevoli, scontano anche il mancato incasso dell’Iva che, pur rappresentando una partita di giro, consentiva alle imprese di avere maggiore liquidità per fronteggiare i pagamenti di ogni giorno. Questa situazione, associandosi alla contrazione degli impieghi bancari nei confronti delle imprese in atto dal 2011, ha peggiorato la tenuta finanziaria di moltissime aziende, soprattutto quelle di piccola dimensione” aggiunge Mason.