Vinitaly: il Montepulciano d’Abruzzo Doc è il vino che dà più lavoro


La top ten dell’impatto occupazione realizzata da Coldiretti: sul podio anche Puglia Igt e Doc Sicilia

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Il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, con i dieci vini

VERONA – Con un totale di 19,4 milioni di ore impiegate all’anno in provincia di Chieti è il Montepulciano d’Abruzzo Doc il vino italiano che dà più lavoro a livello locale. Sul podio anche il Puglia Igt con 16,5 milioni nella provincia di Foggia e il Doc Sicilia con 16 milioni di giornate in quella di Trapani.

È quanto emerge dalla prima analisi sui vini Doc e impatto occupazionale a livello provinciale diffusa dalla Coldiretti al Centro Servizi Arena – stand A, tra il padiglione 6 e 7 in occasione del Vinitaly di Verona.

“Dallo studio traspare dunque in tutta la sua evidenza il ruolo del settore vitivinicolo per l’economia e il lavoro nel Mezzogiorno, ma l’impatto occupazionale è rilevante anche al Nord” spiega la Confederazione.

Nella top ten dei vini che danno più lavoro al quarto posto si piazza il lombardo Oltrepò Pavese Doc, con 14,2 milioni di ore di lavoro, davanti a un “collega” del Piemonte l’Asti Docg per produrre il quale ne servono “solo” 13,4 milioni insieme al Barbera d’Asti.

Al sesto posto il pregiato Amarone della Valpolicella Docg con 13,1 milioni di ore a Verona dove pesa anche il Soave Docg seguiti da un altro gioiello della regione che ospita il Vinitaly, il Prosecco Docg con 12,9 milioni di ore a Treviso. Ci sono poi i piemontesi Barolo Docg, Barbaresco Docg, Langhe Doc e Roero Docg a Cuneo (12,4 milioni di ore), il Gavi Docg ad Alessandria (10,9 milioni di ore). A chiudere la speciale classifica è il Castel Del Monte Doc pugliese, con 9,4 milioni di ore lavorate nella provincia di Bari dove di rilievo c’è anche il Puglia Igt.

Complessivamente si stima che il vino abbia offerto durante il 2016 opportunità di lavoro ad un milione e trecentomila persone tra quanti sono impegnati direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse, di servizio e nell’indotto che si sono estese negli ambiti più diversi.

Dall’industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle assicurazioni, da quella degli accessori, come cavatappi e sciabole, dai vivai agli imballaggi, dalla ricerca e formazione alla divulgazione, dall’enoturismo alla cosmetica e al mercato del benessere, dall’editoria alla pubblicità, dai programmi software fino alle bioenergie ottenute dai residui di potatura e dai sottoprodotti della vinificazione (fecce, vinacce e raspi).

Secondo uno studio della Coldiretti la raccolta di un grappolo alimenta opportunità di lavoro in ben 18 settori: 1) agricoltura, 2) industria trasformazione, 3) commercio/ristorazione, 4) vetro per bicchieri e bottiglie, 5) lavorazione del sughero per tappi, 6) trasporti, 7) assicurazioni/credito/finanza, 8) accessori come cavatappi, sciabole e etilometri, 9) vivaismo, 10) imballaggi come etichette e cartoni, 11) ricerca/formazione/divulgazione, 12) enoturismo, 13) cosmetica, 14) benessere/salute con l’enoterapia, 15) editoria, 16) pubblicità, 17) informatica, 18) bioenergie.

“Il settore del vino dimostra più di altri che l’agricoltura è in grado di offrire opportunità di lavoro sia a chi vuole investire con progetti innovativi sia a chi vuole fare una esperienza in campagna a contatto con la natura anche solo per integrare il proprio reddito”, ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, dallo stand del Vinitaly.

“La prima vendemmia senza voucher rischia di far perdere 25mila posti di lavoro tra le vigne per giovani e pensionati e occorre trovare pertanto presto una valida soluzione alternativa nell’interesse delle imprese e dei cittadini” ha aggiunto.