Espulsi cinque macedoni sospettati di terrorismo


Alfano: prevenzione strategica per diminuire il livello di rischio in Italia

Per i “cani sciolti” dell'ISIS ogni occasione può diventare l’obiettivo giusto
I cinque macedoni espulsi erano simpatizzanti dell’Isis

ROMA – Sale a 121, di cui 55 quest’anno, il numero dei sospettati di terrorismo espulsi dall’Italia, che prosegue nell’opera di prevenzione della minaccia jihadista.

L’ultimo allontanamento dal territorio nazionale, che fa seguito a quello di una 44enne marocchina residente a Perugia, riguarda cinque cittadini macedoni che risiedevano a Ronchi dei Legionari, in provincia di Gorizia.

Il provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza nazionale è stato firmato dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, a seguito di lunghe e complesse indagini avviate due anni fa dalla Digos di Trieste e dalla Procura della Repubblica su un account Facebook, dove venivano postati innumerevoli video e documenti a sostegno dell’autoproclamato Stato islamico.

Gli approfondimenti eseguiti sul profilo social hanno permesso di individuarne il titolare, un 28enne macedone, e di estendere le attività investigative ad altri soggetti che utilizzavano le proprie pagine Facebook per acquisire e diffondere messaggi di propaganda jihadista.

In particolare, due fratelli macedoni di 31 e 28 anni, cognati del titolare del profilo, insieme ai quali, tra l’altro, veniva gestita una società che operava nel settore dell’edilizia.

Le attività investigative, ha dichiarato Alfano, «hanno documentato l’odio ideologico-religioso che accomunava questi stranieri, nonché il padre dei due fratelli, di 52 anni, e la moglie trentaduenne di uno di loro, tutti fanatici seguaci dell’autoproclamato Califfato, che più volte avevano parlato con disprezzo dell’imam e della comunità islamica locale perché ritenuti “moderati” e aperti agli influssi occidentali».

Inoltre i cinque macedoni monitorati avevano esternato la loro esultanza in occasione dei diversi, recenti attacchi terroristici compiuti in Europa e avevano sempre giustificato le azioni dei miliziani dello Stato Islamico, anche le più crudeli, come le torture e le esecuzioni dei prigionieri.

«Il nostro lavoro di prevenzione riveste una grande importanza nel contrasto al terrorismo. Proseguiamo su questa strada perché consideriamo la prevenzione uno degli strumenti strategici per diminuire il livello di rischio terrorismo in Italia, anche se nessun Paese oggi può dirsi a rischio zero» ha concluso il titolare del Viminale.