Ipertensione, inizierà presto uno studio globale di fase 3 sulla riduzione degli esiti cardiovascolari con zilebesiran
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Si è concluso positivamente anche KARDIA‑3, terzo trial del programma KARDIA che ha valutato l’effetto anti ipertensivo di zilebesiran, il primo siRNA anti-angiotensinogeno a lunga durata: colpisce il RAAS alla sorgente, con dosaggi molto diradati e un profilo teorico di aderenza e controllo pressorio 24/7 difficilmente raggiungibile con le terapie orali tradizionali.
Lo studio KARDIA-3 è stato presentato come late‑breaking al Congresso 2025 della Società Europea di Cardiologia (ESC) a Madrid.
Sulla base di questi dati, Alnylam Pharmaceuticals, azienda leader nel campo delle terapie a interferenza dell’RNA (RNAi), ha annunciato l’intenzione di avviare uno studio cardiovascolare di fase III (Cardiovascular Outcomes Trial, CVOT) per valutare la capacità di zilebesiran di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari maggiori.
Zilebesiran è una molecola sperimentale somministrata per via sottocutanea che, nei precedenti studi KARDIA, ha mostrato di ridurre la pressione arteriosa mirandosi all’angiotensinogeno (AGT) prodotto dal fegato, la proteina più a monte del sistema renina–angiotensina–aldosterone (RAAS), cruciale per la regolazione della pressione e per la salute cardiovascolare e renale.
Risultati di KARDIA‑3
KARDIA‑3, terzo studio di fase 2 del programma clinico su questo farmaco, ha valutato l’efficacia e la sicurezza di zilebesiran in pazienti con ipertensione non controllata e alto rischio cardiovascolare già in terapia con almeno due antipertensivi. L’obiettivo era definire disegno, popolazione e dosaggio per il futuro studio di fase 3 globale, denominato ZENITH (ZilebEsiraN CardIovascular OuTcome Study in Hypertension).
Una singola dose di 300 mg di zilebesiran ha prodotto riduzioni clinicamente significative della pressione arteriosa sistolica (PAS) misurata in ambulatorio rispetto al placebo al mese 3 (–5,0 mmHg; p = 0,0431), con un effetto sostenuto fino al mese 6 (–3,9 mmHg; intervallo di confidenza [IC] 95 %: –8,5; 0,7). La dose da 600 mg non ha mostrato vantaggi aggiuntivi né a tre mesi (–3,3 mmHg; p = 0,1830) né a sei mesi (–3,6 mmHg; IC 95 %: –8,2; 1,0).
Secondo il piano di analisi, per considerare l’end‑point primario statisticamente significativo era necessario che entrambi i dosaggi avessero un p‑value < 0,05 o che uno dei due avesse un p‑value < 0,025; pertanto lo studio non ha raggiunto il criterio predefinito di significatività, pur dimostrando un effetto pressorio ritenuto clinicamente rilevante.
Coerentemente con quanto osservato nello studio KARDIA‑2, i dati di KARDIA‑3 suggeriscono un effetto sinergico biologicamente plausibile quando zilebesiran è associato a un regime contenente un diuretico. Nei pazienti con pressione sistolica ≥ 140 mmHg nonostante la terapia con un diuretico e almeno un altro antipertensivo, le riduzioni della PAS hanno superato gli 8 mmHg e si sono mantenute per sei mesi.
Profilo di sicurezza e prospettive dello studio di fase 3
Zilebesiran ha evidenziato un profilo di sicurezza incoraggiante anche in pazienti con comorbilità in trattamento con più farmaci di fondo: oltre il 90 % assumeva un ACE‑inibitore o un antagonista del recettore dell’angiotensina (ARB). Questi dati supportano l’ipotesi che zilebesiran possa essere utilizzato in combinazione con qualsiasi terapia antipertensiva standard.
Sviluppo clinico
Alnylam, insieme al partner Roche, ha già presentato le richieste di autorizzazione agli enti regolatori internazionali per lo studio ZENITH, che dovrebbe essere avviato entro la fine del 2025. Lo studio arruolerà circa 11 000 pazienti con ipertensione non controllata e malattia cardiovascolare stabilita o ad alto rischio, nonostante l’uso di almeno due antipertensivi (uno dei quali un diuretico), confrontando una dose di 300 mg di zilebesiran ogni sei mesi con il placebo.
