Omicidio Yara Gambirasio, la difesa di Bossetti ottiene i 25mila Dna dell’indagine


A distanza di 15 anni dal terribile delitto che portò alla morte della 13enne Yara Gambirasio, i legali di Massimo Bossetti puntano alla revisione dei processi che lo hanno condannato all’ergastolo

bossetti

Dopo sei anni di istanze, ricorsi e controricorsi tra tribunale e Cassazione, nei giorni scorsi i legali della difesa di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo in via definitiva nel 2018 per il sequestro e l’uccisione della 13enne Yara Gambirasio, hanno ricevuto un hard disk. Al suo interno le migliaia – ben 25 mila- analisi genetiche raccolte per arrivare a “Ignoto 1”, individuato in Bossetti, e quindi di fatto il supporto di memoria custodisce la prova chiave che portò alla condanna in tutti e tre i gradi di giudizio del muratore di Mapello.

COSA C’È NELL’HARD DISK

In dettaglio, la difesa avrà ora a disposizione degli elettroferogrammi, cioè grafici delle tracce genetiche. Inoltre, sono state consegnate anche le foto effettuate dai carabinieri del Ris di Parma ai reperti, in particolare gli abiti della tredicenne uccisa.

L’OBIETTIVO DELLA DIFESA

Secondo i legali Claudio Salvagni e Paolo Camporini ora ci vorranno diversi mesi di lavoro per l’analisi completa di tutti i dati ottenuti. L’obiettivo, nonostante il verdetto di colpevolezza confermato da tre Corti d’Assise, è quello di arrivare alla revisione del processo. Bossetti infatti si è sempre dichiarato innocente. Ma per avanzare tale richiesta serve un elemento forte di novità: la scoperta di nuove prove o l’invalidazione di quelle su cui si è basata la condanna. A questo serviranno le nuove analisi richieste dalla Difesa. E chissà se non si riaprirà, anche solo mediaticamente, questo vecchio caso crime italiano, come sta avvenendo nell Garlasco Bis. Anche in quest’ultima vicenda infatti si cerca di arrivare alla revisione del processo, attraverso l’indagine ex novo su un altro indagato.

IL CASO DI YARA GAMBIRASIO

Una ragazzina di 13 anni scomparve a Brembate di Sopra, nel Bergamasco, il 26 novembre 2010, mentre tornava a casa dalla palestra. Il suo corpo fu ritrovato tre mesi dopo in un campo distante pochi chilometri da dove scomparve. Da allora sono passati 15 anni. Per quell’omicidio fu condannato all’ergastolo un muratore della zona, Massimo Bossetti, nel 2018, dopo un’indagine lunga e complessa, che richiese la raccolta del Dna di tutta la popolazione locale. E a ‘incastrarlo’ fu proprio la prova del Dna che lo identificò in ‘ignoto 1’, le cui tracce furono ritrovate sugli indumenti della vittima . Ed è proprio quella prova che i legali di Bossetti intendono contestare per sparigliare le carte a distanza di 15 anni da quell’orribile delitto.

FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)