Editoriale, salvare i centri storici con l’architettura


L'architettura si sbizzarisce sul futuro dei centri storici
Una suggestione sui centri storici (Toraldo di Francia, Firenze 1972)

Non ho competenze né certezze in materia di architettura e salvataggio dei centri storici. Ma credo che la questione debba esser inquadrata su due livelli. Quello del geometra dove la conservazione del centro storico passa per non indebolirlo ulteriormente, quindi niente aperture nei muri portanti, niente escavazioni nel sottosuolo per rendere più ampie le cantine. Al limite ricambio di travature e ove possibile iniezioni di materiali elastici o isolanti nelle crepe, più manutenzione di tetti e cornicioni. Ma tutto questo può aiutare a rallentare il decadimento del tempo, ma credo non sia la soluzione che prospettano gli architetti, secondo livello, che il salvataggio e il sostegno degli edifici storici non lo concepiscono a terra dove credo sia impossibile dotare di nuove fondamenta opere secolari. Credo che gli architetti propendano per uno stravolgimento della mentalità meramente conservativa e credo che ambiscano a colmare gli spazi esistenti  con strutture futuristiche il cui impatto deve essere, compreso, accettato e voluto. E questo andrebbe contro ideologie meramente conservative e orgogli localistici. Vivo in una di queste città, Siena, nella quale pochi sanno che le ampiezze delle sue vie principali si debbono a un architetto, Giuseppe Partini, del XIX secolo che ebbe poteri pari a quelli che potrebbero essere oggi l’erezione di un “Grand Arche de la Defense” a sostegno della Torre del Mangia. Quindi la scelta è tra l’uomo al passo dei tempi o il tempo che ci resta nelle case degli uomini di un tempo. Discutiamone.