Amnesty International: tra Giordania e Siria 75.000 rifugiati intrappolati nel deserto


Foto e immagini satellitari mostrano la morte di queste persone

Foto dei campi a Rukbat diffuse da  Amnesty International
Foto dei campi a Rukbat diffuse da Amnesty International

ROMA – Amnesty International ha diffuso immagini filmate e riprese dal satellite che mostrano cimiteri improvvisati e tumuli in pieno deserto, nella “terra di nessuno” tra Siria e Giordania dove decine di migliaia di rifugiati sono abbandonati da tempo e, da due mesi, privi di aiuti umanitari.

Le testimonianze raccolte dall’organizzazione per i diritti umani nel terrapieno sabbioso conosciuto come il berm forniscono un quadro disperato di sofferenza umana e mettono in luce le tragiche conseguenze della mancata condivisione delle responsabilità per la crisi globale dei rifugiati. La prossima settimana, i leader del mondo si ritroveranno a New York per discutere di questo tema in due vertici ad alto livello.

“La situazione al berm è un’amara fotografia delle conseguenze della vergognosa mancanza di condivisione delle responsabilità per la crisi globale dei rifugiati, a seguito della quale molti paesi confinanti con la Siria hanno deciso di chiudere le loro frontiere ai rifugiati” – ha dichiarato Tirana Hassan, direttrice per le risposte alle crisi di Amnesty International.  “È una fotografia disperata, quella delle persone intrappolate al berm: il cibo sta terminando e le malattie sono in aumento. Ci si ammala o addirittura si muore per cause prevenibili, semplicemente perché le autorità della Giordania impediscono l’ingresso nel paese e l’accesso agli aiuti, alle cure mediche e a un’adeguata assistenza umanitaria” – ha aggiunto Hassan.

I paesi confinanti con la Siria – tra cui la Giordania, che ospita 650.000 rifugiati – hanno accolto la stragrande parte delle persone in fuga dal conflitto, mettendo a dura prova le proprie risorse.

Fame, malattie e morte

Dopo l’attentato che il 21 giugno aveva causato la morte di sette agenti della polizia di confine, la Giordania ha chiuso i valichi di frontiera di Rukban e Hadalat, bloccando completamente la già limitata fornitura di assistenza umanitaria alle persone intrappolate al berm. Da allora è stata consentita una sola fornitura di cibo, all’inizio di agosto, alle oltre 75.000 persone che si trovano al berm.

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Abu Mohamed si trova al berm da cinque mesi e conferma che, dopo il 21 giugno, le cose sono peggiorate: “La situazione umanitaria è pessima, soprattutto per i bambini. Abbiamo acqua da bere ma quasi niente cibo e latte. È terribile. Sono morte molte persone. In tutto un mese abbiamo ricevuto riso, lenticchie e un chilo di datteri secchi, nient’altro che questo. Il morale delle persone a Rukban è sotto lo zero”.

Le immagini girate a Rukban mostrano due cimiteri improvvisati, con decine di tumuli nei pressi delle tende dei rifugiati. L’assenza di cure mediche adeguate e le drammatiche condizioni di vita hanno conseguenze letali. La mancanza d’igiene, la situazione sanitaria e il limitato accesso all’acqua potabile hanno provocato numerosi casi di epatite, che si ritiene essere la principale causa di morte tra i bambini di Rukban.

Da giugno, secondo fonti umanitarie, vi sono stati almeno 10 decessi causati dall’epatite, nella maggior parte dei casi per itterizia. Gli operatori umanitari hanno inoltre riferito della morte di almeno nove partorienti. Tra le persone cui viene impedito l’accesso alle cure mediche, sono molte le donne in gravidanza. Il numero complessivo delle morti al berm è difficile da determinare a causa dell’impossibilità di accedere alla zona.

Le immagini satellitari ottenute da Amnesty International mostrano che dall’ottobre 2015 la densità della popolazione nei pressi dei valichi di frontiera di Rukban e Hadalat è complessivamente aumentata in modo assai deciso, pur in presenza di una piccola diminuzione delle presenze ad Hadalat, tra giugno e luglio, a seguito del blocco degli aiuti umanitari e degli attacchi aerei della Russia nella zona.

A Rukbal il numero dei rifugi improvvisati è salito dai 368 dello scorso anno a 6563 a luglio e a oltre 8295 a settembre del 2016. Il recente aumento conferma che, negli ultimi mesi, migliaia di siriani hanno continuato a fuggire da crimini di guerra e altre gravi violazioni dei diritti umani pressoché quotidiani.