Sisma: tra Arquata e Ussita 15 km di scarpata di faglia


I risultati delle ultime analisi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sulla sequenza sismica nel Centro Italia

La scarpata di faglia sul Vettore (foto www.ingv.it)
La scarpata di faglia sul Vettore (foto www.ingv.it)

ROMA – Mentre la Protezione civile è alle prese con l’emergenza sfollati in seguito alla forte scossa di terremoto di domenica 30 ottobre, prosegue l’attività di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sulla sequenza sismica che ha interessato l’Italia centrale.

Le ultime analisi hanno evidenziato che il terremoto di domenica ha prodotto almeno 15 km di scarpata di faglia tra Arquata del Tronto e Ussita, in corrispondenza della intersezione del piano di faglia responsabile del terremoto e la superficie topografica.

Questo spostamento cosismico (causato cioè dal sisma) è comune per terremoti con magnitudo prossima o superiore a 6 e rappresenta la prosecuzione verso la superficie della rottura e dello scorrimento avvenuto sulla faglia in profondità.

«Già dopo il terremoto del 24 agosto erano state osservate delle scarpate sul fianco del monte Vettore, ma erano ben più limitate così come quelle segnalate più a nord che si estendono fino a Cupi e causate dal terremoto del 26 ottobre» spiega L’INGV.

«Le scarpate di faglia del 30 ottobre sono molto evidenti e appaiono come un gradino nella topografia di entità variabile tra 20 e 70 cm, la loro localizzazione lungo la faglia geologica, unitamente alla loro geometria ed entità della deformazione sono del tutto consistenti con il movimento avvenuto in profondità che ha raggiunto picchi superiori a 2 m che hanno prodotto il ribassamento del settore occidentale rispetto a quello orientale» aggiunge l’INGV.

«Ribassamenti simili sono stati misurati anche elaborando i dati satellitari e tutte insieme queste osservazioni, effettuate sulla superficie terrestre, ci consentono di comprendere cosa è avvenuto in profondità e quindi di caratterizzare il terremoto e la sua faglia sismogenetica» prosegue l’Istituto.

«Le rotture cosismiche non sono localizzate in modo casuale. Queste avvengono in corrispondenza di faglie geologiche attive che, nel caso di questa sequenza, formano il sistema Vettore-Porche-Bove già noto ai geologi italiani. Infatti i grandi terremoti rompono ripetutamente le stesse faglie e quelle estensionali provocano il ribassamento e il relativo sollevamento delle due porzioni di crosta separate dalla faglia. Il ripetersi di terremoti successivi lungo le stesse faglie porta all’accumularsi delle deformazioni di ciascun terremoto che è alla base della crescita delle montagne e dell’ampliamento dei bacini. Il terremoto è quindi una delle forze guida principali dell’evoluzione del paesaggio di questo bellissimo settore dell’Appennino centrale» conclude l’INGV.

Anche durante il terremoto del 23 novembre 1980 in Irpinia si erano prodotte scarpate di faglia per circa 40 km tra Lioni e Sant’Angelo dei Lombardi, con scarpate alte fino a 120 cm.

La dimensione della scarpata e, in particolare, la lunghezza e l’altezza sono proporzionali alla magnitudo del terremoto. Per una magnitudo 6.5 ci si può aspettare la formazione di scarpate lunghe una ventina di km e alte in media 40 cm, come osservato per il terremoto del 30 ottobre.