Se c’è una caratteristica che a livello umano contraddistingue l’artista Mario Vespasiani è la sua rara e preziosa capacità di creare unione, di tessere legame non solo coi luoghi espositivi ma anche con la cittadinanza
Se c’è una caratteristica che a livello umano contraddistingue l’artista Mario Vespasiani è la sua rara e preziosa capacità di creare unione, di tessere legame non solo coi luoghi espositivi ma anche con la cittadinanza, con la realtà in cui mostra la sua arte. Quello che potrebbe sembrare un aspetto secondario del suo lavoro è in realtà una manifestazione autentica e commovente della sua riuscita. Per comprendere tale fenomeno, occorre partire da un gesto che, più di ogni recensione critica, riconduce alla natura della sua energia: ricevere una maglia da calcio con il suo nome e il suo numero (che poi era lo stesso che indossava da giocatore) il 10, insito nel suo nome MAR10. Non un semplice aneddoto, ma un “sentimento” che proviene dal cuore della cultura popolare italiana e che ci fornisce la chiave di lettura più originale per il suo percorso, dato che nel calcio, il numero 10 non è solo un ruolo, ma è l’archetipo del “fantasista”, il giocatore dotato di una visione di gioco superiore, colui che non si limita a eseguire gli schemi, ma inventa, crea, vede passaggi che gli altri non immaginano. È il genio che, con un “colpo” imprevedibile, può cambiare le sorti della partita, ma, soprattutto, è il giocatore che unisce la squadra, che dà un’anima al gioco e in cui spesso un’intera città si riconosce.
Ed il giovane curatore pescarese Francesco Binetti, dopo aver apprezzato le grandi mostre dell’artista nella sua città, dall’Aurum al Museo delle Genti d’Abruzzo, ma anche nei musei limitrofi di Francavilla e Città Sant’Angelo, gli ha consegnato la maglia biancazzurra ufficiale del Pescara Calcio con la scritta “Mr. Vespasiani 10“, ha colto in maniera diretta l’altezza del messaggio di Vespasiani. Ha compreso che la sua arte, come il gioco del fantasista, opera su più livelli, la sua “visione di gioco”: dalla capacità dell’artista di vedere connessioni segrete tra la storia, la scienza, il mito e la spiritualità, alla costante sperimentazione di tecniche e supporti, come in quel “tocco ardito”, quella pennellata che risolve il quadro. Ma la sua qualità più evidente è quella di “unire la squadra” trasmettere un’energia in grado di propagare dinamismo ma anche coesione. Di fronte alle sue tele esposte a Pescara che rimandavano al mare universale, i cittadini probabilmente non hanno percepito solo opere d’arte, ma una “condivisione di valori e di simboli” e si sono sentiti parte di un’unica, grande narrazione. L’artista non ha “giocato” per sé, ma per la gente, che in cambio lo ha “adottato”, facendolo entrare nelle proprie strade, con una “seconda pelle”, la maglia. Il titolo di “Mister” allora equivale al termine di gentleman, di maestro, di colui che insegna a giocare e che fornisce una visione, una strategia, un “galateo morale”. Vespasiani si è detto onorato e ha rivolto parole di stima a Binetti, estendendo la sua gratitudine a tutti i cittadini abruzzesi che ad ogni esposizione gli hanno trasmesso una vera partecipazione e una viva attenzione. Una maglia che va ad aggiungersi alle altre che per i medesimi motivi ha ricevuto nel tempo e a lui dedicate, visibili nel suo studio a Ripatransone.
Nel mondo dell’arte Vespasiani è riuscito come pochi a compiere un passaggio particolare: è passato da un’affermazione individuale a un ruolo di servizio, di sintesi e di unificazione per la collettività che lo accoglie, confermando che l’autorevolezza di un artista si misura anche dalla sua capacità di uscire dal proprio ambito per fondersi nell’immaginario vivo di una città. Il fatto che un giovane intellettuale, un cittadino, guardando le sue opere, abbia pensato da critico d’arte, ma anche da spettatore “appassionato” è la prova più autentica dei fatti. Dimostra che l’arte di Vespasiani parla dei valori che riesce a costruire attorno a sé, dimostrando che la vera vittoria per un artista va oltre la storia personale, con l’auspicio di diventare un punto di riferimento – il numero 10 – asse centrale nel campo della vita.

