Circa una persona su 3 con malattie cardiovascolari presenta anche un disturbo di salute mentale. La co-presenza aumenta rischio di eventi CV e mortalità
Circa una persona su 3 con malattie cardiovascolari (CVD) presenta anche un disturbo di salute mentale. La co-presenza aumenta rischio di eventi CV e della mortalità per tutte le cause.
Al Congresso ESC 2025 arriva il primo Clinical Consensus Statement dedicato al nodo, spesso ignorato, tra salute mentale e malattie cardiovascolari. L’assunto è semplice ma di grande impatto: ciascuna condizione alimenta l’altra e quando coesistono gli esiti a lungo termine peggiorano sensibilmente. Sviluppato sotto l’egida dello ESC Clinical Practice Guidelines Committee, il testo, chiede di portare sistematicamente la salute mentale dentro i percorsi cardiologici e, simmetricamente, di valutare il rischio cardiovascolare nelle persone già in cura per disturbi mentali.
Il documento nasce dall’esigenza di riconoscere e gestire in modo sistematico la relazione multidirezionale tra condizioni di salute mentale (depressione, ansia, PTSD, stress, isolamento) e CVD. Questa interazione è clinicamente rilevante, incide su diagnosi, aderenza, prognosi e costi, ma resta spesso sottostimata nei percorsi cardiologici tradizionali.
L’ESC chiede un cambio di paradigma: integrare la salute mentale nella prevenzione e cura cardiovascolare, e stimolare collaborazioni strutturate con i professionisti della salute mentale.
Il documento è frutto di un processo metodologico rigoroso (più round di peer review, Delphi modificata per i “management consensus statements” con soglia di accordo >75%) e ha vocazione applicativa globale.
L’iniziativa è frutto del lavoro di un gruppo internazionale di esperti, coordinati dal professor Héctor Bueno, del Centro Nazionale di Ricerca Cardiovascolare (CNIC) e dell’Ospedale Universitario 12 de Octubre di Madrid, e dalla professoressa emerita Christi Deaton, dell’Università di Cambridge. Quest’ultima ha spiegato: “Vogliamo richiamare l’attenzione sull’interconnessione tra salute mentale e malattie cardiovascolari. Ciascuna condizione accresce il rischio dell’altra, e chi convive con entrambe subisce gli esiti più gravi. Nel documento riassumiamo ciò che sappiamo su come prevenire o ridurre al minimo gli effetti negativi, ma mettiamo anche in evidenza le importanti lacune di conoscenza che devono essere colmate al più presto.”
Quanto è frequente e quanto pesa
Nei pazienti con CVD, la depressione è tra le condizioni più comuni: prevalenza globale ~18% quando misurata con questionari validati; più frequente nelle donne e in età avanzata. Oltre alla depressione, ansia e PTSD sono anch’essi diffusi, con prevalenze variabili a seconda della patologia e degli strumenti di misura. La comorbilità peggiora auto-gestione e aderenza (farmaci, dieta, attività fisica, cessazione del fumo) e si associa a maggiori eventi e mortalità; ad esempio, dopo infarto, la depressione predice un +22% di mortalità per tutte le cause e +13% di eventi CV per ogni DS di aumento del punteggio depressivo; nello scompenso è legata a più ricoveri ed esiti peggiori. In sintesi: mente e cuore si amplificano a vicenda e ignorare la componente psichica significa perdere opportunità pronostiche.
Dalla teoria alla pratica: cosa fare in reparto e in ambulatorio
1) Inserire screening e valutazioni ripetute
Il Consensus suggerisce di normalizzare lo screening dei sintomi di depressione, ansia e PTSD durante la presa in carico CV (alla diagnosi, dopo eventi/procedure, nel follow-up periodico, e quando clinicamente indicato). Sono privilegiati strumenti brevi e validati in approccio a due step (es. PHQ-2 → PHQ-9 per depressione; GAD-2 → GAD-7 per ansia), integrabili nei flussi clinici e nelle cartelle elettroniche, anche usando misure di qualità di vita per far emergere segnali d’allarme.
2) Gestire con modelli stepped care
L’intensità dell’intervento si calibra su gravità dei sintomi, preferenze, risorse: dalla psico-educazione e supporto (anche digitale), alla psicoterapia strutturata (CBT, interventi multicomponenti), fino alla farmacoterapia mirata quando indicata. Il percorso stepped care non è rigido (non è necessario esaurire tutti gli step inferiori) ed è pensato per agganciarsi alla riabilitazione cardiologica e agli interventi sullo stile di vita.
