Dipendenti pubblici più cagionevoli: la metà si ammala


Indagine della Cgia di Mestre su dati Inps: 38% di assenze per chi lavora nel settore privato

Per i dipendenti pubblici assenteisti arriva la stretta del Governo (nella foto il ministro Madia)

ROMA – I dipendenti pubblici italiani sono più cagionevoli rispetto ai colleghi che lavorano nel privato. Si ammala più della metà, mentre nel privato la percentuale si ferma al 38%.

Ora, con la stretta sui dipendenti pubblici “furbetti” varata dal Consiglio dei Ministri, si vedrà se le percentuali cambieranno.

Intanto,dall’analisi dei dati dell’Inps, l’Ufficio studi della Cgia di Mestre ha riscontrato che le assenze per motivi di salute nel pubblico impiego registrate nel 2015 hanno interessato il 57% di tutti gli occupati (poco più di 1 dipendente su 2).

Nel settore privato, invece, la quota si è fermata al 38% (più di 1 dipendente su 3). La durata media annua dell’assenza per malattia dal luogo di lavoro è leggermente superiore nel privato (18,4 giorni) rispetto al pubblico (17,6 giorni).

Pur avendo lo stesso andamento in entrambi i settori, gli eventi di malattia per classe di durata presentano uno scostamento “sospetto” nel primo giorno di assenza. Se per i dipendenti pubblici costituiscono il 25,7% delle assenze totali, nel privato si riducono di oltre la metà: 12,1%.

Quelle da 2 a 3 giorni, invece, si avvicinano (32,1% del totale nel privato e 36,5% nel pubblico), mentre tra i 4 e i 5 giorni di assenza avviene il “sorpasso”. È del 23,4% nel privato contro il 18,2% del pubblico.

I dati Inps sono stati estratti dall’Osservatorio sulla certificazione di malattia dei lavoratori dipendenti pubblici e privati dell’Inps, avviato nel 2011. In queste statistiche non sono riportate le assenze riferite alla gravidanza, alle disposizioni previste dalla legge n° 104/1992 (assistenza disabili) e alla donazione del sangue.

La classifica regionale

Altrettanto interessante è il risultato che emerge dall’elaborazione relativa agli eventi di malattia per regione. Tra il 2012 (primo anno per il quale è possibile avere una rilevazione completa) e il 2015, in tutte le regioni d’Italia sono in aumento le assenze nel pubblico (dato medio nazionale pari a +11,9%), con punte che superano il 20% in Umbria e Molise.

Nel privato, invece, in ben 9 realtà territoriali si registra un calo: in Calabria e in Sicilia addirittura del 6%. Nel periodo analizzato il dato medio nazionale è aumentato solo dello 0,4%.

Dei 5 milioni di eventi di assenza registrati nel 2015 a livello nazionale nel pubblico impiego, il 62% circa è riconducibile ai dipendenti del Centro-Sud. La situazione, invece, si capovolge quando guardando ai dati relativi al privato.

Dei quasi 9 milioni di assenze registrate nel 2015, il 57% circa è imputabile agli occupati del Nord.

“È evidente che non abbiamo alcun elemento per affermare che dietro questi numeri si nascondano forme più o meno velate di assenteismo. Tuttavia qualche sospetto c’è” afferma il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo.

“Se in Calabria, ad esempio, tra il 2012 e il 2015 le assenze per malattia nel pubblico impiego sono aumentate del 14,6%, mentre nel privato sono scese del 6,2%, è difficile sostenere che ciò si sia verificato perché i dipendenti pubblici di quella regione sono più cagionevoli dei conterranei che lavorano nel privato”.

Per il segretario della Cgia, Renato Mason “se fosse stato possibile includere anche le assenze per gravidanze, legge 104 e donazione del sangue probabilmente lo scarto tra pubblico e privato sarebbe aumentato notevolmente, facendo impennare il numero di quelle ascrivibili ai dipendenti pubblici”.

Nel 2015 licenziati 280 dipendenti pubblici

Quando si affronta il capitolo dei provvedimenti disciplinari adottati nei confronti dei lavoratori del pubblico si nota un aumento tendenziale delle sospensione dai luoghi di lavoro. Secondo i criteri del Dipartimento per la Funzione Pubblica due anni fa gli interessati sono stati 1.690. L’anno precedente, ovvero nel 2014, erano 1.334.

Sul fronte dei licenziamenti, invece, nel 2015 sono saliti a 280: 53 in più rispetto al 2014. Di questi 280 (pari a meno dello 0,01% del totale degli occupati nel pubblico impiego), 108 dipendenti sono stati lasciati a casa per assenze ingiustificate o non comunicate. Altri 94 per reati, 57 per negligenza, 20 per doppio lavoro e uno per irreperibilità a vista fiscale.

Chi paga per la malattia dei dipendenti pubblici e privati

Per quanto riguarda la malattia dei dipendenti pubblici, l’art. 71, primo comma, del decreto n. 112/08 convertito in legge n. 133/08 (legge Brunetta) prevede che per gli eventi morbosi di durata inferiore o uguale a dieci giorni di assenza, sarà corrisposto esclusivamente il trattamento economico fondamentale con decurtazione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento economico accessorio.

La decurtazione retributiva è dunque relativa ai primi dieci giorni di ogni periodo di assenza per malattia (e non ai primi 10 giorni di assenza per malattia nel corso dell’anno), opera per ogni episodio di assenza (anche di un solo giorno) e per tutti i dieci giorni anche se l’assenza si protrae per più di dieci giorni.

Nel comparto privato, invece, in caso di assenza di malattia la quota percentuale della retribuzione media giornaliera a carico dell’Inps dipende dalla qualifica contrattuale, dal settore di appartenenza e dalla durata dell’evento.

Nella generalità dei casi, comunque, i primi 3 giorni di malattia sono interamente a carico dell’azienda. Dal 4° al 20° giorno la retribuzione giornaliera media è coperta al 50% dall’Inps, dal 21° al 180° giorno la quota in capo all’Istituto di previdenza sale al 66,66%.