L’inizio della terapia ospedaliera con dapagliflozin nei pazienti ricoverati per scompenso cardiaco acuto determina una riduzione del 14% del rischio di morte cardiovascolare
L’inizio della terapia ospedaliera con dapagliflozin nei pazienti ricoverati per scompenso cardiaco acuto determina una riduzione del 14% del rischio di morte cardiovascolare o peggioramento dello scompenso.
Sebbene non abbia raggiunto la significatività statistica nel singolo studio, ha dimostrato evidenze consolidate dalla metanalisi di tre trial che conferma una riduzione del 29% del rischio combinato e del 43% della mortalità per tutte le cause.
Al Congresso della Società Europea di Cardiologia 2025, il Dr. David Berg del TIMI Study Group presso il Brigham and Women’s Hospital di Boston ha presentato i risultati del ADPA-ACT-HF TIMI 68, pubblicato contemporaneamente su Circulation, il più ampio trial randomizzato mai condotto sull’inizio ospedaliera deòlla terapia con un SGLT2-inibitore in pazienti ricoverati per scompenso cardiaco. Sebbene lo studio non sia riuscito a dimostrare un miglioramento significativo nei risultati primari, le tendenze verso i benefici e i risultati positivi della metanalisi hanno spinto gli esperti presenti al congresso a sostenere l’inizio precoce dell’inibizione SGLT2.
Un bisogno clinico insoddisfatto nel paziente ospedalizzato
I pazienti ricoverati per scompenso cardiaco presentano un rischio elevato di morte e altri esiti avversi durante il ricovero e subito dopo la dimissione. Sebbene gli SGLT2-inibitori siano indicati per lo scompenso cardiaco indipendentemente dalla frazione d’eiezione ventricolare sinistra (FEVS), i dati sull’inizio del trattamento in ospedale rimanevano limitati.
“L’avvio e l’ottimizzazione delle terapie disease-modifying durante l’ospedalizzazione può migliorare sia gli outcome a breve che a lungo termine”, ha spiegato il Dr. Berg durante la conferenza stampa dell’ESC. “Tuttavia, ci sono dati limitati sull’utilizzo degli inibitori SGLT2 nei pazienti ospedalizzati per scompenso cardiaco. Abbiamo progettato il trial per testare l’ipotesi che una ospedaliera con dapagliflozin potesse ridurre in modo sicuro ed efficace il rischio precoce di morte cardiovascolare o peggioramento dello scompenso cardiaco.”
Popolazione e design dello studio DAPA-ACT-HF TIMI 68
Il DAPA-ACT-HF TIMI 68 è stato condotto in 210 centri negli Stati Uniti, Canada, Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia, valutando la sicurezza e l’efficacia dell’inizio del trattamento ospedaliero con dapagliflozin 10 mg al giorno rispetto al placebo in 2.401 pazienti ricoverati per insufficienza cardiaca acuta. I pazienti avevano un’età media di 69 anni, il 34% erano donne, e la maggior parte (72%) presentava una FEVS pari o inferiore al 40%. Per il 45% dei partecipanti, l’ospedalizzazione rappresentava la prima manifestazione di scompenso cardiaco.
I pazienti sono stati trattati adeguatamente sia alla randomizzazione che alla dimissione con beta-bloccanti, inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone, antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi e diuretici dell’ansa. La randomizzazione avveniva almeno 24 ore e non oltre 14 giorni dall’ammissione ospedaliera, con un tempo mediano di 3,6 giorni dall’ammissione.
L’endpoint primario era un composito di morte cardiovascolare o peggioramento dello scompenso cardiaco, definito come scompenso durante il ricovero iniziale, riospedalizzazione per scompenso cardiaco o visita urgente per scompenso cardiaco, nell’arco di 60 giorni.
Risultati ed evidenze di sicurezza
A 60 giorni, il 10,9% dei pazienti trattati con dapagliflozin e il 12,7% di quelli che avevano ricevuto placebo ha manifestato un evento primario (HR 0,86; IC 95% 0,68-1,08; p=0,20). Si sono osservate tendenze non significative verso riduzioni in entrambe le singole componenti: la morte cardiovascolare si è verificata nel 2,5% dei pazienti con dapagliflozin versus 3,1% con placebo (HR 0,78), mentre un evento di peggioramento dello scompenso si è verificato rispettivamente nel 9,4% versus 10,3% (HR 0,91).
La mortalità per tutte le cause ha mostrato una riduzione del 34% (3,0% versus 4,5%; HR 0,66; IC 95% 0,43-1,00), suggerendo un beneficio clinicamente rilevante. Per quanto riguarda la sicurezza, i tassi di ipotensione sintomatica sono stati del 3,6% con dapagliflozin versus 2,2% con placebo, mentre i tassi di peggioramento della funzione renale sono stati rispettivamente del 5,9% versus 4,7%.
Riguardo alla mancanza di significatività statistica, Berg ha riconosciuto che lo studio era sottodimensionato a causa degli effetti combinati di un follow-up breve – scelto per limitare il tempo in cui i pazienti del gruppo controllo avrebbero assunto placebo – e di un numero di eventi inferiore alle aspettative.
La metanalisi: evidenze convergenti da tre trial
“Ecco perché la metanalisi si è rivelata particolarmente utile”, ha affermato Berg. “Riunire la totalità dei dati in una stima complessiva dell’effetto del trattamento fornisce probabilmente la migliore comprensione del reale effetto del trattamento.” La metanalisi prespecificata ha incluso 3.527 pazienti da tre trial con SGLT2-inibitori diversi (dapagliflozin, empagliflozin e sotagliflozin) dimostrando una riduzione significativa del 29% del rischio di morte cardiovascolare o peggioramento dello scompenso cardiaco (HR 0,71; IC 95% 0,54-0,93; p=0,012) e del 43% della mortalità per tutte le cause (HR 0,57; IC 95% 0,41-0,80; p=0,001).
Prospettive cliniche e interpretazione degli esperti
Gli esperti presenti al congresso hanno concordato sul fatto che la breve durata del follow-up e i bassi tassi di eventi probabilmente spiegano i risultati neutrali del trial singolo, osservando che le stime puntuali per gli endpoint sono direzionalmente coerenti con i benefici. I risultati rafforzano la sicurezza dell’inizio della terapia con inibitori SGLT2 in ospedale, considerando che la terapia con questa classe di farmaci è efficace in tutto il continuum dello scompenso cardiaco e in tutto lo spettro di manifestazioni cliniche, come confermato dalla metanalisi.
La totalità delle prove indica che la terapia è sicura ed efficace in tutto lo spettro dell’insufficienza cardiaca, anche quando iniziata durante il ricovero ospedaliero, e i medici non dovrebbero essere dissuasi dall’iniziare la terapia con SGLT2 nei pazienti ospedalizzati quando il paziente è stabilizzato.
Questi risultati trasformano l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco da momento puramente stabilizzante a opportunità per l’ottimizzazione terapeutica precoce, supportando un cambio di paradigma nella gestione del paziente acuto. Come ha sottolineato Berg: “Penso che abbiamo una risposta. Abbiamo buone motivazioni per iniziare queste terapie in ospedale e non abbiamo motivi per non farlo.”
Bibliografia:
Berg DD, Patel SM, Haller PM, Cange AL, Palazzolo MG, Bellavia A. Dapagliflozin in Patients Hospitalized for Heart Failure: Primary Results of the DAPA ACT HF-TIMI 68 Randomized Clinical Trial and Meta-Analysis of Sodium-Glucose Cotransporter-2 Inhibitors in Patients Hospitalized for Heart Failure. Circulation [Internet]. 2025. leggi

