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Artrite reumatoide e polmoniti associate: nuovo studio

Carcinoma polmonare non a piccole cellule, per alcuni pazienti possibile stop all'immunoterapia dopo 2 anni

Artrite reumatoide, la mortalità per polmoniti associate dipende solo da attività elevata di malattia secondo uno studio pubblicato su RMD Open

Una diagnosi di artrite reumatoide (AR) non aumenta la mortalità nei pazienti ospedalizzati per polmonite, salvo nei casi in cui l’attività di malattia non è controllata in modo adeguato. Questo il responso di uno studio pubblicato su RMD Open.

Razionale e disegno dello studio

I pazienti con AR si trovano a fronteggiare una mortalità superiore rispetto alla popolazione generale; tra le cause principali associate vi sono le malattie CV e le infezioni, in particolare le polmoniti.

Ciò premesso, non è ancora chiaro se l’aumento del numero di pazienti con AR deceduti a causa di polmoniti sia dovuto soltanto ad un innalzamento del rischio di acquisire infezione o se, una volta infetti, questi pazienti siano andati incontro ad outcome peggiori.

L’AR potrebbe influenzare gli outcome di polmonite a causa dell’attività di malattia di per se stessa, o delle comorbilità associate o dei trattamenti, in particolare con farmaci immunosoppressori.

Per comprendere l’impatto dell’AR o del suo trattamento sulla sopravvivenza dei pazienti con polmonite, gli autori dello studio hanno passato in rassegna i dati dei registri medici relativi a 52.577 pazienti ospedalizzati in una struttura danese, il 2,3% dei quali (n=1.220) erano affetti da AR.

La maggiore mortalità osservata nei pazienti con AR non dipende dal trattamento

I risultati hanno mostrato che una diagnosi di AR aveva un impatto limitato sulla mortalità a 90 giorni (19,9% per i pazienti con AR vs. 18,9% per pazienti non affetti da AR; aHR; 1,05; IC95%: 0,92-1,19). I ricercatori hanno verificato, allora, l’esistenza di variazioni della mortalità in relazione ai diversi trattamenti per l’AR assunti dai pazienti.

“I risultati sono stati rassicuranti: il trattamento con farmaci biologici e DMARDcs, sia in monoterapia che in combinazione, non hanno avuto alcun valore predittivo sull’incremento della mortalità da polmoniti”. Nel commentare il dato, i ricercatori hanno ricordato che i pazienti con attività di malattia elevata sono più frequentemente sottoposti a trattamento con prednisolone, DMARDcs e farmaci biologici che sono stati associati ad un possibile maggior rischio di infezioni.

Se, però,  i pazienti con attività di malattia non trattati hanno outcome di infezione peggiori a quelli trattati con farmaci immunosoppressori, sottolineano i ricercatori, allora quanto osservato dovrebbe supportare l’adozione di una strategia di trattamento intensivo anche nei pazienti proni al rischio di infezioni.

Lo studio ha mostrato, ad esempio, che i pazienti non sottoposti a trattamento per AR in quanto in remissione o con attività di malattia non controllata, avevano una mortalità a 90 giorni più elevata di un terzo rispetto alla mortalità rilevata nei pazienti sottoposti a monoterapia con MTX.

Nessun problema anche con prednisolone
Lo studio ha mostrato, in effetti, come l’uso recente di prednisolone per controllare le recidive di AR si associ ad un innalzamento della mortalità a 90 giorni rispetto a quanto osservato nei pazienti con AR trattati con MTX.

A tal proposito, i ricercatori hanno notato che le recidive di AR sono frequentemente trattate con prednisolone; tuttavia, dopo aver messo a confronto gli outcome di polmonite nei pazienti con AR che avevano utilizzato prednisolone con quelli che avevano un livello paragonabile di attività di malattia, è emerso che l’aumentata mortalità non era legata all’impiego (o meno) di prednisolone ma all’elevata attività di malattia.

L’attività di malattia è il target da tener presente se si vuole ridurre la mortalità associata alle polmoniti

Lo studio ha mostrato che il focus clinico per prevenire gli outcome sfavorevoli nell’AR dopo ospedalizzazione per polmoniti dovrebbe concentrarsi sul rischio di attività di malattia incontrollata: “Se i pazienti con AR e attività di malattia elevata – concludono – sono trattati in modo più aggressivo per raggiungere l’obiettivo della remissione o della ridotta attività di malattia, ciò potrebbe portare un pazienti con AR e polmonite ad outcome più favorevoli”. In altre parole: l’attività di malattia è più pericolosa del trattamento impiegato per l’AR!

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