Leucemia mieloide acuta, combinazione venetoclax-azacitidina meglio della chemioterapia intensiva nei pazienti fit
Il trattamento con la combinazione dell’inibitore di BCL-2 venetoclax e dell’ipometilante azacitidina permette di ottenere risultati significativamente migliori rispetto alla chemioterapia di induzione convenzionale in pazienti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi che sarebbero idonei (fit) per la chemioterapia intensiva di induzione. È quanto emerge dai risultati di uno studio di fase 2 presentato in una sessione plenaria al 67° congresso dell’American Society of Hematology (ASH), a Orlando.
In particolare, la combinazione con venetoclax ha più che raddoppiato la sopravvivenza libera da eventi (EFS), che risultata superiore all’anno, rispetto alla chemioterapia intensiva di induzione.
«Il nostro studio ha raggiunto il suo endpoint primario, dimostrando che azacitidina più venetoclax migliora la sopravvivenza libera da eventi. Porta, inoltre, a tassi più elevati di risposta obiettiva e risposta completa rispetto alla chemioterapia di induzione intensiva nei pazienti giovani eleggibili alla chemioterapia intensiva», ha affermato l’autore principale dello studio, Amir Fathi, direttore del Center for Leukemia presso il Mass General Brigham Cancer Institute e professore associato di medicina presso la Harvard Medical School di Boston. Inoltre, ha aggiunto l’autore, «Una percentuale maggiore di pazienti ha proceduto con successo al trapianto dopo aver ottenuto una risposta, con una minore mortalità precoce, una qualità di vita significativamente migliore durante il trattamento iniziale e una minore degenza ospedaliera».
La combinazione venetoclax-azacitidina è l’attuale standard di cura per gli anziani non idonei alla chemioterapia intensiva. Lo studio presentato a Orlando è il primo a testare la superiorità di questo regime rispetto alla chemioterapia di induzione intensiva, che è, invece, l’attuale standard per i pazienti fit.
Sfidato l’attuale standard per i pazienti fit
La leucemia mieloide acuta è un tumore del midollo osseo che causa una sovrabbondanza di globuli bianchi anomali e impedisce la produzione di cellule del sangue sane.
Il trapianto di cellule staminali emopoietiche è un’opzione potenzialmente curativa, ma non è praticabile per tutti e quasi tutti i pazienti devono sottoporsi a trattamenti iniziali per ridurre il tumore nel midollo osseo prima di procedere al trapianto. La chemioterapia di induzione intensiva con citarabina e antracicline è considerata da decenni il trattamento standard di prima linea per i pazienti fit, ma questo trattamento richiede una degenza in ospedale di circa un mese e comporta un alto rischio di infezioni, emorragie e altre complicanze ed effetti collaterali.
Lo studio di fase 3 VIALE-A ha sancito la superiorità della combinazione azacitidina venetoclax rispetto alla sola azacitidina nei pazienti anziani, non candidabili alla chemioterapia intensiva. I due agenti sono generalmente ben tollerati e possono essere somministrati e gestiti in sicurezza a livello ambulatoriale nel tempo.
Nello studio presentato ora al congresso, Fathi e i colleghi hanno voluto valutare se questa stessa combinazione sia superiore alla chemioterapia di induzione intensiva, e possa quindi sfidare l’attuale standard di trattamento, nei pazienti fit.
Lo studio
Nello studio, un trial multicentrico condotto negli Stati Uniti, randomizzato, in aperto, gli autori hanno coinvolto 172 pazienti di almeno 18 anni, assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento con venetoclax più azacitidina o la chemioterapia intensiva di induzione standard con il regime 7+3.
I pazienti il cui tumore presentava determinate caratteristiche, tra cui fusioni del core binding factor (CBF), mutazioni di FLT3 o mutazioni di NPM1 (a meno che non avessero 60 anni o più), sono stati esclusi dallo studio. Di conseguenza, il campione arruolato rifletteva una popolazione di pazienti prevalentemente a rischio intermedio-alto, e tutti erano sufficientemente fit per la chemioterapia di induzione intensiva.
L’endpoint primario dello studio, era l’EFS, dove gli eventi erano rappresentati dalla recidiva, la progressione della malattia, una refrattarietà che richiedeva un cambiamento di terapia o il decesso. Tra gli endpoint secondari vi erano i tassi di risposta, la sopravvivenza globale (OS), la malattia residua misurabile (MRD), le metriche relative alle ospedalizzazioni e la qualità di vita.
Sopravvivenza libera da eventi più che raddoppiata con venetoclax più azacitidina
Lo studio ha centrato il suo endpoint primario. Infatti, con un follow-up mediano di poco inferiore a 22 mesi, l’EFS mediana è risultata significativamente più lunga nel braccio assegnato a venetoclax più azacitidina rispetto al braccio assegnato al regime 7+3: 14 mesi contro circa 6 mesi. La superiorità di venetoclax più azacitidina si è mantenuta anche dopo l’aggiustamento per altre variabili e il tasso di EFS a un anno è risultato rispettivamente del 53% contro 36%.
«Credo che i dati supportino l’uso di questo trattamento in questa popolazione di pazienti», ha affermato Fathi. «I risultati si applicano ai pazienti a rischio avverso e a rischio intermedio che non presentano mutazioni di FLT3. Ciò non significa che altre popolazioni di pazienti non possano trarne beneficio, ma richiedono uno studio mirato a parte»
Con venetoclax-azacitidina migliorati anche i tassi di risposta e trapianto
Nello studio, la combinazione venetoclax-azacitidina ha migliorato anche i tassi di risposta rispetto alla chemioterapia standard.
In particolare, il tasso di risposta obiettiva (ORR) è risultato dell’88% nel braccio assegnato a venetoclax-azacitidina contro 78% nel braccio di confronto, con tassi di risposta completa rispettivamente del 62% contro 54%.
I pazienti trattati con la combinazione sperimentale hanno mostrato anche una maggiore probabilità di andare al trapianto di cellule staminali, che ha potuto essere eseguito rispettivamente nel 61% contro 40% dei pazienti.
Degenza più breve e migliore qualità di vita per i pazienti trattati con venetoclax-azacitidina
Il tasso di eventi avversi di grado 3 o 4 correlati alla terapia è stato simile tra i bracci dello studio, ha riferito Fathi, ma le complicanze infettive serie sono risultate numericamente inferiori nel bracco sperimentale.
Inoltre, nessun paziente trattato con venetoclax più azacitidina è deceduto entro 60 giorni, mentre nel gruppo di controllo la mortalità a 60 giorni è risultata del 5%.
In più, nessun paziente del braccio venetoclax-azacitidina ha richiesto il ricovero in terapia intensiva durante la degenza indice, ricovero che risultato, invece, necessario per il 10% dei pazienti trattati con la chemioterapia standard.
Risultati superiori anche sul fronte della qualità della vita per il trattamento sperimentale, con punteggi migliori, un carico sintomatico più basso e tassi di depressione inferiori a 2 settimane.
I prossimi passi
I ricercatori intendono ora condurre ulteriori analisi per confrontare i costi, il tasso di complicanze infettive e altri fattori che possono orientare le decisioni terapeutiche per questa popolazione di pazienti.
Inoltre, nelle prossime analisi valuteranno l’utilizzo della MRD per fornire dati prognostici e predittivi chiave.
Bibliografia
A. Fathi, et al. Results from paradigm – a phase 2 randomized multi-center study comparing azacitidine and venetoclax to conventional induction chemotherapy for newly diagnosed fit adults with acute myeloid leukemia. ASH 2025; abstract 6. leggi

