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Alzheimer: donanemab autorizzato in UE per le fasi iniziali di malattia

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Donanemab di Eli Lilly ha ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte della Commissione Europea per il trattamento della malattia di Alzheimer

Inizialmente respinto dal comitato scientifico dell’Agenzia Europea per i Medicinali (Ema), donanemab di Eli Lilly ha ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte della Commissione Europea per il trattamento della malattia di Alzheimer.

Si tratta di un anticorpo monoclonale somministrato una volta al mese che agisce prendendo di mira le placche di beta-amiloide, accumuli proteici ritenuti uno dei principali fattori nella progressione dell’Alzheimer.

Il farmaco è ora autorizzato per l’uso negli adulti che si trovano nelle fasi iniziali della malattia, cioè con lievi compromissioni cognitive o lieve demenza, purché abbiano confermata la presenza di amiloide cerebrale e siano eterozigoti o non portatori del gene ApoE4, un noto fattore genetico di rischio per l’Alzheimer.

Meccanismo di azione
Donanemab è un anticorpo monoclonale sviluppato da Eli Lilly con un meccanismo d’azione innovativo e altamente selettivo, pensato per colpire uno dei principali elementi patologici della malattia di Alzheimer: le placche di beta-amiloide.

A differenza di altri anticorpi simili, donanemab si lega in modo specifico a una forma modificata della proteina beta-amiloide, chiamata N3pG-Aβ. Questa variante, derivata da una modificazione post-traduzionale del peptide Aβ, presenta un gruppo piroglutammato all’estremità N-terminale. Tale modifica rende la proteina più propensa ad aggregarsi, più tossica per i neuroni e più difficile da eliminare. Le forme N3pG si accumulano prevalentemente nelle placche amiloidi mature, ovvero quelle che si formano nelle fasi più avanzate della patologia, contribuendo in modo rilevante alla neurodegenerazione.

Una volta somministrato, donanemab riconosce e si lega selettivamente a queste placche patologiche. Il legame tra l’anticorpo e l’amiloide attiva una risposta da parte del sistema immunitario cerebrale, in particolare delle cellule microgliali, che funzionano come “spazzini” del cervello. Grazie alla porzione Fc dell’anticorpo, donanemab stimola queste cellule a fagocitare e rimuovere i depositi di amiloide. Questo processo prende il nome di clearance immunomediata delle placche.

Il risultato di questa azione è una significativa riduzione del carico amiloide nel cervello, come dimostrato da studi di imaging PET. In molti pazienti, questa riduzione avviene in tempi relativamente rapidi (entro 6-12 mesi), tanto che il protocollo di somministrazione può prevedere l’interruzione del trattamento una volta raggiunti livelli amiloidi molto bassi – una strategia chiamata “treat-to-target”.

Parallelamente, donanemab ha mostrato di influenzare anche altri biomarcatori della malattia. In particolare, si è osservata una diminuzione dei livelli di P-tau217, una proteina tau fosforilata coinvolta nella formazione dei grovigli neurofibrillari, l’altra grande lesione caratteristica dell’Alzheimer. Questo suggerisce che la rimozione dell’amiloide possa anche modulare indirettamente la tau-patologia, rallentando ulteriormente il processo neurodegenerativo.

Tuttavia, il meccanismo di donanemab non è privo di rischi. La rimozione attiva delle placche, soprattutto quelle localizzate vicino ai vasi sanguigni cerebrali, può causare anomalie visibili all’imaging cerebrale, note come ARIA (Amyloid-Related Imaging Abnormalities). Le forme più comuni sono l’ARIA-E, caratterizzata da edema cerebrale, e l’ARIA-H, legata a microemorragie. Questi effetti collaterali, sebbene nella maggior parte dei casi siano asintomatici o lievi, richiedono un monitoraggio costante tramite risonanza magnetica, specialmente nei primi mesi di trattamento.

Per ridurre l’incidenza di queste complicanze, è stato sviluppato uno schema di titolazione graduale della dose, che consente all’organismo di adattarsi progressivamente all’azione del farmaco, diminuendo il rischio di reazioni avverse senza compromettere l’efficacia nella rimozione dell’amiloide.

Solido supporto clinico
L’approvazione europea si basa sui risultati di due studi clinici fondamentali.

Nel TRAILBLAZER-ALZ 2 (fase III, 76 settimane, 1.736 pazienti con Alzheimer iniziale), la terapia ha rallentato la progressione complessiva della malattia: il declino cognitivo e funzionale misurato con la scala iADRS è stato ridotto del ~35 % rispetto al placebo, e anche le variazioni sulla scala CDR-SB hanno mostrato un vantaggio.

Il secondo studio, TRAILBLAZER-ALZ 6 (Fase IIIb), ha fornito dati a supporto del regime posologico approvato. Questo studio ha evidenziato che un approccio di titolazione graduale del dosaggio riduce significativamente l’incidenza di anomalie nelle immagini cerebrali legate all’accumulo di amiloide, in particolare l’edema (ARIA-E), sia a 24 che a 52 settimane. Nonostante il dosaggio più cauto, il farmaco ha mantenuto un’efficacia paragonabile nella rimozione delle placche amiloidi e nella riduzione della proteina P-tau217, un altro biomarcatore legato alla progressione dell’Alzheimer.

Concorrenza e ostacoli nella diffusione
Il percorso di donanemab ricorda molto quello del suo diretto concorrente, lecanemab sviluppato da Eisai e Biogen, che ha vissuto una prima bocciatura da parte delle autorità europee, seguita poi da una revisione e approvazione nel corso del 2025.

Tra le principali barriere all’ingresso di questi farmaci figurano la complessità della diagnosi precoce, i costi, la necessità di monitoraggio tramite risonanza magnetica e il timore di effett collaterali.

Tuttavia, donanemab sembra aver registrato una adozione più rapida del mercato rispetto a Leqembi. Nel marzo 2025, le vendite di Kisunla negli Stati Uniti sono cresciute del 46%, contro il 17% registrato da Leqembi nello stesso periodo.

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