Il Sahel non ha più acqua: migliaia di nuovi migranti in fuga


Rapporto Water Shocks di Wetlands: il Lago Ciad ha perso il 95% della superficie per la cattiva gestione delle risorse idriche

L'area del Sahel a rischio senza politiche di sviluppo sostenibile
Wetlands International ha lanciato un rapporto con lo scopo di fare luce sulla relazione tra ecosistemi delle zone umide e migrazione umana involontaria

N’DJAMENA – C’è una relazione tra la gestione degli ecosistemi delle zone umide e la migrazione umana involontaria nella regione africana del Sahel. È quanto emerge dal rapporto “Water Shocks: Zone Umide e migrazione nel Sahel” di Wetlands International. La pubblicazione mette in luce come la scarsa gestione dell’acqua stia portando alla degradazione di ecosistemi e come sia anche una causa sottovalutata del fenomeno migratorio, che riguarda anche l’Europa.

Spostamenti e conflitti, infatti, sono comuni nel Sahel. Ad esempio, intorno al Lago Ciad, la rivolta di Boko Haram ha dislocato piu di 2.3 milioni di persone da metà 2013, di cui 1.3 milioni di bambini. Il bacino del Lago Ciad ha perso il 95% della sua superficie a causa dell’estrazione di acqua per irrigazione e i giovani di questa regione, non avendo opportunità, si uniscono a gruppi armati.

“Le organizzazioni umanitarie hanno bisogno di integrare il proprio lavoro con attori che si occupano di ambiente e sviluppo per trovare soluzioni durature. Abbiamo bisogno di comprendere meglio i complessi e multisfaccettati fattori della migrazione involontaria, dei conflitti sociali e della povertà, che possono avere radici nell’esaurimento delle risorse naturali” spiega Juriaan Lahr, Capo delle Operazioni Internazioni presso la Croce Rossa Olandese.

L’Unione Europea sta finanziando con 80 milioni di euro un piano cinquennale per supportare la gestione dei rischi da disastri in Africa Sub-Sahariana. Entro il 2020 l’Unione Europea e il continente africano hanno pianificato di aumentare l’efficienza energetica e l’uso delle rinnovabili costruendo 10.000 MW di impianti idroelettrici.

Secondo le Nazioni Unite, ci sono 20 milioni di persone nel Sahel a rischio insicurezza alimentare, principalmente per carenza di acqua. Se i piani di sviluppo per la produzione di energia idroelettrica e per progetti di irrigazione non posizionano gli ecosistemi al centro di strategie di sviluppo nazionali e regionali, l’Europa e altre nazioni non riusciranno a raggiungere i loro obiettivi per uno sviluppo sostenibile.

“Portare avanti uno sviluppo inclusivo e sostenibile nel Sahel è una priorità urgente e globale. Questo potrà essere raggiunto solo attraverso un cambiamento dei tradizionali paradigmi di sviluppo e di schemi di infrastrutture (Hard) che rovinano l’idrologia naturale della regione” sottolinea Jane Madgwick, CEO di Wetlands International.

“Proteggere e risanare le risorse naturali di base è essenziale per aumentare la produttività di acqua e cibo e fornire strategie di sostentamento per resistere ai cambiamenti climatici. In questo contesto, le zone umide come pianure alluvionali e laghi sono davvero importanti, specialmente per le persone più svantaggiate della regione” conclude Madgwick.