Norman Atlantic, il Codacons: dalla perizia dubbi inquietanti


L’associazione dei consumatori: «Caso analogo a quello della Costa Concordia»

I soccorsi alla Norman Atlantic dopo il tragico incendio

ROMA – L’incidente della Norman Atlantic come quello della Costa Concordia. È quanto afferma il Codacons, che attraverso i suoi consulenti nelle indagini ha potuto analizzare i documenti dei periti.

La Relazione Peritale sull’incendio avvenuto la notte del 28 dicembre 2014 a bordo del traghetto che si trovava nel Canale d’Otranto, è stata depositata venerdì scorso.

Ad ordinarla è stato il Gip di Bari, nell’ambito delle indagini sull’incidente avvenuto sulla rotta Igoumenitsa-Ancona e nel quale persero la vita 9 persone, oltre a 19 dispersi e 60 feriti.

Dalle carte relative alla perizia sulla Norman Atlantic, visionate dai consulenti del Codacons Bruno e Daniele Neri, emergono inquietanti interrogativi mescolati a tristi conferme.

«Fanno subito saltare agli occhi alcune singolari coincidenze con l’altrettanto tragica vicenda del naufragio della Costa Concordia» afferma l’associazione dei consumatori.

L’estrazione dei dati è stata particolarmente travagliata e, nonostante le richieste dei periti del Codacons, non è stata subito effettuata una copia forense che ne avrebbe garantito l’autenticità.

Come si legge nella relazione, effettuare tale operazione in seguito non sarebbe stato utile poiché “la copia forense potrebbe non essere identica all’originale al momento della precedente estrazione”.

La rapidità con la quale l’incendio si è propagato a bordo della Norman Atlantic ha fatto sì che parte della sensoristica e della rete di comunicazione di bordo sia stata in pochi minuti irrimediabilmente danneggiata insieme ad alcuni sistemi vitali della nave.

Sorprendentemente breve, se non sospetto, il pochissimo tempo trascorso tra l’allarme lanciato dal sistema antincendio ed il suo inarrestabile, improvviso e devastante progredire.

Due i fattori che – secondo la relazione peritale – probabilmente hanno contribuito alla completa inefficacia delle misure antincendio. In primis “un errore da parte del personale addetto il quale attivava le valvole del sistema antincendio al ponte 3 anziché al ponte 4 dove l’incendio si è sviluppato”.

In secondo luogo “la mancanza di alimentazione elettrica al sistema antincendio, prima dal quadro generale e poi da quello di emergenza a causa della mancato aggancio del generatore d’emergenza”.

Non sembrano esservi dubbi, invece, circa il luogo della prima scintilla (ponte 4 ordinata 156) e l’ora esatta del primo allarme: 4.42 ora italiana.

Tra le possibili cause dell’incendio un sovraccarico sulla linea di alimentazione elettrica degli automezzi con celle frigorifere, i quali risultavano connessi in numero (troppo?) elevato alle prese di energia della nave.

“In particolare, mentre al ponte 3 il numero di prese appariva sufficiente, al ponte 4, quello dell’incendio, c’erano più automezzi che prese disponibili” si legge ancora nella perizia.

Alcune testimonianze riferirebbero del surriscaldamento, fino alla fusione degli isolanti, di cavi elettrici in sovraccarico.

Un trasformatore d’alimentazione delle prese di energia è stato rinvenuto in posizione anomala e non si può escludere che possano esservi state inosservanze nel rispetto delle norme di utilizzo.

«Ma, in tal caso, bisognerebbe capire come mai gli interruttori di sicurezza non sono subito intervenuti per prevenire il danno come sulla Costa Concordia» denuncia il Codacons.

Il Diesel Generatore di Emergenza (DGE) è andato fuori uso proprio quando serviva, solo pochi minuti dopo il suo avvio in automatico, al venir meno, a causa dell’incendio, della fonte primaria di energia.

Un colpo fatale all’intero sistema di sicurezza della Norman Atlantic, che l’ha lasciata al buio e priva dell’energia necessaria alle pompe che avrebbero dovuto alimentare il sistema antincendio.

Agghiacciante, a questo proposito, la testimonianza di uno degli uomini dell’equipaggio che aveva dichiarato (in una SIT), subito dopo il disastro, di aver visto uscire fumo, invece che acqua, dalle manichette.

Per quanto riguarda eventuali responsabilità degli organi di certificazione per il Codacons potrebbero riguardare anche alcuni collaudi.

«Non è stato possibile – spiega l’associazione – reperire presso il Rina alcun documento che descriva le modalità di effettuazione e i risultati del test relativo alle prove di ripartenza in emergenza dopo blackout di tutti gli impianti di sicurezza previsti dalle norme».

Il Codacons ne aveva chiesto l’acquisizione prima alla Procura e poi al Gip e ai suoi periti, ma, ad una prima analisi, il documento non è tra quelli allegati alla Perizia.

Peraltro, un tentativo condotto in autonomia dagli avvocati e dai consulenti del Codacons, utilizzando lo strumento della L.241/90 sull’accesso, si era concluso con un nulla di fatto.

L’unico risultato era stato la consegna di un certo numero di pagine “oscurate” in una delle quali si leggeva l’unica informazione resa disponibile, ovvero “Blackout test: satisfactory”. Impossibile non rilevare una inquietante coincidenza con quanto accaduto nel caso Concordia.

Numerose, infine, le violazioni riscontrate dai periti circa il ruolo d’appello in emergenza, ovvero i compiti assegnati ai singoli membri dell’equipaggio a fronte di una emergenza, come anche quelle delle norme principali di sicurezza.

Ad esempio il divieto di accesso ai garage durante la navigazione ed il controllo continuo con porte allarmate di eventuali aperture non autorizzate.

Non mancano, infine, le irregolarità nella fase di carico e drizzaggio (termine tecnico che indica la stabilizzazione degli automezzi mediante cinghie e cavi d’acciaio).

I consulenti del Codacons sono già al lavoro per preparare gli interventi alle udienze dell’incidente probatorio che inizieranno a Bitonto il prossimo 20 Marzo.

«Sarà un lavoro duro ed estremamente complicato vista la mole della documentazione depositata: ben 2.6 Gb di relazione ed allegati» conclude il Codacons.