Le malattie polmonari associate all’artrite reumatoide aumentano il rischio infettivo secondo i risultati di uno studio retrospettivo di coorte
I pazienti affetti da artrite reumatoide (AR) con coinvolgimento polmonare presentano un rischio significativamente aumentato di infezioni gravi rispetto ai soggetti con AR ma senza malattia polmonare, stando ai risultati di uno studio recentemente pubblicato su Arthritis and Rheumatology.
In particolare, la presenza di malattie polmonari associate all’AR, quali l’interstiziopatia polmonare (AR-ILD) o la bronchiectasia (AR-BR), correla con un incremento del tasso di infezioni respiratorie e sistemiche, riflettendo il contributo combinato del danno strutturale polmonare e dell’immunosoppressione legata alla patologia e ai trattamenti.
Razionale e obiettivi dello studio
Le manifestazioni polmonari rappresentano una delle più frequenti e gravi complicanze extra-articolari dell’AR, con un impatto significativo sulla prognosi e sulla sopravvivenza dei pazienti.
Sebbene sia noto che l’AR-ILD e l’AR-BR aumentino la mortalità, la reale entità del rischio infettivo associato a queste condizioni era stata, finor, poco quantificata.
L’obiettivo principale dello studio, pertanto, è stato quello di valutare, in modo comparativo, il rischio di infezioni gravi nei pazienti con AR associata a malattia polmonare interstiziale (AR-ILD) o a bronchiectasie (RA-BR), rispetto agli individui con AR ma senza coinvolgimento polmonare.
Gli autori hanno ipotizzato che il danno polmonare strutturale e la necessità di terapie immunosoppressive potessero sinergicamente aumentare la suscettibilità a infezioni batteriche, virali e micotiche.
Disegno dello studio e risultati principali
Lo studio ha adottato un disegno retrospettivo di coorte, includendo 151 pazienti con AR-ILD, 70 con AR-BR e 980 pazienti con AR senza malattia polmonare, accuratamente appaiati per età, sesso e durata di malattia reumatoide.
Le diagnosi di coinvolgimento polmonare sono state confermate tramite revisione delle cartelle cliniche e imaging toracico.
L’outcome primario era rappresentato dall’incidenza di infezioni gravi, definite come eventi che richiedevano ospedalizzazione o il ricorso alla terapia antimicrobica endovenosa.
I risultati hanno mostrato un tasso di infezioni gravi pari a 55,8 per 1.000 persone-anno nei pazienti con malattia polmonare associata ad AR, rispetto a 25,8 per 1.000 persone-anno nei soggetti con sola AR (sdHR = 1,6; IC95% 1.2-2,12).
(NdR. Nel contesto dello studio, sdHR -subdistribution hazard ratio – rappresenta un indicatore del rischio relativo di un evento, qui l’infezione grave, che tiene conto di eventi competitivi – cioè situazioni in cui un paziente può sperimentare diversi tipi di eventi e il verificarsi di un evento “competitore” può impedire o modificare la probabilità di osservare l’evento principale di interesse. In questo studio, l’evento di interesse è l’infezione grave. La morte o altri eventi che precludono l’osservazione di un’infezione grave possono essere considerati eventi competitivi. Un sdHR > 1 indica un aumento del rischio nel gruppo con malattia polmonare rispetto a quello senza).
L’aumento del rischio è risultato statisticamente significativo per l’AR-ILD (sdHR = 1,79; IC95% 1,33–2,41), ma non per l’AR-BR (sdHR = 1,19; IC 95% 0,72–1,97).
Le infezioni più frequenti hanno interessato l’apparato respiratorio, la cute e i tessuti molli, nonché l’area otorinolaringoiatrica.
Sono stati identificati diversi patogeni, tra cui virus respiratori (influenza, RSV, parainfluenza, citomegalovirus), batteri (Staphylococcus, Pseudomonas, E. coli), micobatteri non tubercolari, funghi (Aspergillus) e Pneumocystis jirovecii. In particolare, nei pazienti con AR-BR è stata riscontrata una maggiore frequenza di infezioni da Pseudomonas e micobatteri non tubercolari.
Implicazioni cliniche e limiti dello studio
Questi risultati confermano che il coinvolgimento polmonare nei pazienti con AR non solo aggrava la prognosi respiratoria, ma rappresenta anche un importante fattore di rischio per infezioni gravi, verosimilmente legate alla compromissione della clearance mucociliare, alla distruzione del parenchima e alla terapia immunosoppressiva.
Dal punto di vista clinico, lo studio suggerisce la necessità di una sorveglianza infettivologica più attenta, di strategie vaccinali mirate e di un bilanciamento più cauto dei regimi immunomodulanti in presenza di AR-ILD o AR-BR.
Tra i principali limiti dello studio figurano il disegno retrospettivo e la possibile eterogeneità delle definizioni di infezione grave, oltre all’assenza di una valutazione dettagliata dei farmaci immunosoppressori utilizzati.
Nonostante tali limiti, i dati forniscono un’evidenza solida del ruolo critico del coinvolgimento polmonare come determinante del rischio infettivo nei pazienti con AR.
Bibliografia
Zhang Q, et al. Risk of serious infection in patients with rheumatoid arthritis-associated interstitial lung disease or bronchiectasis: A comparative cohort study. Arthritis Rheumatol. 2025;doi:10.1002/art.43338.
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