Fare il giornalista al sud: è un lavoro o una professione?


un po' pittore un po' fotografo, immortalare l'attimo con la penna è un arte ed è una professione Un po’ pittore un po’ fotografo, immortalare l’attimo con la penna è un arte ed è una professione: Reporter per passione

Fare il giornalista per alcuni è il corollario della vita. Per altri è un ripiego. Può accadere che avvenga per pura e semplice scelta, oppure per passione. È un lavoro, una professione che spinge a raccontare, dire, riportare fatti e azioni, tra cronache rosa, quelle bianche e quelle nere.

Se qualcuno lo vuole, possiamo accompagnarlo in questo mondo, in cui si può fare la differenza. Il pennaiolo può temperare le virgole, addolcire i punti. Insomma, è un po’ pittore, un tantino fotografo, aggiunge solo qualche sfumatura e scatta qualche flash in più. Ma le fatiche sopportate non sono quelle del semplice manoscritto che dice, smentisce, scopre o ribadisce. L’impegno, e direi di più, le responsabilità di riportare i fatti, sono stabiliti non solo dalla capacità professionale. C’è piuttosto un’etica che intacca una condotta a pieno rispetto del ruolo. Vediamo però il cronista giornalista di provincia che non è libero d’espressione o meglio è vincolato. E che qualcuno dimostri il contrario. Forse è imprigionato alla società in cui vive e spesso sotto pelle condivide l’apparenza culturale radicata. Ma quanto è difficile dar notizia nel nostro Sud? Più o meno quanto un confessore prelato, che deve dire la verità, ma è stretto dal silenzio segreto o da un segreto silenzio.

le cronache di guerra raccontati tra sangue e dolore, diventano un resoconto in tempi reali. si rischia la vitaLe cronache di guerra raccontate tra sangue e dolore, diventano un resoconto in tempi reali. si rischia la vita per dire la verità

Le cronache le raccontano gli inviati sul campo, qualsiasi esso sia. Un giornalista agganciato per lo più da un sentimento individuale che prevarica ogni qual volta si usa la penna per comporre. E non è facile parlare di cronaca nera quando vorresti incalzare quel mascalzone criminale e giudicare con quattro righe una sentenza dovuta, se non altro per difendere una terra incompresa e gli onesti che la maledicono. Capita pure di essere piegati per un articolo bollente. Oppure, qualche brutto ceffo si presenta per intimidirti. Non è da meno l’opportunista che vuole essere protagonista per piacere e cedersi per interpretare la sua parte da big e inquinare il sistema politico, che ha bisogno di un tramite.   E sì, succede. E quando si parla di vittime delle guerre, ci siamo anche noi. Giornalisti che non temono le lotte armate, che si ostinano a percorrere transenne e barriere spinate, accanto a mortai e vite senza speranza; da una semplice biro, riescono a passare efferate testimonianze a tutto il mondo.

Il cuore si aggrappa all’indulgenza ma si appella soprattutto alla giustizia divina, qualche volta umana se esiste ancora. La crudeltà passa attraverso le nostre mani, anche la ferocia dell’uomo e le atrocità. Ma anche la felicità transita, come le cose belle, la gioia e gli eventi che fanno sperare. In ogni caso, pronti sul campo di battaglia a cogliere l’attimo, che fermiamo e immortaliamo per incrociare le curiosità e le conoscenze dei fatti, tra curiosità e desiderio di sapere.

Ada Cosco