Contributi maternità autonome: criticità da eliminare


Il parere e le indicazioni della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro

La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro approfondisce la questione dei contributi  di maternità
La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro approfondisce la questione dei contributi di maternità

ROMA – Con la direttiva 2010/41/UE, il cui oggetto di stabilire un quadro per l’attuazione negli Stati membri del principio di parità di trattamento fra uomini e donne che svolgono un’attività autonoma o che, comunque, contribuiscono all’esercizio dell’attività autonoma, venne introdotta un’importante novità.

Si tratta della garanzia per le lavoratrici autonome, per le coniugi gestanti e le conviventi gestanti, del diritto ad un’indennità di maternità che consenta interruzioni dell’attività lavorativa in caso di gravidanza o per maternità per almeno 14 settimane.

Tale indicazione è stata tradotta, nell’ordinamento italiano, nel decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001 (il cosiddetto “Testo unico della maternità”) così come modificato dalla Legge n. 228/2012 e dal decreto legislativo n. 80/2015 che ha integralmente sostituito il Capo XI “Lavoratori autonomi” e il Capo XII “Liberi Professionisti”.

Oggi quindi l’indennità di maternità (articolo 66 e seguenti del Testo unico) è riconosciuta, così come avviene per le prestatrici di lavoro subordinato, alle lavoratrici autonome per i due mesi precedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla data medesima.

Destinatarie del beneficio sono le lavatrici artigiane, commercianti, coltivatrici dirette, colone, mezzadre, imprenditrici agricole professionali, pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne, iscritte alle apposite gestioni INPS (artigiani, commercianti, gestione separata), nonché tutte le lavoratrici professioniste iscritte alle rispettive casse previdenziali obbligatorie (es. ENPACL, Cassa Forense), salvo alcune disposizioni specifiche che non prevedono tale obbligo, previste in base all’appartenenza all’Ordine professionale.

Se sul piano del diritto all’indennità esiste una sostanziale equiparazione tra i lavoratori autonomi e quelli subordinati, alcune importanti differenze si riscontrano sul piano degli obblighi contributivi dovuti su tali somme.

La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ricorda che l’indennità di maternità è un contributo indennitario che sostituisce il reddito che la lavoratrice avrebbe conseguito qualora, anziché astenersi, avesse continuato a prestare attività lavorativa.

È noto che dal punto di vista fiscale, i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti (art. 6 c. TIUR: “I proventi conseguiti in sostituzione di redditi (…) e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistente nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti”).

In altri termini, l’INPS, al maturare del diritto all’indennità di maternità, su richiesta della lavoratrice autonoma, corrisponde la somma prevista dalle gestioni di appartenenza. Tuttavia, essendo essa sostitutiva di un reddito, a norma del citato art. 6 del TUIR, costituisce base imponibile su cui la stessa lavoratrice deve pagare i contributi che finanziano la loro pensione.

In realtà la previsione di carattere generale inserita del TUIR, non si applica per le lavoratrici dipendenti in quanto per esse il datore di lavoro, e la lavoratrice stessa, beneficiano di una totale esenzione contributiva stante le specifiche previsioni contenute nell’art. 6 D.Lgs n. 314 del 2 settembre 1997.

Vale a dire che in caso di maternità e relativa assenza obbligatoria, il datore di lavoro (sostituto previdenziale), corrisponde un’indennità per conto dell’Inps e su tale indennità egli non deve pagare i contributi previdenziali e assistenziari obbligatori di legge.

Nessuna differenza si pone, invece, sul piano fiscale: indipendentemente dalla categoria dei lavoratori (autonomi o subordinati), le indennità devono essere sempre assoggettate al prelievo fiscale.