La sindrome metabolica, caratterizzata da obesità viscerale, insulino-resistenza, dislipidemia e ipertensione, è in costante aumento a livello globale ed è un importante fattore di rischio per patologie cardiovascolari
La sindrome metabolica, caratterizzata da obesità viscerale, insulino-resistenza, dislipidemia e ipertensione, è in costante aumento a livello globale ed è un importante fattore di rischio per patologie cardiovascolari. Parallelamente, anche la prevalenza delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD), come malattia di Crohn e colite ulcerosa, è in crescita. Studi recenti indicano un’interazione complessa tra infiammazione cronica intestinale e disturbi cardiometabolici, suggerendo un legame sempre più stretto e clinicamente rilevante. Una review pubblicata sul World Journal of Gastroenterology analizza vari studi ed aspetti.
La doppia epidemia: sindrome metabolica e IBD
Negli ultimi decenni, la prevalenza della sindrome metabolica è aumentata drasticamente, alimentata da stili di vita sedentari, diete ipercaloriche e urbanizzazione. Parallelamente, anche le IBD hanno conosciuto un’espansione globale, con un’incidenza crescente in aree precedentemente a bassa prevalenza come Asia e Sud America.
Nonostante in passato le IBD fossero considerate patologie associate a malassorbimento e perdita di peso, oggi una quota significativa dei pazienti IBD è in sovrappeso o obesa, con conseguenze metaboliche e cardiovascolari rilevanti. In questo contesto, si fa strada una nuova consapevolezza: i pazienti con IBD possono essere a rischio aumentato di sviluppare la sindrome metabolica e le sue complicanze cardiovascolari.
Infiammazione intestinale e rischio cardiometabolico
L’infiammazione sistemica cronica è un denominatore comune tra IBD e patologie cardiovascolari. Le citochine proinfiammatorie, come TNF-α, IL-6 e IL-1β, sono coinvolte nella disfunzione endoteliale, nella formazione della placca aterosclerotica e nell’insulino-resistenza.
Una revisione sistematica del 2024 ha stimato che la sindrome metabolica colpisce circa il 22% dei pazienti con IBD, con una maggiore prevalenza nei Paesi occidentali rispetto all’Asia. La variabilità geografica suggerisce un’influenza di fattori ambientali, genetici e comportamentali.
Il rischio cardiovascolare è significativamente aumentato nei pazienti IBD, soprattutto durante i periodi di attività di malattia. L’infiammazione attiva, evidenziata da marker come la proteina C-reattiva (PCR), è correlata a un maggior rischio di infarto, ictus e scompenso cardiaco.
Cardiopatie e cerebrovasculopatie nei pazienti IBD
Numerosi studi osservazionali hanno evidenziato una maggiore incidenza di malattie cardiovascolari nei pazienti IBD rispetto alla popolazione generale:
Cardiopatia ischemica (IHD): rischio aumentato del 20-30%, soprattutto nei giovani adulti e nelle donne.
Ictus ischemico: rischio maggiore in fase attiva di malattia e fino a 25 anni dopo la diagnosi.
Scompenso cardiaco: associato alla severità dell’infiammazione e all’uso di corticosteroidi.
Malattia vascolare periferica: i dati sono meno chiari e spesso non mostrano associazioni significative.
Obesità e diabete: da eccezione a norma
Contrariamente alla visione tradizionale, fino al 40% dei pazienti IBD è obeso, e un ulteriore 40% è in sovrappeso. L’obesità viscerale non solo complica il decorso clinico dell’IBD (aumentando il rischio di complicanze chirurgiche e recidive), ma è anche strettamente associata alla sindrome metabolica e al rischio cardiovascolare.
Anche il diabete di tipo 2 è più comune nei pazienti IBD, con studi che indicano un rischio doppio nei soggetti sopra i 40 anni. Alcuni dati suggeriscono addirittura una relazione bidirezionale: il diabete può aumentare il rischio di sviluppare IBD e viceversa.
Steatosi epatica metabolica e IBD
La malattia epatica da accumulo di grassi (MASLD/NAFLD) è un’ulteriore comorbidità frequente nei pazienti IBD. Le analisi più recenti mostrano una prevalenza simile o persino superiore rispetto alla popolazione generale, specialmente nei pazienti europei e americani. La presenza di steatosi è stata associata a infiammazione sistemica, insulino-resistenza e rischio aumentato di fibrosi epatica.
Anche soggetti IBD normopeso possono sviluppare steatosi, indicando un ruolo indipendente dell’infiammazione cronica. Inoltre, i pazienti con MASLD e IBD mostrano tassi più elevati di eventi cardiovascolari e mortalità.
Impatto dei farmaci IBD sul profilo cardiometabolico
Le terapie per l’IBD possono influenzare il rischio cardiometabolico:
Corticosteroidi: aumentano significativamente il rischio di diabete, dislipidemia e ipertensione. L’effetto è dose-dipendente.
Anti-TNF: possono ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, ma alti dosaggi possono peggiorare l’insufficienza cardiaca.
Ustekinumab e risankizumab: risultati contrastanti sul rischio cardiovascolare.
Vedolizumab: non associato a un aumento del rischio cardiometabolico.
JAK inibitori: alterano i livelli lipidici ma non necessariamente aumentano il rischio cardiovascolare, tranne nei soggetti ad alto rischio.
Tiopurine e metotrexato: potenzialmente benefici sul profilo cardiometabolico, ma servono studi più ampi.
Obesità e risposta terapeutica
L’obesità può influenzare negativamente la risposta ai trattamenti, in particolare agli anti-TNF, aumentando il rischio di perdita di efficacia. Farmaci come vedolizumab, ustekinumab e risankizumab sembrano meno influenzati dal peso corporeo.
Conclusioni
I pazienti con IBD non sono immuni ai rischi della sindrome metabolica; anzi, l’infiammazione cronica sistemica può esacerbare il rischio di complicanze cardiovascolari e metaboliche. È fondamentale che i medici adottino un approccio integrato che includa il monitoraggio del rischio cardiometabolico, l’ottimizzazione del controllo dell’infiammazione intestinale e la valutazione dell’impatto delle terapie sul metabolismo.
Servono studi prospettici di lungo termine per comprendere se il controllo ottimale della malattia intestinale, tramite strategie “treat-to-target”, possa migliorare anche gli esiti cardiovascolari. Nel frattempo, secondo gli autori, i clinici devono considerare con attenzione i fattori metabolici nei pazienti con IBD, soprattutto in fase di scelta terapeutica.
Krishneel Dutt et al., Cardiometabolic diseases in patients with inflammatory bowel disease: An evidence-based review World J Gastroenterol. 2025 Jun 28;31(24):107661.
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