L’inibizione selettiva dell’enzima 11β-HSD1 con clofutriben consente di modulare l’esposizione intracellulare ai glucocorticoidi in pazienti con polimialgia reumatica (PMR)
L’inibizione selettiva dell’enzima 11β-HSD1 con clofutriben consente di modulare l’esposizione intracellulare ai glucocorticoidi in pazienti con polimialgia reumatica (PMR), riducendone la tossicità e mantenendo un controllo di malattia paragonabile a prednisolone 10 mg/die, se la dose di steroide viene adeguata. Queste le conclusioni di uno studio “proof-of-concept” recentemente pubblicato su ARD che, se confermato da dati ulteriori nei prossimi studi, potrebbe cambiare l’impiego del prednisolone nei pazienti con PMR.
Perché l’attività di 11β-HSD1 è cruciale nella tossicità dei glucocorticoidi
La PMR richiede spesso trattamenti prolungati con glucocorticoidi (GC), efficaci ma gravati da tossicità importante, specialmente negli anziani. L’enzima 11β-HSD1, altamente espresso nei tessuti bersaglio degli eventi avversi (fegato, tessuto adiposo, osso, SNC), riattiva localmente i glucocorticoidi, accentuandone gli effetti sistemici. La sua inibizione, pertanto, potrebbe ridurre selettivamente la tossicità senza annullare l’efficacia anti-infiammatoria, dato che i GC agiscono in cellule immunitarie meno dipendenti da questo enzima.
Clofutriben: un inibitore selettivo con potenziale terapeutico
Clofutriben è un inibitore selettivo dell’enzima 11β-HSD1, che riduce l’attivazione intracellulare dei glucocorticoidi e quindi la loro tossicità nei tessuti come fegato, osso, tessuto adiposo e cervello. È sviluppato dalla biotech americana Sparrow Pharmaceuticals.
Non è ancora approvato e il suo impiego è allo studio in condizioni caratterizzate da eccesso di cortisolo (come la sindrome di Cushing endogena) e in combinazione con prednisolone nelle malattie infiammatorie che richiedono terapia steroidea prolungata, come la PMR.
Gli obiettivi dello studio sono stati, allora, quello di verificare verificare se clofutriben, in combinazione con prednisolone a dosaggi modulati, fosse in grado di mantenere il controllo clinico della PMR, riducendo al contempo biomarcatori di tossicità, nonché quello di identificare il dosaggio ottimale della combinazione.
Come è stato progettato lo studio “proof-of-concept
Lo studio, a singolo cieco con coorti sequenziali, ha arruolato 53 pazienti adulti con diagnosi consolidata di PMR secondo i criteri EULAR/ACR, in trattamento stabile con prednisolone 10 mg/die da almeno una settimana e privi di segni di riacutizzazione clinica o laboratoristica.
Il protocollo dello studio prevedeva che fossero trattati inizialmente con prednisone a 10 mg/die più placebo per 2 settimane. Successivamente, questi pazienti sono stati randomizzati in gruppi di circa 12 pazienti a trattamento con prednisolone a dosi di 10, 15, 20 o 30 mg/die insieme a 6 mg/die di clofutriben orale.
Gli outcome principali di efficacia comprendevano il verificarsi di episodi di recidiva clinica (definita come riattivazione tale da richiedere un aumento di dose di prednisolone), la valutazione giornaliera dei sintomi tramite scale numeriche (dolore, rigidità, fatica e cronicità del dolore), la disabilità misurata con l’HAQ-DI, i biomarcatori infiammatori di fase acuta (VES, PCR, fibrinogeno) e il giudizio globale del paziente.
In parallelo sono stati monitorati numerosi biomarcatori di tossicità glucocorticoidea a carico di osso, metabolismo lipidico, coagulazione, metabolismo glucidico, pressione arteriosa e funzione surrenalica, oltre al profilo di sicurezza di clofutriben e ai parametri farmacodinamici di inibizione di 11β-HSD1.
