Visto di ingresso Ue torna obbligatorio in casi di emergenza


Strasburgo dice sì a nuove misure per permettere la reintroduzione del visto nei Paesi dell’Unione

Il meccanismo di sospensione del visto non si applicherà al Regno Unito e all’Irlanda

ROMA – In casi di emergenza il visto di ingresso nell’Unione europea per i cittadini non comunitari potrà essere reintrodotto ed essere quindi obbligatorio.

È quanto prevede la nuova normativa che ha ricevuto oggi il sì del Parlamento europeo con l’approvazione della relazione di Agustín Díaz de Mera (PPE, ES). La relazione è stata approvata con 485 voti a favore, 132 voti contrari e 21 astensioni.

Il progetto di regolamento deve ancora essere formalmente approvato dal Consiglio europeo ed entrerà in vigore venti giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue.

Il meccanismo di sospensione non si applicherà al Regno Unito o all’Irlanda.

L’obbligo di visto per i cittadini extracomunitari potrà essere reintrodotto rapidamente qualora i Paesi dell’Ue si trovino ad affrontare un aumento forte di immigrazione irregolare o rischi per la sicurezza.

Il relatore ha dichiarato che «siamo riusciti a creare uno strumento più flessibile e operativo, garantendo nel contempo il rispetto dei diritti umani e un ruolo chiave per il Parlamento europeo. Sono sicuro che dopo l’approvazione del “meccanismo di sospensione”, il Consiglio coopererà pienamente affinché le proposte per garantire l’esenzione del visto per Georgia e Ucraina non incontrino ostacoli, dato che entrambi i Paesi hanno soddisfatto i criteri richiesti qualche tempo fa».

In base alle nuove norme, il visto di ingresso può essere reintrodotto anche per quei Paesi che hanno un accordo di esenzione con l’Ue, in uno o più dei seguenti casi.

  • aumento sostanziale del numero di cittadini del Paese terzo interessato cui sia stato rifiutato l’ingresso o che soggiornino irregolarmente nel territorio dell’UE.
  •  sostanziale aumento di domande di asilo infondate.
  • diminuzione nella cooperazione per la riammissione (ritorno dei migranti).
  • aumento dei rischi o imminente pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza interna relativi a cittadini del Paese terzo interessato.

La sospensione dell’esenzione dal visto

Entrambi gli Stati membri e la Commissione europea saranno in grado di avviare il meccanismo di sospensione degli accordi di esenzione dei visti. Tuttavia, il testo sottolinea che la decisione di sospendere temporaneamente l’esenzione dal visto deve essere basata su “dati pertinenti e oggettivi”.

In seguito a una notifica da parte di uno Stato membro (o di una richiesta da parte di una maggioranza semplice degli Stati membri), o sulla base di una propria relazione, la Commissione avrà un mese di tempo per decidere di sospendere l’esenzione dal visto per nove mesi.

Questa decisione prenderà effetto automaticamente. Durante il periodo di sospensione, la Commissione, in collaborazione con il Paese interessato, dovrà trovare soluzioni alle circostanze che hanno portato alla sospensione.

La Commissione, inoltre, dovrà monitorare la situazione nei Paesi esenti dal visto. Avrà anche l’obbligo di riferire, almeno una volta all’anno, al Parlamento e al Consiglio se tali Paesi continuano a soddisfare le condizioni di esenzione dal visto, come il rispetto dei diritti umani.

Sospensione prolungata

Se la situazione persiste, la Commissione dovrà presentare, al più tardi due mesi prima della fine del periodo di nove mesi, una proposta per prolungare il ripristino provvisorio del visto per altri 18 mesi. Sia i deputati sia gli Stati membri possono opporsi a questa decisione.

La Commissione potrà anche decidere in qualsiasi momento di presentare una proposta legislativa per spostare un Paese terzo dall’elenco dei Paesi esentati dai visti all’elenco di quelli che devono farne richiesta. Questo trasferimento dovrà essere approvato dal Parlamento e dal Consiglio.

Questa revisione del meccanismo di sospensione, sancito nella legislazione dell’Ue dal 2013, è legata alle proposte di concessione di un accesso senza visto verso l’Unione per la Georgia, già accordate dai deputati e del Consiglio, così come per Ucraina e Kosovo.