WhatsApp multato da Antitrust: “Utenti indotti a condividere dati con Facebook”


Secondo l’Autorità il gruppo avrebbe persuaso i clienti ad accettare i nuovi Termini di Utilizzo della App

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Dopo il “down” di pochi giorni fa altra grana per la App di messaggistica

ROMA – Si chiude con una multa salata da 3 milioni di euro per WhatsApp una delle due istruttorie aperte dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, aperte nei mesi scorsi per presunte violazioni del Codice del Consumo.

“Nel primo procedimento, l’Autorità ha accertato, comminando a WhatsApp Inc. una sanzione di 3 milioni di euro, che la società ha, di fatto, indotto gli utenti di WhatsApp Messenger ad accettare integralmente i nuovi Termini di Utilizzo, in particolare la condivisione dei propri dati con Facebook, facendo loro credere che sarebbe stato, altrimenti, impossibile proseguire nell’uso dell’applicazione” spiega l’Autorità in una nota.

“Coloro che erano già utenti alla data della modifica dei Termini (25 agosto 2016) avevano, invece, la possibilità di accettarne “parzialmente” i contenuti, potendo decidere di non fornire l’assenso a condividere le informazioni del proprio account WhatsApp con Facebook e continuare, comunque, a utilizzare l’app” spiega ancora l’Antitrust.

“La condotta in esame è stata attuata attraverso una procedura in-app di accettazione dei nuovi Termini caratterizzata dall’informazione sulla necessità di tale accettazione, entro 30 giorni, a pena di dover interrompere la fruizione del servizio; l’inadeguata evidenziazione della possibilità di poter negare il consenso alla condivisione dei dati con Facebook, la pre-selezione dell’opzione (opt-in) e la difficoltà, infine, di poter esercitare concretamente tale opzione una volta accettati integralmente i termini” si legge ancora nella nota.

Come sottolinea ancora l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, “l’altro procedimento istruttorio, avviato, nei confronti di WhatsApp Inc., per presunta vessatorietà di alcune clausole del modello contrattuale sottoposto all’accettazione dei consumatori che vogliano usufruire dell’applicazione WhatsApp Messenger, si è concluso con l’accertamento della vessatorietà delle disposizioni” che prevedono:

  • esclusioni e limitazioni di responsabilità in capo a WhatsApp molto ampie e assolutamente generiche, inclusa quella che discende dal proprio inadempimento;
  • la possibilità di interruzioni del servizio decise unilateralmente da WhatsApp senza motivo e senza preavviso;
  • il diritto generico esercitabile da WhatsApp di risolvere il contratto/recedere in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo e non consentire più all’utente l’accesso/utilizzo dei servizi, senza prevedere un analogo diritto per il consumatore;
  • il diritto generico esercitabile da WhatsApp di introdurre modifiche, anche economiche, dei Termini di Utilizzo senza che nel contratto vengano preventivamente indicate le motivazioni sulla base delle quali la società si vincola ad apportare le modifiche e senza neppure prevedere modalità per informarne in maniera adeguata l’utilizzatore, unitamente alla previsione del meccanismo di “silenzio assenso” che fa discendere l’accettazione dei nuovi Termini anche solo dalla mera inerzia inconsapevole dell’utente;
  • quale legge applicabile al contratto e alle controversie quella dello Stato della California e quali unici fori competenti per la risoluzione delle controversie il Tribunale Federale degli Stati Uniti della California settentrionale o il Tribunale dello Stato della California;
  • un generico diritto esercitabile da WhatsApp di recedere dagli “ordini” e di non fornire rimborsi per i servizi offerti, senza precisare in modo chiaro il contesto in cui tali operazioni si esplicherebbero;
  • la generale prevalenza del contratto scritto in lingua inglese, in caso di conflitto con la versione tradotta in lingua italiana (accettata dall’utente), senza prevedere la prevalenza dell’interpretazione più favorevole al consumatore, a prescindere dalla lingua in cui la clausola è redatta.

Per il Codacons “si tratta di una vittoria degli utenti contro lo strapotere dei social network, che impongono condizioni spesso sfavorevoli ai consumatori nell’utilizzo delle applicazioni”.

Per il presidente Carlo Rienzi “la condivisione di dati e informazioni personali è materia delicatissima perché attiene alla vita privata delle persone, e non può essere estorta in modo scorretto o poco trasparente”.

“Al contrario, devono essere fornite all’utente tutte le informazioni necessarie a consentirgli una scelta consapevole. Per tale motivo riteniamo sacrosanta la sanzione inflitta dall’Antitrust perché va nella direzione di tutelare i diritti dei consumatori e garantire la trasparenza” conclude Rienzi.