3) Attenzioni farmacologiche “cardio-centriche”
Gli antidepressivi nei pazienti con CVD servono soprattutto a ridurre i sintomi e migliorare la qualità di vita; sull’impatto su MACE le prove sono eterogenee. Quindi si usano quando servono, dentro uno stepped care che non dimentichi psicoterapia, esercizio e riabilitazione.
Quale scegliere. In genere si parte con un SSRI: sono i più “cardio-friendly”. Nella pratica clinica, sertralina (o fluoxetina) è spesso una prima scelta equilibrata. Con citalopram/escitalopram mantieni dosi basse e controlla il QTc. Evita i triciclici in presenza di malattia cardiaca. SNRI solo se PA ben controllata; mirtazapina utile per insonnia/calore, ma occhio a peso e profilo metabolico. Bupropione può aiutare nello smoking cessation, con cautela su PA e soglia convulsiva.
Sicurezza e interazioni: le tre cose da ricordare.
1. QT/aritmie: ECG basale (e dopo titolazione) se età avanzata, HF, storia aritmica, farmaci pro-QT; correggi K/Mg; interrompi se QTc ≥500 ms o ↑ ≥60 ms dal basale.
2. Sanguinamento: SSRI + DAPT/OAC ↑ rischio GI → considera PPI e istruisci sui segni di allarme.
3. CYP: fluoxetina/paroxetina (inibitori 2D6) possono potenziare metoprololo; fluvoxamina (2C19) può ridurre l’attivazione di clopidogrel → preferisci sertralina se in dubbio.
Benzodiazepine. Non come prima linea: se servono per una fase acuta, usare per brevi periodi e pianifica il tapering.
Antipsicotici e litio. Valuta QTc e impatto metabolico per gli antipsicotici; con litio controlla ECG, litiemia e funzione renale, e fai attenzione a diuretici/ACE-inibitori/FANS.
Due contesti tipici.
• Post-ACS/PCI: SSRI restano l’opzione più sicura; evita l’uso cronico di benzodiazepine
• Scompenso (HF): prima non-farmacologico (riabilitazione, CBT); se depressione moderata-grave, SSRI con monitoraggio stretto (QTc, PA/FC, interazioni).
Mini-algoritmo operativo (Start–Choose–Monitor–Review)
1. Start: conferma indicazione (gravità sintomi, fallimento/non eleggibilità a interventi non farmacologici), valuta ECG, elettroliti, co-farmaci (DAPT/OAC, antiaritmici), comorbilità.
2. Choose: SSRI (preferenza sertralina; citalopram/escitalopram con dose bassa e ECG). Evita TCA; SNRI solo con PA controllata.
3. Monitor: sintomi (PHQ-9/GAD-7), ECG dopo titolazione, PA/FC, sanguinamento; educa a segni d’allarme.
4. Review (4–8 settimane): se risposta parziale, ottimizza dose; se non risposta/tollerabilità scarsa, switch intra-classe o psicoterapia intensiva; sempre rivalutare il profilo di rischio CV e le interazioni.
Riassunto operativo.
SSRI sì, ma con dose minima efficace, ECG quando indicato, attenzione a sanguinamento e CYP; no a triciclici e benzo croniche; personalizza su comorbilità e terapia CV in corso.
4) Interventi non farmacologici supportati dalle evidenze
• Esercizio fisico: migliora sintomi depressivi nello scompenso (HF-ACTION) e la qualità di vita; va personalizzato su capacità funzionale e preferenze, con programmi autonomi o supervisionati.
• Dieta e nutrizione: dati promettenti (es. pattern mediterraneo, omega-3 in piccoli trial), ma ancora insufficienti per raccomandazioni forti sul miglioramento diretto degli esiti di salute mentale nei pazienti CVD.
• Cessazione del fumo: prioritaria, inclusi SMI; usare approcci strutturati (Five A’s) e combinare counselling con terapie sostitutive o farmaci (vareniciclina/bupropione), adattando il supporto alla complessità psichica.
• Gestione dello stress e sonno: mindfulness, meditazione e rilassamento muscolare progressivo possono ridurre ansia e migliorare marcatori CV; integrarli con cautela nei programmi di riabilitazione.