Parola agli esperti
«Le malattie cardiovascolari, alimentate in gran parte dall’ipertensione non controllata, rappresentano una crisi sanitaria globale e la principale causa evitabile di morbosità e mortalità», ha dichiarato Pushkal Garg, M.D., direttore della Ricerca e Sviluppo di Alnylam. «I risultati di KARDIA‑3 dimostrano che una singola dose di zilebesiran offre un controllo continuo della pressione nell’arco delle 24 ore, giorno e notte, fino a sei mesi, e suggeriscono un potenziale miglioramento dei biomarcatori cardiaci e renali indipendente dalla riduzione pressoria. Insieme agli altri dati di fase 2, questi risultati confermano che colpire l’angiotensinogeno – il precursore più a monte del RAAS – con zilebesiran offre un approccio differenziato che potrebbe migliorare il controllo pressorio e gli esiti cardiovascolari».
Un commento positivo arriva anche da Neha Pagidipati del Duke Clinical Research Institute e investigatrice principale di KARDIA‑3: «I pazienti con ipertensione non controllata nonostante multiple terapie sono quelli a maggiore rischio di eventi cardiovascolari maggiori. È noto che riduzioni della pressione sistolica di 5 mmHg o più si traducono in un minor rischio cardiovascolare. Per questo i risultati di KARDIA‑3, insieme agli altri dati del programma KARDIA, ci entusiasmano: zilebesiran sembra in grado di ottenere riduzioni clinicamente significative e durature della pressione in pazienti ad alto rischio, con la prospettiva di un controllo pressorio più stabile nel lungo termine e un miglioramento degli esiti».
Questi dati ampliano il corpus di evidenze del programma KARDIA e sottolineano il potenziale di zilebesiran nel rispondere a un’area di elevato bisogno clinico insoddisfatto.
Meccanismo d’azione di zilbesirfan
Dopo la somministrazione sottocutanea, zilebesiran entra in circolo e viene “accompagnato” verso il fegato grazie al suo legame con residui GalNAc, che riconoscono il recettore ASGPR presente sulla superficie degli epatociti. Una volta internalizzato, il farmaco viene caricato nel complesso cellulare RISC (RNA-induced silencing complex).
Qui il filamento guida del siRNA si appaia in modo complementare all’mRNA dell’angiotensinogeno (AGT) e ne indirizza il taglio da parte della proteina Argonaute-2. La conseguenza è la degradazione dell’mRNA bersaglio e, quindi, la riduzione della sintesi epatica di angiotensinogeno: il livello plasmatico di AGT, che è il substrato della renina, si abbassa in modo marcato.
Anche se, per feedback, la renina può aumentare, le manca il carburante: si formano meno angiotensina I e II, si riduce la stimolazione del recettore AT₁, calano aldosterone, vasocostrizione e ritenzione idrosalina. Il risultato finale è una riduzione pressoria stabile e prolungata, ottenuta spegnendo il sistema renina-angiotensina a monte, direttamente alla sorgente dell’angiotensinogeno.
Cosa ha di specifico
- Blocco “upstream” del RAAS: agendo sull’angiotensinogeno (il “serbatoio” del sistema), limita a valle Ang I/II indipendentemente dal livello di renina. Questo riduce i tipici fenomeni di “escape” visti con inibitori più a valle.
- Durata d’azione molto lunga: il meccanismo a silencing catalitico sull’mRNA e la persistenza del RISC negli epatociti consentono dosi molto infrequenti (programmabili a trimestri/semestre, in sviluppo), con potenziale impatto enorme su aderenza e variabilità pressoria.
- Target epatico selettivo (GalNAc): massimizza l’effetto on-target e minimizza l’esposizione sistemica non necessaria.
- Non interferisce con la bradichinina: a differenza degli ACE-inibitori, non inibisce ACE e non aumenta la bradichinina; teoricamente meno tosse/angioedema mediati da bradichinina.
- Compatibilità di combinazione: concettualmente integrabile con CCB, diuretici tiazidici o altre classi, agendo su un nodo diverso del controllo pressorio.
- Profilo farmacologico “a prova di dimenticanza”: l’effetto non dipende dall’assunzione giornaliera, con potenziale beneficio nei pazienti non-adherent o con ipertensione difficile da controllare.