Afimkibart, anticorpo anti-TL1A apre nuove prospettive nella colite ulcerosa moderata-severa secondo i risultati di nuovi studi
Un ampio studio internazionale di fase 2b, TUSCANY-2, pubblicato su The Lancet Gastroenterology & Hepatology, ha valutato sicurezza ed efficacia di afimkibart, anticorpo diretto contro TL1A, in pazienti con colite ulcerosa da moderata a severa. Sebbene il trial non abbia raggiunto la significatività statistica per l’endpoint primario, i risultati sui parametri secondari mostrano un profilo beneficio-rischio favorevole, con miglioramenti clinicamente rilevanti nella remissione secondo lo score di Mayo modificato.
Questi dati sostengono la prosecuzione dello sviluppo clinico di afimkibart come nuova opzione terapeutica nelle malattie infiammatorie croniche intestinali.
TL1A: un nuovo bersaglio terapeutico per le MICI
Il ligando TNF-like 1A (TL1A) è emerso come target promettente nelle malattie infiammatorie croniche intestinali, grazie al suo ruolo chiave nell’amplificazione delle risposte infiammatorie e fibrotiche. Afimkibart, un anticorpo monoclonale diretto contro TL1A, è stato valutato nello studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo TUSCANY-2, condotto in 114 centri di 23 paesi distribuiti tra Nord America, Europa, Asia, Africa, Australia e Sud America.
Lo studio ha arruolato adulti tra i 18 e i 75 anni con colite ulcerosa moderata-severa, definita da un punteggio Mayo totale compreso tra 6 e 12 e un sottopunteggio endoscopico ≥2. I pazienti sono stati assegnati a nove sequenze di trattamento, con somministrazione sottocutanea di afimkibart (50, 150 o 450 mg) o placebo ogni 4 settimane per 12 settimane (fase di induzione), seguite da 40 settimane di mantenimento.
Allo studio ha partecipato anche il team del prof. Silvio Danese del Dipartimento di Gastroenterologia ed Endoscopia, IRCCS Ospedale San Raffaele e Università Vita-Salute San Raffaele, Milano.
Risultati: remissione clinica e sicurezza
Tra il 19 dicembre 2019 e il 25 ottobre 2022, 246 pazienti sono stati assegnati in maniera casuale al trattamento, di cui 245 effettivamente trattati. In totale, 228 hanno completato la fase di induzione e 178 quella di mantenimento. L’età mediana era di 39 anni (IQR 30,0–51,0); 99 pazienti (40%) erano donne e 146 (60%) uomini; la durata mediana della malattia era di 4,7 anni (IQR 2,5–10,2).
Alla settimana 14, l’endpoint primario di remissione clinica secondo il punteggio Mayo totale (tMS) è stato raggiunto da 12 pazienti (26%) su 47 nel gruppo afimkibart 50 mg (differenza di rischio rispetto al placebo [RD] 13,9% [IC 90% -0,2 a 27,7]; p=0,0545), 14 pazienti (23%) su 60 nel gruppo afimkibart 150 mg (RD 11,7% [-1,7 a 24,1]; p=0,0823) e 21 pazienti (24%) su 88 nel gruppo afimkibart 450 mg (RD 12,2% [-0,6 a 22,9]; p=0,0642), rispetto a cinque pazienti (12%) su 43 nel gruppo placebo.
In accordo con le linee guida aggiornate della Food and Drug Administration statunitense, la remissione clinica valutata con lo score Mayo modificato alla settimana 14 è stata riportata in 14 pazienti (30%) su 47 nel gruppo afimkibart 50 mg (RD 18,2% [IC 90% 3,3–32,2]), 21 pazienti (35%) su 60 nel gruppo afimkibart 150 mg (RD 23,4% [IC 90% 6,2–36,3]) e 28 pazienti (32%) su 88 nel gruppo afimkibart 450 mg (RD 20,2% [IC 90% 3,2–31,3]), contro cinque pazienti (12%) su 43 nel gruppo placebo.
Complessivamente, 117 pazienti (48%) su 245 nella fase di induzione e 132 (59%) su 224 nella fase di mantenimento hanno riportato almeno un evento avverso emergente da trattamento; le incidenze di tali eventi durante l’induzione sono risultate simili tra placebo e afimkibart. Gli eventi avversi più comuni (presenti in ≥5% dei pazienti) durante l’induzione sono stati nausea, infezione delle vie urinarie, colite ulcerosa, anemia, affaticamento, cefalea e febbre.
Sei eventi avversi gravi sono stati segnalati nei gruppi in trattamento attivo e quattro nel gruppo placebo durante la fase di induzione. Due pazienti che avevano completato l’induzione, ma non avevano ricevuto il farmaco in studio durante la fase di mantenimento, hanno presentato eventi avversi gravi durante il follow-up di sicurezza. Nel corso del mantenimento, 12 pazienti (5%) su 224 hanno riportato complessivamente 13 eventi avversi gravi. Non si sono verificati decessi.
Quali le prospettive future?
Nonostante l’endpoint primario non sia stato raggiunto con significatività statistica, i ricercatori sottolineano che i risultati dei parametri secondari indicano che afimkibart potrebbe rappresentare una nuova e valida opzione terapeutica per i pazienti con colite ulcerosa da moderata a severa. In particolare, il beneficio osservato con il punteggio Mayo modificato, unito a un profilo di sicurezza favorevole, sostiene la prosecuzione del suo sviluppo clinico.
Il trial TUSCANY-2 rappresenta un passo importante nell’esplorazione degli anticorpi anti-TL1A, una classe di farmaci che potrebbe cambiare l’approccio terapeutico alle malattie infiammatorie croniche intestinali, offrendo soluzioni mirate e potenzialmente più sicure rispetto alle terapie attuali.
In conclusione, afimkibart ha dimostrato un potenziale clinico promettente nella colite ulcerosa moderata-severa, pur senza raggiungere l’endpoint primario. La combinazione di efficacia clinicamente significativa, sicurezza accettabile e novità del meccanismo d’azione rafforza l’interesse verso questa molecola. I prossimi studi di fase 3 saranno decisivi per confermarne il ruolo e, se i risultati verranno replicati, afimkibart potrebbe entrare a far parte delle opzioni terapeutiche disponibili già nei prossimi anni.
Silvio Danese et al., Anti-TL1A antibody, afimkibart, in moderately-to-severely active ulcerative colitis (TUSCANY-2): a multicentre, double-blind, treat-through, multi-dose, randomised, placebo-controlled, phase 2b trial. Lancet Gastroenterol Hepatol. 2025 Oct;10(10):882-895.