L’età media dei pazienti era di circa 68 anni, con una durata mediana della malattia di poco meno di 4 mesi (intervallo da 18 giorni a 9 anni). La loro assunzione cumulativa mediana di prednisone era di 1.679 mg, anch’essa con un intervallo estremamente ampio (da 230 mg a più di 77 g).
Cosa è emerso: dose di prednisolone più elevata per mantenere l’efficacia con clofutriben
Nel complesso, 49 partecipanti hanno completato il periodo di trattamento con prednisolone 10 mg/die e 47 hanno fornito dati valutabili nella fase di trattamento con clofutriben. Secondo le attese, è stato osservato che le 2 settimane iniziali con prednisolone 10 mg/die (P10) hanno confermato una buona stabilità di malattia: in media non si sono osservati peggioramenti clinicamente rilevanti dei sintomi, della funzione fisica o dei biomarcatori infiammatori.
Quando però clofutriben è stato aggiunto senza modificare la dose di prednisolone (P10C), si è verificata una chiara perdita di efficacia: cinque pazienti su tredici hanno presentato una recidiva clinica che ha richiesto un aumento di dose di steroide, e molti altri hanno mostrato un aumento dei sintomi e della disabilità, con incremento di VES, PCR e fibrinogeno. Questo quadro è in linea con una riduzione effettiva dell’esposizione intracellulare al glucocorticoide attivo.
Aumentando la dose di prednisolone a 15, 20 e 30 mg/die in associazione con clofutriben, il profilo clinico è progressivamente migliorato. In particolare, con le combinazioni P20C e P30C, i pazienti hanno riportato livelli di dolore, rigidità, fatica, funzionalità (HAQ-DI) e percezione globale della malattia sovrapponibili a quelli ottenuti con P10, senza episodi di recidiva clinica.
I biomarcatori infiammatori hanno mostrato un andamento parallelo, con il quadro più vicino allo “steady state” raggiunto con P20C.
Sul fronte della tossicità, i risultati omogenei ottenuti indicano una normalizzazione di numerosi biomarcatori: osteocalcina e PINP sono aumentati, CTX si è ridotto, i trigliceridi si sono abbassati, l’APTT è rientrato nel range di normalità, e il cortisolo mattutino si è spostato verso livelli indicativi di minor rischio di insufficienza surrenalica.
Il profilo di sicurezza di clofutriben è risultato buono, con eventi avversi per lo più lievi e non gravi.
Un possibile nuovo paradigma terapeutico per la PMR e non solo
Questi risultati indicano che l’inibizione di 11β-HSD1 può “rimodulare” in senso favorevole la farmacodinamica del prednisolone, permettendo di aumentare la dose sistemica per recuperare efficacia pur riducendo la tossicità intracellulare.
L’approccio potrebbe offrire un nuovo paradigma terapeutico nei pazienti che richiedono glucocorticoidi a lungo termine, non solo nella PMR. Se confermato in studi più ampi e prolungati, un’associazione a dose fissa prednisolone-clofutriben potrebbe sostituire il prednisolone standard, migliorando il profilo beneficio-rischio complessivo.
I limiti dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni metodologici del lavoro. Segnaliamo, tra questi, la breve durata dello studio, la ridotta numerosità delle coorti di pazienti e l’assenza di randomizzazione completa, che potrebbero aver limitato la generalizzabilità dei risultati. Inoltre, la mancanza di outcome clinici a lungo termine hanno impedito di trarre conclusioni definitive su sicurezza ed efficacia.
Di qui la necessità di confermare quanto osservato in studi di più lunga durata e maggiore numerosità di pazienti.
Bibliografia
Buttgereit F, et al “Effects of clofutriben, a selective 11β-hydroxysteroid dehydrogenase type 1 inhibitor, on the efficacy and toxicity of prednisolone in patients with polymyalgia rheumatica: a single-blind controlled trial with sequential cohorts” Ann Rheum Dis 2025; DOI: 10.1016/j.ard.2025.10.015.
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