Organizzazione dell’assistenza: dal singolo specialista al Psycho-Cardio Team
Il documento propone di strutturare Psycho-Cardio Teams che includano psicologi/psichiatri accanto ai professionisti CV, integrati nello standard e calibrati sul contesto locale.
Il Psycho-Cardio Team è l’anello mancante tra cardiologia e salute mentale. Non è un “consulto a chiamata”, ma un modello strutturato e continuativo che integra competenze diverse per intercettare, valutare e trattare i disturbi psichici lungo tutto il percorso cardiovascolare.
“Troppo spesso la pratica clinica cardiologica ignora l’impatto della salute mentale” ha dichiarato il professor Bueno. “È necessario che i professionisti della salute del cuore collaborino con gli specialisti della mente per riconoscere precocemente i disturbi psicologici nei pazienti e migliorare così non solo la qualità delle cure, ma anche il sostegno alle famiglie e ai caregiver.” Egli ha aggiunto che la valutazione della salute mentale dovrebbe diventare parte integrante delle visite cliniche, con controlli regolari, e che anche i caregiver dovrebbero avere accesso a un supporto psicologico.
Il nucleo comprende cardiologo, psicologo/psichiatra, infermiere di riferimento/case manager, fisiatra/riabilitatore, MMG e, quando utile, assistente sociale e farmacista clinico. Ognuno ha un compito: il cardiologo guida il piano CV, lo psicologo/psichiatra gestisce diagnosi e terapia dei disturbi mentali, l’infermiere coordina screening, follow-up e aderenza, il farmacista presidia interazioni e scelta di farmaci “a rischio QT, MMG e servizi territoriali garantiscono continuità.
Per facilitare l’implementazione pratica, il Consensus valorizza i principi ACTIVE: Acknowledge (riconoscere), Check (screenare), Tools (strumenti validati), Implement (integrare), Venture (adattare/innovare), Evaluate (valutare esiti).
Popolazioni e situazioni “fragili”
Disturbi mentali gravi (SMI)
Nei pazienti con SMI, il rischio CV è multifattoriale (biologia, stili di vita, iatrogenesi, disuguaglianze). Più frequenti aritmie sopraventricolari e ventricolari (fino alla morte improvvisa), complici distress, comorbilità e farmaci psicotropi. Gestione: valutazione integrata, riduzione del carico farmacologico ove possibile, scelta di molecole con minore impatto metabolico/QT, iniezioni long-acting per migliorare aderenza, lifestyle, prevenzione CV e monitoraggi ECG/elettrolitici con protocolli dedicati.
Donne, età e determinanti sociali
Il documento dedica focus a differenze di sesso/genere, invecchiamento (polifarmacia, farmacocinetica, interazioni) e deprivazione socio-economica (stressor, isolamento, accesso alle cure), sottolineando l’importanza di percorsi sensibili al contesto e misure di PROs integrate in cartella clinica per intercettare precocemente distress e decadimento funzionale.
Cardio-oncologia
Nei pazienti con cancro, i carichi emotivi e la tossicità CV da terapie si intrecciano con ansia/depressione: servono percorsi psicologici specifici e strategie di lifestyle/mediche integrate con l’oncologia, dalla diagnosi al survivorship.
Cosa resta da sapere: lacune di evidenza e conclusioni
Il Consensus mappa con chiarezza i gap: mancano protocolli costo-efficaci e personalizzati per migliorare i fattori psicosociali a fini preventivi; non sono definiti in modo ottimale timing, frequenza e metodi di screening in CVD e gli algoritmi terapeutici post-screening; prove limitate su sostenibilità degli interventi non farmacologici a lungo termine e sull’efficacia di modelli integrati nelle diverse realtà. Servono RCT in anziani e in multimorbidità; ricalibrazione degli score di rischio per SMI; studi su sicurezza/efficacia di antidepressivi/antipsicotici nello scompenso, farmacogenomica e cardio-oncologia; valutazioni di politiche e percorsi per ridurre disparità socio-economiche.
In sintesi, il Consensus ESC sposta il baricentro: mette la salute mentale dentro la cardiologia e la cardiologia dentro i percorsi di salute mentale. Lo fa con evidenze, strumenti concreti e una chiamata all’azione organizzativa: dalle linee guida alla routine clinica, con l’obiettivo di ridurre eventi, migliorare esiti e qualità di vita per milioni di persone.

