Siria, l’Unicef: 7 milioni di bambini vivono in povertà


Appello dell’organizzazione: «Serve una soluzione politica del conflitto»

Emergenza acqua ad Aleppo, città del Nord della Siria

ROMA – In Siria, il Paese devastato da sei anni di guerra civile, 7 milioni di bambini vivono in povertà. Gli assedi nelle principali città dove le forze fedeli al presidente Assad combattono i ribelli e i miliziani dell’Isis, inoltre, impediscono maggiori sforzi umanitari. Serve dunque un’urgente soluzione politica del conflitto.

È il grido d’allarme lanciato da Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, sulla crisi siriana all’indomani dell’accordo tra Russia e Turchia sul cessate il fuoco.

La proposta su cui Mosca e Ankara hanno trovato l’intesa prevede una tregua generale in Siria, ampliando quella dell’area di Aleppo.

La situazione nel Paese resta però estremamente critica per l’Unicef. «Con l’intensificarsi delle operazioni militari nelle aree di Aleppo, Damasco rurale, Homs rurale, Idleb, Raqqa e Deir ez Zor la crisi umanitaria non accenna a migliorare. Anzi è spesso ostacolata dai combattimenti» dichiara Iacomini.

«Pensavamo che con l’evacuazione da alcune zone a rischio la popolazione sarebbe stata al sicuro ma non è affatto così. Basti pensare che il solo intervento militare nella zona di Raqqa ha prodotto oltre 10.000 sfollati e 175.000 bambini a rischio per le difficili condizioni igienico sanitarie e alimentari» aggiunge.

«In Siria, al netto dei centinaia di bambini morti, colpisce il fatto che 7 milioni di minori vivono in povertà ed oggi risultano ancora più vulnerabili a causa delle rigide temperature» sottolinea. Nonostante i grandi sforzi delle organizzazioni umanitarie è ancora molto difficile raggiungere la popolazione che vive nelle zone assediate.

«In Siria infatti abbiamo un terzo degli ospedali fuori uso e il 70% della popolazione senza accesso all’acqua, di cui 1 milione con poco cibo e medicine» prosegue Iacomini.

L’Unicef ha risposto a questo grande bisogno portando acqua a 15 milioni di persone sfollate, vaccinando i bambini contro la polio, intervenendo contro la malnutrizione e la povertà.

«Ma è impensabile risolvere l’emergenza umanitaria se le parti in conflitto continuano a combattere senza alcun rispetto dei civili da quasi sei anni» conclude.