Attacco con armi chimiche in Siria tra verità e ‘fake news’


Damasco e la Russia negano responsabilità: sul web spuntano anche altre ipotesi

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Damasco e Mosca hanno negato la responsabilità del presunto attacco con armi chimiche

DAMASCO – Le immagini dei bambini morti o feriti dopo il presunto attacco con armi chimiche avvenuto nella cittadina di Khan Sheikhoun, nella provincia siriana di Idlib, hanno fatto in queste ore il giro del mondo. Sui social network si contano migliaia di messaggi di sdegno e di condanna per l’uso di armi chimiche e per l’uccisione di decine di innocenti.

Molti leader mondiali hanno utilizzato parole al vetriolo contro il presidente siriano Bashar al Assad, ritenuto il mandante della strage. Diversi Paesi europei, capeggiati dalla Francia, hanno invocato anche un vertice urgente al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Sarebbe anche stata approntata una risoluzione che la Russia ha definito inaccettabile.

Il presunto attacco che avrebbe provocato decine di morti (almeno 72 secondo diversi media internazionali) è stato subito attribuito all’aviazione siriana. Secondo molte fonti arabe, inoltre, sarebbe stato utilizzato il gas Sarin.

Gli aerei di Assad, secondo la versione circolata fin dai primi momenti dopo l’attacco, avrebbe compiuto anche un altro raid nei pressi di Khan Sheikhoun sganciando bombe su un ospedale dove erano stati trasportati alcuni dei feriti. Passata l’ondata di sdegno, però, in molti hanno iniziato ad avanzare dubbi su quanto accaduto e, soprattutto, sulle reali responsabilità.

La risposta di Damasco e della Russia

Finito sotto accusa da parte della comunità internazionale, l’esercito siriano ha seccamente smentito l’utilizzo di armi chimiche. A stretto giro è intervenuto anche il Cremlino, alleato di Assad nella guerra civile che si combatte da sei anni nel Paese mediorientale. Secondo Mosca l’aviazione siriana avrebbe colpito un deposito di munizioni dei ribelli siriani che controllano la provincia di Idlib assieme alle forze di Al Qaida. All’interno, come riferito dal rappresentante ufficiale del Ministero della Difesa russo Igor Konashenkov, ci sarebbero state anche armi chimiche. Le conseguenti esplosioni avrebbero provocato la strage che ha sconvolto il mondo.

L’incertezza sulle fonti e il precedente di Ghouta

L’attacco con armi chimiche è avvenuto due giorni dopo l”International Fact-Checking Day, la giornata internazionale dedicata alla verifica delle notizie e per combattere le ‘fake news’, le cosiddette bufale. È proprio il problema delle fonti, infatti, a gettare più di un’ombra su quanto sarebbe avvenuto a Khan Sheikhoun.

E, del resto, non sarebbe la prima volta che la propaganda utilizzata da una delle parti coinvolte nel conflitto cerca di condizionare le sorti della guerra. È accaduto più volte in Siria, come nell’attacco con gas Sarin avvenuto a Ghouta nell’Agosto 2013. Anche in quel caso ad essere accusata fu l’aviazione delle forze governative. Le indagini dell’Onu arrivarono però a una conclusione diversa: accertarono l’utilizzo di Sarin, ma non fu possibile attribuire la responsabilità perché anche i ribelli avevano nelle loro disponibilità armi chimiche.

A rilanciare la notizia della strage di Ghouta compiuta dalle forze di Assad, così come per quella di 24 ore fa a Khan Sheikhoun, è stato l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani.

Non è un elemento di poco conto: si tratta di un’organizzazione dei ribelli anti Assad che di fatto è composta da un solo uomo e ha sede a Londra. Dal 2011, quando è scoppiata la guerra civile in Siria, ha spesso rilanciato notizie che si sono rivelate poi delle bufale.

L’altra fonte che ha rilanciato sul web e in particolare sui social media la notizia dell’attacco è quella dei “White Helmets”, gli “Elmetti bianchi”. Anche in questo caso non è un’organizzazione di poco conto. È stata creata, infatti, da bande affiliate all’organizzazione terroristica di Al Qaida.

Altro elemento chiave è il fatto che Khan Sheikhoun è in mano ai ribelli e ai gruppi legati al terrorismo. Sul posto non sono presenti osservatori neutrali della comunità internazionale, o medici delle principali organizzazioni internazionali. Anche l’Unicef, che pure è presente in diverse aree martoriate della Siria, condannando quanto avvenuto parla di “presunto utilizzo di armi tanto brutali che non deve distogliere l’attenzione dalle violenze che si verificano ovunque in Siria, comprese Aleppo, Damasco e Hama”.

Propaganda dei ribelli per l’accerchiamento a Idlib: l’altra spiegazione che circola sul web

Basterebbero questi pochi elementi sulla scarsa credibilità delle fonti a sollevare più di un dubbio sulla notizia che ha fatto il giro del mondo. Ma c’è di più. Sui social network, infatti, in molti non hanno esitato a definire la strage una messa in scena dei ribelli e dei terroristi.

Il motivo? Quaedisti e miliziani anti Assad nelle ultime due settimane hanno perso diverse aree della provincia di Idlib dopo l’offensiva delle forze governative appoggiate da Russia e Iran.

Chiusi in una sacca avrebbero dunque cercato una via di fuga attraverso la propaganda. A maggior ragione dopo le aperture dell’amministrazione americana nei confronti di Assad e che non avrebbe avuto evidenti motivi per finire di nuovo nell’occhio del ciclone.

Tra i tanti elementi che non tornano, uno è il più citato: nelle foto si vedono soccorritori che operano a mani nude gettando acqua sui corpi dopo l’attacco con il Sarin.

Un duplice atteggiamento letale sia per i soccorritori, sia per i feriti visto che l’acqua facilita l’ingresso dell’agente chimico per via cutanea.

Molti altri hanno diffuso invece foto dello stesso luogo con i corpi dei bambini a terra: si tratterebbe di un deposito dei “White Helmet”, nel quale tempo fa erano state provate tute speciali come quelle utilizzate dai soccorritori per gli attacchi con armi chimiche.

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Uno dei tweet che avanzano sospetti

Si trovano anche tweet di un medico di Khan Sheikhoun, vicino ai ribelli e rimasto coinvolto nel rapimento e nell’uccisione di due giornalisti, che pochi giorni prima del presunto attacco mostra proprio alcune maschere anti gas.

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Un altro dei tweet che sollevano dubbi su quanto avvenuto in Siria

 

Così come lasciano perplessi anche alcuni tweet di un reporter di Orient tv. “Domani lanceremo una campagna media sugli attacchi aerei nel territorio di Hama includendo l’uso di armi chimiche” si legge in un tweet. Fatto che, secondo quanto annunciato sempre dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani si sarebbe verificato ed è stato rilanciato da tutti i media internazionali.

Anche queste, ovviamente, sono informazioni da prendere con le molle. Sulla veridicità di parte delle immagini, che peraltro sono state diffuse dalle principali agenzie di stampa internazionali, non ci sono dubbi.

L”auspicio è che la Commissione indipendente d’inchiesta dell’Onu possa fare chiarezza su quanto accaduto per stabilire in maniera chiara e inequivocabile la verità dei fatti.